Nulla è mai stato come adesso. Siamo in prossimità, ormai, dell’inizio del nuovo anno scolastico e ancora sembra di navigare nella nebbia
Resta un punto fermo in una situazione così fluida come non si è mai presentata: la scuola è un fattore decisivo per il nostro Paese e non solo.
Siamo in prossimità, ormai, dell’inizio del nuovo anno scolastico e ancora sembra di navigare nella nebbia. Le informazioni che circolano sono le più disparate e i fatti si mescolano di continuo con le opinioni per cui è difficile individuare qualche solido punto di appoggio per parlare di studenti, docenti, ecc. ecc. Si passa dai fantomatici banchi con le rotelle – chi ci pensa non può non sorridere immaginando con qualche fantasia goliardica le gare nei corridoi a chi li “guida” più velocemente – alla questione serissima delle mascherine, da indossare o meno, al distanziamento “dalle rime boccali”, ai temi dei tamponi per gli insegnanti, alle paure/responsabilità dei dirigenti scolastici, al rebus degli spazi e dei trasporti.
Temi tutti già presenti prima delle vacanze di agosto, ora variamente sviluppati e al centro dell’attenzione del governo.
Del resto, se è vero i refrain che ha accompagnato la pandemia di Coronavirus – “nulla sarà più come prima” – è vero anche che per l’inizio di quest’anno scolastico “nulla è mai stato come adesso”: ci troviamo di fronte a una situazione inedita di fronte alla quale gli abituali, annosi, problemi che la scuola italiana presenta regolarmente ogni settembre – mancanza di docenti, supplenze, aule e chi più ne ha più ne metta – sono poca cosa.
Un punto fermo, però, in una situazione così fluida come non si è mai presentata continuiamo a vederlo: è la convinzione che la scuola sia un fattore decisivo per il nostro Paese e non solo. Si cercano le soluzioni – anche le più improbabili – perché senza la scuola il danno per la nostra società è enorme. Come ha ricordato un gruppo di “Scienziate per la società” in un recentissimo intervento pubblico, “durante il lancio della campagna ‘Save the future’, il segretario delle Nazioni Unite António Guterres ha usato parole bellissime e durissime per descrivere l’enorme danno che la chiusura delle scuole ha causato ai giovani. Ha parlato di ‘catastrofe generazionale’, e ha detto che la priorità di tutti i governi è oggi riaprire le scuole. Pediatri, psicologi, pedagogisti, sociologi e scienziati concordano nel ritenere essenziale la riapertura per tutti a orario pieno, per permettere agli studenti di riprendere il ciclo formativo e ai genitori, soprattutto alle madri, di poter tornare a lavorare a pieno ritmo”.
E’ questa la posta in gioco. Le stesse autrici dell’appello ricordano poi i risultati di un rapporto del 23 agosto che viene dalla Gran Bretagna e minimizza rischi e paure sulle possibilità di contagio attraverso la presenza e le attività scolastiche. Il rapporto – nei mesi scorsi ne erano stati ricordati altri – si basa su dati raccolti su un milione e seicentomila alunni rientrati a scuola il 1° giugno. Le conclusioni, molto sommariamente, fanno pensare a un rischio molto basso per la salute e in relazione alla trasmissione del virus. I dati suggeriscono – scrive ancora il gruppo di “Scienziate per la società” – “che i bambini non sono una ‘fonte comune di trasmissione’, che il rischio di morte a causa della Covid-19 nei bambini è eccezionalmente basso, e che gli insegnanti ed il personale scolastico non hanno un rischio di infezione superiore rispetto al resto della popolazione attiva”.
Basta questo a rassicurare? Difficile pensarlo nella ridda di voci che continua ad alzarsi. Però è un incentivo in più a guardare con responsabilità e fiducia all’ambito scolastico e al nuovo inizio. Che ha certo bisogno di regole condivise, ma è in se stesso una necessità indifferibile e un passo indispensabile per cercare di tornare alla normalità.