Riconosciamo Dio in ciò che è piccolo

I pastori, primi ad aver ascoltato l’annuncio della nascita di Gesù, sono ripartiti portando nel cuore una grande gioia. Impariamo da loro a... ri-orientarci

Riconosciamo Dio in ciò che è piccolo

Gli angeli, scrive Luca in un brano ascoltato nel giorno di Natale, portano l’annuncio di una grande gioia, di una grande festa cui ognuno – tutto il popolo – è invitato a partecipare. Ecco, in sintesi, il Vangelo: stare nella vita come chi accoglie con gioia l’invito a una festa. Una festa in cui non c’è formalità, ma condivisione sincera e spontanea; una festa in cui sì la gioia di ciascuno cresce gioendo di quella dell’altro, in cui stando bene si rafforza l’identità di ciascuno e della comunità. I primi a ricevere questo annuncio-invito sono stati i pastori, gente guardata con sospetto e diffidenza e giudicata spesso con disprezzo. Mi piace pensare che le nostre celebrazioni potrebbero diventare luoghi in cui anche il vissuto di chi è considerato poco degno possa trovare accoglienza, direzione, entusiasmo, guarigione e fiducia.  Queste persone, i pastori, hanno così poco che quel poco è il loro tutto, da difendere al punto da essere vegliato anche di notte. Vegliare è custodire un bene che tiene in vita e che può crescere; è il modo di chi non si distrae perché ha una passione nel cuore, di chi non si accontenta di mezze risposte o di facili soluzioni, di chi vuole migliorare quel che fa e che è per non mancare di rispetto a quel che cerca.  Siano benedette le persone che invecchiano continuando a cercare, quelle che hanno rinunciato ad aver risposta pronta a tutte le domande; quelle che vivono la fede come ricerca e non come granitico possesso di certezze. Siano benedette le persone che guardano con coraggio e fiducia dentro alle notti della vita e che cercano anche nel buio i segni del cammino da riprendere o da inventare. Sono le persone capaci di vegliare come fanno i pastori: a queste Dio manda l’annuncio che viene Colui che è cercato, pur non essendo conosciuto. Per questo mi piacerebbe che nelle nostre celebrazioni ci fossero più voci, più intercessione di questi modi di stare nella vita. Mi piacerebbe che le nostre parole aiutassero i pastori del nostro tempo a tornare nel vissuto quotidiano con il desiderio di provare a distinguere la presenza del Signore, il Salvatore, anche in quel che già c’è ma che ancora non si conosce. Dopo aver ascoltato l’annuncio degli angeli, la notte dei pastori si anima: «Andiamo... vediamo…». Se una preghiera o una celebrazione non sospingono a cambiare, a muoversi un po’ da quel che si è pensato e affermato come unica verità, allora qualcosa di questo pregare è da rivedere. I pastori verificheranno la verità di quel che hanno ascoltato iniziando a muoversi, anche se è notte; “cambiano” andando lì dove l’angelo aveva indicato. Lo stesso vale anche per noi: perché la gioia che “un inizio” promette sia tenuta in vita, perché un sogno si possa realizzare bisogna cambiare, ri-orientarsi spesso, tenendo sempre vive in sé le parole ascoltate e pian piano, secondo la verità e la costanza del proprio passo, si giungerà a Betlemme.

in questo ri-orientarsi? Suggerisco tre modi. Il primo: un po’ di silenzio interiore per chiedersi e rispondersi con sincerità come si stia vivendo, se si sia felici o no e provare a capire come prendersi concretamente cura di sé. Il secondo: avere a proprio fianco qualcuno – e stare al fianco di qualcuno – per verificarsi con sincerità e nella confidenza; qualcuno che ci voglia bene, che sia discreto e che non giudichi ma che aiuti a scegliere la verità. Il terzo: per non credere a tutto quello che ci raccontiamo è meglio mettersi in ascolto in modo personale costante sincero prolungato della Parola che, come buon amico e maestro, aiuta a far luce su di sé e a concretizzare nella carità la bontà delle intuizioni.  Le celebrazioni possono essere buone occasioni in cui l’incontro con il Signore aiuta a verificare se stessi, come singoli e come amici, come amici e come comunità e a togliere il vestito della fiacchezza per indossare quello del protagonismo e della festa.  Dall’esperienza dei pastori imparo che la presenza di Dio si riscontra, anche oggi, in quel che è piccolo, bambino. E così ripeto a me stesso che non sono importante se vinco, se conto qualcosa agli occhi di chi è ritenuto importante, se le iniziative che propongo hanno successo, se i miei figli sono i migliori, se il mio gruppo vince, se le mie idee sono considerate, se io sono cercato…  Rinunciare a un certo trionfalismo che – pare a me – traspare in alcune celebrazioni, congedarsi dalle parole e dai modi ridondanti che non ci parlano più, non essere ipnotizzati dalle forme dando per scontato il contenuto, ma scegliere la semplicità e l’onesta di parole e gesti che parlino alla vita e al cuore di chi oggi è considerato come erano considerati i pastori del Vangelo… Questo forse ci può aiutare a celebrare in modo da riconoscere in ciò che è piccolo la presenza del Dio Salvatore.  Sottolineo infine quel che Luca dice di Maria che «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Dico a me stesso di stare attento a non essere troppo lungo nelle omelie. Meglio preparare un appunto, rimanere con un linguaggio semplice e umile e chiedersi: chi mi ascolta, cosa porta a casa dal mio modo di celebrare e dalle parole che dico? Il mio modo di celebrare e di pregare, aiuta le persone a pregare e a incontrarsi con il Signore?

Rete mondiale di preghiera per il papa: gennaio

Intenzione di preghiera del papa Preghiamo perché lo Spirito aiuti a riconoscere il dono dei diversi carismi dentro le comunità cristiane e a scoprire la ricchezza delle differenti tradizioni rituali in seno alla Chiesa cattolica.

Intenzione dei vescovi Preghiamo perché la scuola, luogo di crescita e di relazione, sappia sostenere il cammino di bambini e ragazzi che provengono da ogni condizione sociale.

don Massimo De Franceschi
Parroco di San Francesco in Padova

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