Rilanciare gli scarti: l'economia circolare per Ucid Padova
L'economia circolare può davvero rappresentare il futuro per la maggior parte delle imprese, anche per quelle di piccole dimensioni, attraverso la condivisione di un progetto d'innovazione che sfrutti gli scarti di produzione, facendo bene all'ambiente e allo sviluppo dell'impresa.
Lo scorso dicembre la Aquafil di Trento ha debuttato per la prima volta in borsa, dopo aver registrato una crescita record negli ultimi anni grazie alla sua fibra di nylon riciclato realizzata recuperando tessuti e reti. L’azienda trentina è solo uno degli esempi di come spesso le imprese che scelgono il modello dell’economia circolare trovino nuove leve di competitività.
Il tema sarà al centro dell’incontro proposto da Ucid Padova – Unione cristiana imprenditori dirigenti, venerdì 9 febbraio a partire dalle 21 al centro Oic di via Nazareth con l’intervento di Valentina De Marchi, ricercatrice del dipartimento di scienze economiche e aziendali Marco Fanno dell’università di Padova. «Per economia circolare – spiega la relatrice – s’intende un diverso approccio alle modalità di produzione». Si passa cioè da un processo lineare che vede l’impiego di materie prime e la generazione di scarti di produzioni che vengono gettati, a un modello che si rigenera da solo, trasformando in risorsa ciò che comunemente è considerato rifiuto. Un passaggio che è prima di tutto culturale:
«Le imprese che scelgono questa strada – continua De Marchi – devono prima di tutto rivedere tutti i processi produttivi e questo spesso rappresenta una spinta importante verso l’innovazione». Chi imbocca la strada dell’economia circolare lo fa per una spinta esterna: nel caso di Aquafil la richiesta di un fornitore ha dato il là a un’importante attività di ricerca, in altri casi è la domanda che arriva dai consumatori. «Per portare a termine un percorso così impegnativo è però essenziale anche che il management dell’azienda sia mosso da una motivazione etica, creda nel valore anche economico di questo modello».
Un modello che non è limitato alle grandi imprese, ma disegna a livello globale un nuovo paradigma di sviluppo. Fra i casi di successo, anche aziende di piccole dimensioni come Alisea, che ha brevettato la matita “Perpetua” realizzata utilizzando all’80 per cento grafite da scarti industriali, altrimenti destinata allo smaltimento.
Particolarmente vivace e variegato è il panorama delle start up che hanno messo a punto modalità innovative e creative di recupero e “rigenerazione” dei rifiuti. C’è chi recupera la caseina, scarto della lavorazione del latte, per realizzare vestiti, chi i tessuti li ottiene dalle bucce d’arancia, chi coltiva i funghi con gli scarti del caffè, chi produce un isolante per le case con gli avanzi delle tosature.
«Le imprese tradizionali – aggiunge la ricercatrice – trovano, il più delle volte, proprio in una start up il partner ideale per “ripensare” la propria produzione secondo il modello dell’economia circolare, ridisegnando così la propria offerta con l’utilizzo di materiali innovativi e rispettosi dell’ambiente sviluppati da queste nuove imprese».
Fra i progetti che hanno visto coinvolto il dipartimento di scienze economiche e aziendali dell’università di Padova c’è anche GreenLife, nato con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità del processo conciario. Il progetto, co-finanziato dall’Unione Europea, ha coinvolto cinque aziende del distretto conciario vicentino: le concerie Dani e il gruppo Mastrotto, l’azienda di prodotti chimici Ikem, Acque del Chiampo che gestisce il depuratore consortile e Ilsa, azienda delle biotecnologie specializzata in nutrizione dei vegetali. Il lavoro di squadra ha permesso di ridurre in modo significativo l’impatto ambientale della produzione di pelli e di sperimentare il reimpiego degli scarti come fertilizzanti, con importanti benefici anche dal punto di vista economico e sociale.
«La collaborazione tra soggetti diversi è una delle chiavi del successo di questi nuovi modelli di sviluppo. Le singole imprese non sarebbero mai riuscite a raggiungere da sole un risultato di questo tipo, cui ora già molte altre realtà guardano come un modello».
Anche la sfida dell’industria 4.0, ovvero l’introduzione del digitale nei processi produttivi, tocca da vicino l’economia circolare: la ricercatrice padovana è coinvolta in un progetto di ricerca coordinato da Eleonora Di Maria, con la partecipazione di Legambiente, che punta proprio ad approfondire come le tecnologie dell’industria 4.0 possano sostenere l’economia circolare.
L’appuntamento di venerdì 9 febbraio è a ingresso libero. Per chi lo desidera, su prenotazione, prima dell’incontro è in programma una cena al costo di 25 euro. Info e prenotazioni: ucidpadova@gmail.com