La sapienza agricola italiana in soccorso dell’Africa. Presentato un progetto per ridare dignità, cibo e futuro a chi oggi scappa dalla propria terra

Stando alle indicazioni dei promotori, si tratta di esportare “un modello non speculativo che consente di lasciare il prodotto ed il valore aggiunto che si produce sul mercato locale”

La sapienza agricola italiana in soccorso dell’Africa. Presentato un progetto per ridare dignità, cibo e futuro a chi oggi scappa dalla propria t...

La sapienza agricola italiana per valorizzare l’agricoltura locale e porre le basi per l’autosufficienza alimentare dei Paesi poveri o emergenti. Un modello produttivo che ha dato buone prove messo a disposizione di altre aree produttive del Pianeta e non con obiettivi speculativi ma traguardi di solidarietà umana ed economica da raggiungere. L’intento – più che lodevole – è quello dei progetti avviati da Coldiretti e Filiera Italia in Africa, presentati nel corso del Forum della Fao The Hand-in-Hand (HiH) Initiative Investment che si è svolto qualche giorno fa.

Stando alle indicazioni dei promotori, si tratta di esportare “un modello non speculativo che consente di lasciare il prodotto ed il valore aggiunto che si produce sul mercato locale”. Nessuna colonizzazione, quindi, e nessun acquisto di terre da parte di investitori stranieri ma, invece, una forte valorizzazione delle terre locali attraverso il trasferimento di tecnologia, know howexpertise di metodi di produzione agricola rispettosi dell’ambiente di cui le aziende agricole italiane e molti soci di Filiera Italia sono importanti esempi. Detto in altri termini, la proprietà della terra resta agli agricoltori del luogo che vengono formati per gestirla con una grande attenzione alle ricadute economiche e sociali sulle comunità locali. Così, le migliori tecnologie già sperimentate con successo in Italia, vengono adattate alle specifiche condizioni del posto, con l’obiettivo di far crescere l’autosufficienza alimentare di aree oggi alle prese con seri problemi agricoli. Una modalità di intervento, viene sottolineato da Coldiretti e Filiera Italia, “che rappresenta anche un importante strumento di stabilità geopolitica per l’area mediterranea ma non solo”, perché “creare sviluppo offre un’alternativa reale rispetto all’emigrazione, che oggi rappresenta spesso l’unica alternativa”. Oltre alle tecnologie da applicare, il progetto ha anche gambe finanziarie in BF spa (Bonifiche Ferraresi spa) e in particolare in BF International lo strumento operativo per intervenire con efficacia.

Tutto però, stando alle dichiarazioni dei promotori, ha un vincolo: il cibo ottenuto da queste iniziative deve essere destinato esclusivamente al fabbisogno alimentare delle popolazioni locali, contribuendo alla crescita di una filiera agroalimentare interna, escludendo dunque l’esportazione su altri mercati, a partire da quello italiano. Un vincolo che indica un approccio diverso dai molti fino ad oggi messi in pratica in Africa.

Ma dove può iniziare tutto questo? I promotori spiegano che Egitto, Algeria, Angola, Congo a seconda delle diverse situazioni potrebbero contare su imprese modello dai da 5 a 10.000 ettari suscettibili anche di percorsi di trasformazione graduale.

“Mettere al centro gli agricoltori, costruendo la filiera a partire dai loro bisogni, secondo una visione che parte dall’agricoltura familiare e crede nell’innovazione”: è questo l’intento dichiarato di Coldiretti, Filiera Italia e BF spa. Certo, tutto da iniziare, tutto da verificare, da gestire senza sbandamenti e, soprattutto, da condividere proprio con quelle popolazioni che – ad oggi – sono spesso costrette a scappare dalle loro terre. Tutto, comunque, degno di essere apprezzato negli intenti e nelle prospettive.

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Fonte: Sir