Reddito di cittadinanza, che fine ha fatto il dibattito?

Antonio Russo (Alleanza contro la povertà) rinnova l'invito a un confronto urgente con il governo: “La riforma non si può fare all'ultimo momento. Rischiamo che in molti restino nel limbo”. E passa in rassegna i 12 articoli in bozza: “Le modifiche, così come sono, risentono di una direzione politica. Sarebbero agevolate le famiglie con figli, penalizzate le coppie. Ma il condizionale è d'obbligo”

Reddito di cittadinanza, che fine ha fatto il dibattito?

Che ne sarà del reddito di cittadinanza? Dopo essere stato al centro del dibattito la scorsa settimana, il destino della misura è scomparso dai media e dal dibattito politico. C'è un testo di riforma in bozza, su cui il governo sta lavorando. E c'è una sorte incerta per i 6 milioni di italiani sotto la soglia di povertà che non sanno cosa accadrà tra cinque mesi, quando la misura attuale arriverà a scadenza. Redattore Sociale ha chiesto ad Antonio Russo, vicepresidente Acli e membro del direttivo di Alleanza contro la povertà, di fare il punto della situazione e indicare eventuali criticità e direzioni di lavoro.

“Iniziamo col dire che di questa riforma non abbiamo ancora un testo definitivo, ma un documento di 12 articoli, che non trova nel ministero del Lavoro né conferme né sconfessioni: come Acli e come Alleanza contro la povertà abbiamo chiesto, tramite un comunicato stampa, che il governo convochi le organizzazioni sociali urgentemente, perché pensiamo che la riforma di una misura così importante per il contrasto alla povertà, che ha sottratto un milione di persone dalla povertà assoluta, presupponga il confronto con le organizzazioni che si occupano costantemente della questione”. Al momento, nessun riscontro è giunto dal governo.

Una notizia buona, l'altra forse no

“Alcune riflessioni sono comunque possibili, alla luce dell'articolato che abbiamo letto, anche se per tutte il condizionale è d'obbligo, trattandosi appunto di un testo non ufficiale – ribadisce Russo – La prima notizia è che il Reddito di cittadinanza, comunque lo si chiamerà, non sarà abolito ma riformato. E questa è senz'altro una buona notizia”. La seconda notizia è che “la nuova misura (la Mia, come pare sarà chiamata) consentirebbe una minor spesa di circa 2 miliardi. E questa – commenta Russo – non è necessariamente una buona notizia. Sappiamo infatti che non sempre una minore spesa assicura migliori politiche, soprattutto di fronte a una popolazione con fragilità crescente. In Italia ci sono 6 milioni di persone sotto la soglia di povertà assoluta: è certamente complicato affrontare un tema multidimensionale quale la povertà, ma se dopo le sperimentazioni delle misure di contrasto, dal Rei ad RdC, si è arrivati a stanziare 8 miliardi l'anno, non è perché qualcuno si divertiva a rilanciare, ma perché serviva quella somma per coprire la platea del bisogno. Ecco perché distogliere risorse potrebbe oggi essere un errore e non certo una buona notizia”.

Come cambia la platea

con la nuova misura, cambierebbe (“il condizionale è d'obbligo”), la platea dei beneficiari. “Innanzitutto il limite dell'Isee scenderà dagli attuali 9.360 euro a 7.200. La platea sarebbe poi nettamente suddivisa in due categorie: i non occupabili e gli occupabili. Tra i primi rientrerebbero i minori, gli anziani e le persone con disabilità, mentre tutti gli altri sarebbero considerati occupabili. Questa netta demarcazione ha alimentato un dibattito che non credo si fermerà, in considerazione del fatto che entro settembre gli occupabili potrebbero essere del tutto esclusi dalla misura. La riforma agevolerebbe poi le famiglie con figli, sfavorendo le coppie senza figli. Anche questo pone qualche problema, se posto in relazione al principio universalistico. Dovremmo approfondire questi aspetti con il governo e farlo al più presto”, ribadisce Russo. “così come andrebbe chiarita la questione relativa alla quota aggiuntiva per l'affitto, che in molti casi è stata indispensabile per le famiglie. Una delle ipotesi in circolazione è che possa variare a seconda della zona in cui si vive. E' evidente che anche di questo si debba discutere”.

