Prezzi alimentari, si allarga la forbice tra consumo e produzione. Aumenta il divario tra quanto percepito dai produttori e quanto pagato dai consumatori
I prezzi al consumo dell’agroalimentare lavorato salgono dall’1,5% tendenziale di settembre al 2% di ottobre, mentre quelli alla produzione passano da un tendenziale di agosto del -0,2% ad un crollo di settembre del -1,5%
Tecnicamente si chiama “forbice” tra prezzi al consumo e prezzi alla produzione. Per tutti noi è il divario tra quanto percepito dai produttori e quanto pagato dai consumatori. Più questo divario si amplia e più significa che qualcosa non va, soprattutto se i prezzi sono quelli dei beni di prima necessità e quindi degli alimenti. E’ quanto sta accadendo in Italia. Una situazione che deve preoccupare tutti e che ha fatto scattare l’allarme nei produttori agroalimentari.
Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia (che raccoglie produttori e trasformatori agroalimentari), sulla base degli ultimi numeri dell’Istat relativi ai prezzi alimentari, ha già parlato di “tendenza estremamente preoccupante”. Una sintesi elegante per dire che si è già accesa più di una spia rossa e per un motivo evidente a tutti: “In questo modo si danneggiano contemporaneamente consumatori e filiera produttiva nazionale”. I primi, infatti, si ritrovano a dover spendere di più per mettere qualcosa in in tavola, i secondi sono però costretti a tirar la cinghia delle loro imprese tra costi di produzione da tenere sotto controllo e ricavi sempre più risicati.
I numeri fanno capire ancora meglio. I prezzi al consumo dell’agroalimentare lavorato salgono dall’1,5% tendenziale di settembre al 2% di ottobre, mentre quelli alla produzione passano da un tendenziale di agosto del -0,2% ad un crollo di settembre del -1,5%. La forbice di cui si diceva prima si è allargata facendo segnare un divario del 3,5%. “Inaccettabile”, ha sottolineato Scordamaglia che ha aggiunto: “Vuol dire che soprattutto una parte della distribuzione italiana continua ad aumentare i prezzi al consumatore e a pagare sempre meno chi produce, che non riesce quindi a compensare i propri costi di produzione aggravati anche dagli eventi climatici estremi a cui stiamo assistendo”. A far le spese di tutto questo, sono appunto i due estremi della filiera: i coltivatori e trasformatori da un lato e i consumatori dall’altro. Questo, almeno, è ciò che pensa Scordamaglia, che per spiegarsi meglio ricorda anche un altro dato, quello della contrazione dei consumi: negli ultimi due anni il crollo degli acquisti di beni alimentari avrebbe raggiunto il -8%.
Ma quindi che fare? La ricetta di Filiera Italia è di fatto composta da due medicine: fare chiarezza sulla ripartizione del valore lungo la filiera agroalimentare e grande attenzione alle pratiche sleali. “Agiremo – ha tuonato Scordamaglia – anche denunciando per pratiche commerciali sleali chi dovesse pensare di approfittare della propria posizione negoziale per mettere in difficoltà le fasi più deboli della filiera”. I distributori assicurano però grande attenzione alla tutela della filiera e, con Federdistribuzione, chiedono invece politiche dei redditi che facciamo ripartire i consumi. Come sempre, la soluzione è probabilmente in mezzo: più controlli, più correttezza, più risorse economiche da usare sarebbero le tre leve migliori per uscire da questa condizione. Leve che, naturalmente, non sono così facili da ottenere e adoperare.