ReArm Europe. Mons. Pezzi (Mosca): “La pace in Europa oggi non può andare in questa direzione”

L’arcivescovo di Mosca: “Sono rimasto molto amareggiato dalle parole volte al riarmo che ho sentito. Capisco le preoccupazioni che i leader europei possono avere, però mi sembra che non abbiamo imparato nulla dalla storia. E la storia ci indica che deve restare il rispetto della dignità della persona e dei popoli in primo piano. Ora, andare verso un riarmamento – comprendendo tutte le necessità di una difesa – non è la strada da percorrere. La pace in Europa oggi non può purtroppo andare in questa direzione”

ReArm Europe. Mons. Pezzi (Mosca): “La pace in Europa oggi non può andare in questa direzione”

Il segno che la voglia di costruire rapporti nuovi, c’è “anche in un momento che resta comunque di incertezza, di instabilità. C’è, anzi, cresce il desiderio che questo conflitto finalmente possa terminare. Che si possa ricominciare a guardarci in faccia, camminare assieme”. Con questo “spirito” un gruppo di 85 fedeli russi, accompagnati dall’arcivescovo della diocesi della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, e dal vescovo ausiliare, mons. Nikolaj Dubinin, hanno raggiunto Roma per un pellegrinaggio giubilare al quale stanno partecipando rappresentanti di diverse parrocchie dell’arcidiocesi. Sono riusciti a farlo, nonostante “tutte le difficoltà che ci sono per potere venire in Europa, in questo momento”, spiega mons. Pezzi al Sir mentre si incamminava ieri, martedì 11 marzo, a piedi con il gruppo di pellegrini verso il Policlinico Gemelli per recitare davanti alla statua di Giovanni Paolo II, un rosario e portare i saluti della diocesi russa a Papa Francesco. Lo abbiamo intervistato.

Siete qui per il “Giubileo della speranza”. Ma che tipo di speranza, in questo momento, intravede per la Russia e per l’Europa? 

La speranza resta, com’era anche prima, una sola, e l’unica nostra speranza è Nostro Signore Gesù Cristo e che noi ci convertiamo a lui. Quello che oggi vedo, è che c’è almeno un certo desiderio di mettere fine al conflitto. Ora, quanto questo desiderio sia radicato in una seria posizione di conversione a Cristo, non sono in grado di dirlo. Ma quello che posso dire è che la Quaresima appena cominciata – tra l’altro quest’anno iniziata assieme per tutta la cristianità, perché celebreremo la Pasqua assieme – ci permette di vivere anche questo momento di difficoltà nella speranza.

In questa Europa dove si sente parlare solo di piani di riarmo, è difficile sperare nella pace. 

Sarò molto sincero. Io sono rimasto molto amareggiato dalle parole volte al riarmo che ho sentito.

 Capisco le preoccupazioni che alcuni leader europei possono avere, però mi sembra che non abbiamo imparato nulla dalla storia. Quando iniziò il conflitto, raccontai di un film che avevo visto sulla Prima Guerra Mondiale in cui mi aveva colpito come il regista avesse voluto mostrare che i francesi ottennero dalla Germania non solo la capitolazione, ma anche una umiliazione. Io penso che questo sia profondamente sbagliato e che occorra imparare dalla storia. E la storia ci indica che deve restare il rispetto della dignità della persona e dei popoli in primo piano. Ora, andare verso un riarmamento – comprendendo tutte le necessità di una difesa – non è la strada da percorrere. La pace in Europa oggi non può purtroppo andare in questa direzione. 

Non è tardi? In questi anni, l’odio si è infiltrato. Come si sradica l’odio dal cuore dei popoli? 

L’odio dei popoli si sradica solamente se qualcuno ha il coraggio di iniziare a guardare l’altro come una persona.

Io le posso dire quanto mi hanno raccontato: ci sono anche adesso, anche in certi luoghi di conflitto, storie in cui soldati russi e soldati ucraini si sono guardati in faccia. Mi hanno parlato di una popolazione locale disposta a non guardare l’altro come un nemico, come un avversario, ma come un fratello che appartiene ad un altro popolo, ad un’altra etnia. Questi segni ci sono. Li dobbiamo innanzitutto vedere. In secondo luogo, accogliere e in terzo luogo costruirci sopra. È importante che ciascuno la faccia, a partire dal piccolo e laddove siamo. Ed è importante che continuiamo a chiedere – come fa il Papa – ai potenti di questo mondo che anche loro facciano la loro parte. 

Ha passato la Porta Santa qui a Roma. Che intenzione ha espresso, se è possibile chiederglielo? 

Ho portato innanzitutto tutta la nostra Chiesa, tutte le persone che non hanno potuto e non potranno partecipare ad un pellegrinaggio a Roma per l’Anno Santo. E ci sono tanti che molto probabilmente non lo potranno più fare. Poi, avevo in mente le persone che più soffrono, che fanno fatica, le persone anziane, i carcerati. In terzo luogo, ho offerto questo mio passaggio per la pace. La pace dappertutto. A questo riguardo voglio esprimere anche la mia preoccupazione per quello che sta avvenendo in Siria. E con la Siria ho pensato alla Terra Santa, alla Russia e all’Ucraina. 

Perché siete venuti a pregare al Gemelli? Chi è per voi Papa Francesco?

Papa Francesco è per noi un padre e nello stesso tempo penso di poter dire in tutta sincerità un amico. L’affetto che egli ha per noi, è ricambiato. Ho avuto tante testimonianze in questo senso, soprattutto quando ho chiesto di iniziare a pregare per la salute del Papa, veramente in tutte le nostre parrocchie c’è stata una risposta di affetto superiore ad ogni mia aspettativa. In secondo luogo, voglio anche dire che da parte della Chiesa ortodossa, soprattutto da parte di alcuni vescovi, ho ricevuto segnali di affetto, assicurando che stanno pregando per la salute del Papa e la stessa cosa è successa anche con i responsabili delle diverse chiese e comunità cristiane a Mosca. Ho sentito un affetto unanime, da parte di tutti. Questo mi ha molto toccato. Dovevamo avere un incontro con Papa Francesco in occasione di questo pellegrinaggio. Non potendo avere questa udienza, abbiamo pensato di venire qui al Gemelli, per recitare il Rosario per lui e la sua salute. So che il Papa sa di questa iniziativa e sappiamo che il Papa ci ha molto nel cuore.

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Fonte: Sir