Per quanto riguarda gli stranieri extra Ue, altro tema “caldo” nel dibattito sul Reddito di cittadinanza, gli anni di residenza necessari per accedere alla misura scenderebbero da 10 a 5, in linea con le indicazioni dell'Unione europea. Come Alleanza, avevamo chiesto che gli anni di residenza necessaria scendessero a due, alla luce dei dati che rilevano un aumento della povertà soprattutto tra le famiglie straniere residenti in Italia. Prendiamo atto che almeno le indicazioni europee sarebbero recepite, con la riduzione da 10 a 5 anni, ma ribadiamo che sarebbe congruo scendere a due anni”.

La digitalizzazione e il Terzo settore

Altre novità riguarderebbero “le operazioni di accreditamento per l'accesso alla misura, che passerebbero su piattaforma digitale gestita dal ministero del Lavoro – osserva Russo – Anche su questo occorre riflettere: se è vero che il nostro Paese è oggi più digitalizzato, non possiamo dimenticare che abbiamo di fronte una platea di potenziali beneficiari che sono sotto la soglia di povertà assoluta. Non possiamo dimenticare che durante il lockdown è emerso con evidenza quanto l'accesso alle tecnologie, nonché alla didattica a distanza, fosse difficile e limitato per le famiglie in condizioni di disagio economico e sociale”. Un'altra novità dovrebbe riguardare il Terzo settore, “il cui ruolo dovrebbe essere riconosciuto come fondamentale nella gestione di questa misura, forse anche in virtù di quella riforma che precede l'avvio di una nuova fase di coprogettazione tra comuni e terzo settore stesso. Resta da capire, però, quali siano le modalità, nel ruolo di presa in carico dei non occupabili che dovrebbero svolgere i comuni. Un ruolo di cui tanto si sente parlare, ma che trova poi difficoltà nella reale applicazione, in mancanza di risorse adeguate”.

Non solo reddito di cittadinanza...

Per il contrasto alla povertà, però, il reddito di cittadinanza non basta, come non può bastare nessuna misura di sostegno al reddito, se non coordinate con altre misure d'intervento. “occorre quindi, in questa fase storica, leggere la riforma del sostegno al reddito insieme ad altre riforme che stanno andando a compimento – precisa Russo – L'assegno unico e universale, innanzitutto, come cambierà? Sappiamo che ci sarà una quota aggiuntiva di 50 euro per i figli minori a carico e che si va verso agevolazioni per le famiglie numerose: anche questo va tenuto in considerazione. E poi c'è il regionalismo differenziato, di cui pure occorre tener conto. Sono tutte riforme e misure che devono essere considerate dentro un puzzle di riferimento che in questo momento è scomposto, rispetto alle politiche sociali di cui il paese si vorrà dotare per il futuro”.

In sintesi, “se le novità ipotizzare finora dovessero essere confermate, bisognerebbe incontrarsi con urgenza per esaminarle una ad una. Molte sarebbero migliorabili, altre sono il segno distintivo di una direzione politica che viene impressa in questa riforma. A noi interessa la situazione di 6 milioni di persone sotto la soglia di povertà assoluta che non ce la fanno, oltre che dei moltissimi altri sotto la soglia di povertà relativa. Negli ultimi 10 anni abbiamo più volte sottoposto a istituzioni e politici i nostri principi, il cui riferimento principale e imprescindibile è la Costituzione: è questa che ci dice che il Paese deve crescere riducendo l'esercito di persone che non ce la fa. E' di questo che si deve ricominciare a parlare e iniziare a discutere insieme, intorno a un tavolo, con le organizzazioni che della questione si occupano da sempre. Il reddito di cittadinanza ha i mesi contati, non possiamo ridurci all'ultimo momento per realizzare la riforma: non possiamo permetterci un periodo di 'vacatio', in cui milioni di persone fragili resterebbero nel limbo. Non c'è tempo da perdere e non si possono commettere errori”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)