Ritorno a scuola, per gli insegnanti "una storica opportunità"
Il pedagogista Daniele Novara scrive ai docenti italiani: “La scuola finisca di essere la Cenerentola delle istituzioni e conquisti il ruolo che le spetta: traino dello sviluppo delle nuove generazioni per il futuro di noi tutti”. Ma un'insegnante denuncia: “Ho pianto di fronte all'elenco delle regole"
Non solo rischio, non solo pericolo, non solo paura: la riapertura della scuola ai tempi del Covid è prima di tutto una “opportunità storica” e “straordinaria”, che va colta con “coraggio. Così Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Centro psicopedagico per l'educazione e la gestione dei conflitti, si rivolge agli insegnanti italiani con una lettera a loro indirizzata.
“La scuola italiana è tornata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, delle famiglie, degli organi di informazione e della società in generale - osserva - La crisi della pandemia ha risvegliato interesse per la necessità che la scuola rappresenti un punto di convergenza per uno sviluppo sociale, politico e civile che porti alle nuove generazioni energia, risorse e una prospettiva di creatività e valorizzazione. È un’occasione storica che voi insegnanti, che in questi giorni riaprite le scuole, avete a disposizione. Con la scuola riparte, o può ripartire, la rinascita del paese”.
Il lockdown e la lunga interruzione dell'attività scolastica hanno infatti creato una nuova coscienza: oggi “tutti sono consapevoli di come la chiusura delle scuole, nel periodo di maggior espansione del virus, abbia rappresentato un punto di caduta della vita civile come non si era mai presentata negli ultimi secoli della storia umana. In tutto il mondo, la consapevolezza che sviluppare occasioni di apprendimento per le nuove generazioni, esattamente come fa l’istituzione scolastica, è imprescindibile per poter disporre delle basi stesse della vita comune e collettiva, ma anche dell’economia e quindi dello sviluppo”. In altre parole, non ci sono alternative e non bisogna sbagliare, perché “non esiste un piano B, ovvero la possibilità di una società senza la scuola o di una società che voglia volutamente fare a meno della scuola”.
Gli insegnanti si trovano quindi tra le mani non solo un compito complesso e faticoso, quale certamente è quello di tornare in classe in queste condizioni: ma hanno soprattutto un'occasione di dimostrare chiaramente che “la maggior risorsa che è presente in questa istituzione siete proprio voi: gli insegnanti. Il fattore umano è inequivocabilmente – continua Novara - in tutte le ricerche realizzate a livello mondiale, l’elemento che garantisce la qualità. Non sono le architetture scolastiche, i banchi o le disposizioni, più o meno burocratiche, i libri di testo o i materiali… Sono gli insegnanti. Voi, con la vostra preparazione, con la vostra motivazione, col vostro entusiasmo, con la vostra passione. L’Italia vi guarda in questo momento dopo mesi passati nell'attesa che ci fosse un segnale vero che la vita può tornare come prima. Solo la scuola può garantire questo segnale”.
Do qui l'invito a “vivere questa opportunità come una straordinaria occasione per ribadire che essere insegnanti non è un lavoro qualsiasi, ma una scelta professionale molto importante e che la società e lo Stato devono saper riconoscere a questi professionisti un maggior investimento, sia in termini di formazione professionale che in termini di risorse, anche nella logica di adeguare al più presto gli stipendi a quelli che sono gli standard dei paesi OCSE. Occorre che la scuola italiana esca dall’angolo buio dove è stata cacciata da anni, se non decenni, che finisca di essere la Cenerentola delle istituzioni pubbliche nazionali e riprenda o conquisti il ruolo che le spetta: traino dello sviluppo e traino della crescita delle nuove generazioni per il futuro di noi tutti”, conclude Novara.
La lettera (e le lacrime) di un'insegnante
Le parole di Novara rispondono, in qualche modo, alla lettera che, qualche giorno fa, aveva ricevuto proprio da un'insegnante, che aveva partecipato al convegno del 27 e 28 agosto sulla riapertura della scuola, organizzato dal Cpp. “Ero pronta a dare il meglio e a mettermi in gioco – assicura l'insegnante -. Solo che poi sono iniziati i collegi e le riunioni... Ci hanno propinato un corso di formazione sulla sicurezza tutto basato sul Covid in cui la formatrice ci ha illustrato una serie infinita di regole a cui dobbiamo attenerci. Non possiamo assolutamente spostare i banchi, non possiamo portare materiale da casa, non possiamo prestare il nostro materiale ai bambini; non possiamo, udite udite, neanche utilizzare la palla né nessun altro attrezzo nemmeno durante le ore di motoria! Ci hanno detto che per un ora e 45 minuti dobbiamo tenere i bambini in palestra distanziati di 2 metri perché non hanno la mascherina, senza che si possano toccare e senza poter usare nessun attrezzo. Abbiamo anche proposto che la palla poi ce la saremmo disinfettata noi: niente da fare, vietato! Ci hanno detto che quest'anno dobbiamo usare la creatività e inventarci qualcosa di diverso!Sostanzialmente vogliono aprire le scuole senza darci la possibilità di fare scuola - commenta l'insegnante - Capisco bene che siamo in una situazione di emergenza sanitaria (del resto come potrei non averlo capito, me lo hanno ripetuto 30 volte solo stamattina!), capisco anche che ci siano delle regole da rispettare e sono disposta a farlo, ma nel limite della ragionevolezza...qui invece si rasenta la follia!”
Grandi assenti, nel corso in questione: i bambini. Di loro “non ha parlato nessuno – riferisce ancora la docente - Di nuovo dimenticati perfino in quello che dovrebbe essere il loro regno! Amo, o forse amavo, il mio lavoro. La scuola iniziava già da tempo a starmi stretta, ma avevo qualche margine di azione in più. Ora mi sento le mani legate e ho il fiato corto, sto male fisicamente se penso a ciò che mi costringono a fare e ancora più a non fare. Non mi vergogno di dire che stamattina, dietro allo schermo, ho pianto, mentre una formatrice esterna, totalmente indelicata, ci elencava regole, divieti e restrizioni neanche fossimo in un carcere militare. E ho saputo poi che non ero la sola a piangere. Vi mando questa lettera per informarvi di situazioni di cui immagino siate già a conoscenza e forse spero che la vostra voce, più autorevole della mia, possa farsi sentire e farsi portavoce di un coro...ah, a proposito di coro, anche suonare il flauto e cantare diventa un problema a scuola, perché le goccioline di saliva andrebbero troppo lontano. Così ci hanno detto”.
Così replicava Novara: “La scuola non può finire così, in questo tunnel di accanimento pseudo sanitario che colpisce i bambini e gli insegnanti senza rispetto, violando i loro diritti. Il sistema sanitario deve consentire alla scuola dei più piccoli di agire nella normalità, non trasformarla in una specie di sanatorio con tutte le crudeltà del caso. La scuola è una comunità sociale di apprendimento, la più importante opportunità di rinascita sociale. Non uccidiamo questa speranza”.
Chiara Ludovisi