Viva la pasta! La Giornata mondiale dedicata a questo alimento serve per ricordarne le qualità ma anche i problemi

Le famiglie italiane spendono all’anno quasi quattro miliardi di euro per l’acquisito di questo prodotto

Viva la pasta! La Giornata mondiale dedicata a questo alimento serve per ricordarne le qualità ma anche i problemi

Pasta che vale miliardi di euro ma, soprattutto, alimento di base per milioni di famiglie. Pasta italiana – ma non solo a dire il vero – che significa tradizione e cultura, oltre che produzione e occupazione. Alimento davvero “di base” del quale, il 25 ottobre scorso, si è addirittura celebrata una giornata mondiale (World Pasta Day) con l’obiettivo non di riaffermarne la popolarità ma di ricordarne caratteristiche e importanza di una corretta produzione.

Certo, l’Italia è assunta ormai a patria della pasta. Anche dal punto di vista economico visto che, stando ai calcoli dei coltivatori diretti, le famiglie italiane spendono all’anno quasi quattro miliardi di euro per l’acquisito di questo prodotto. Secondo gli ultimi dati disponibili, l’Italia è il Paese dove – rileva la Coldiretti – si mangia più pasta, 23,1 chilogrammi a testa, ma questo alimento ha anche mercati importanti come quelli di Tunisia, Venezuela, Grecia, Cile, Stati Uniti e altri ancora. Viene poi fatto notare come, nonostante la difficile situazione internazionale, le esportazioni di pasta italiana siano aumentate del 6% nei primi sette mesi del 2024, con Germania, Stati Uniti e Francia che sono nell’ordine i principali mercati. Una ulteriore crescita dopo un 2023 che ha visto le esportazioni di pasta in valore raggiungere la cifra di 4,1 miliardi di euro. Prodotto insostituibile anche per l’industria molitoria nazionale (raccolta da Italmopa) che parla della pasta come di una delle “icone per eccellenza del nostro impareggiabile patrimonio ‘gastro-culturale’ nazionale e regionale”.

Le celebrazioni, tuttavia, non devono far trascurare le difficoltà che il comparto sta attraversando. La strada per rafforzare la produzione di pasta italiana, ricorda infatti Confagricoltura, “non è così semplice alla luce di alcuni fattori: il clima che influisce sui raccolti di grano duro, la produzione italiana lontana dal fabbisogno dell’industria di trasformazione, le notevoli differenze qualitative della materia prima da zona a zona che richiedono interventi strutturali”. Sempre questa organizzazione agricola, ricorda poi che “il tasso di autoapprovvigionamento di grano duro è passato dal 78% del 2012 al 56% del 2023, con un trend sotto il 50% per il 2024. E che, sempre in Italia, negli ultimi dodici mesi c’è stata anche una diminuzione del 20% del prezzo medio all’origine del grano duro, che è passato da circa 363 euro a tonnellata a 287 euro”. Da qui la necessità di rafforzare l’intera filiera, “su più fronti, a partire dalla gestione del rischio, che non riguarda evidentemente solo gli agricoltori, ma anche i trasformatori della materia prima che richiedono quantità e qualità il più possibile omogenee”. Da qui, quindi, vari accordi siglati tra agricoltori e industriali. Così hanno fatto Confagricoltura e UnionFood e così hanno fatto Coldiretti e Filiera Italia con “Filiera pasta”. Senza dire del lungo cammino verso l’aumento della produzione di grano italiano. Ad oggi, ricordano i produttori agricoli, 4 pacchi di pasta su 10 sono fatti con grano 100% italiano; mentre la novità degli ultimi anni è rappresentata dall’arrivo sul mercato di pasta 100% italiana, fatta con grano rigorosamente di origine nazionale, che si sta diffondendo con il coinvolgimento dei principali brand del settore.

Su tutto, poi, pesano almeno due altri problemi. Da un lato gli effetti delle politiche ambientali dell’Ue ritenute dai produttori eccessivamente restrittive nella loro applicazione. Dall’altro, gli effetti di un cambiamento climatico che si fa sempre più pesante e imprevedibile e che periodicamente arriva quasi ad azzerare i raccolti in numerose aree di coltivazione.

Pasta “miliardaria” e buona, quindi, ma anche da tutelare e non solo nei confronti di una concorrenza non sempre leale. Obiettivi un po’ di tutti noi, dai cerealicoltori ai consumatori finali.

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Fonte: Sir