“Non chiudete le scuole superiori”: l'appello del neuropsichiatra Pellai
Si fa strada, ogni giorno di più, l'ipotesi di tornare alla didattica a distanza per gli studenti delle secondarie di secondo grado, soprattutto per limitare i contagi durante il tragitto da casa a scuola, che spesso avviene su mezzi pubblici affollati. Pellai: “Di tutte le cose da fare, per me questa è l’ultima. Proprio l’ultima delle ultime"
Di fronte al crescente numero di contagi, una delle ipotesi che avanza da più parti – e che per ora il governo e il ministero escludono – è il ritorno alla didattica a distanza, limitatamente alle scuole superiori. Perché le scuole sono sicure – come ribadisce la ministra Azzolina – ma non lo sono, in particolare, i mezzi pubblici che la maggior parte dei ragazzi adopera per raggiungerle. Autobus e tram pieni come tutti gli anni, in un anno che come gli altri non è, rappresentano un problema che a quanto pare non si riesce a risolvere se non lasciando che i ragazzi stiano a casa e da lì facciano scuola. E subito l'Italia si divide, tra chi – tanti docenti ma anche tante rappresentanze degli studenti – caldeggia questa ipotesi e chi invece – ministra Azzolina in testa – la respinge con forza. Alberto Pellai, neuropsichiatra dell'età evolutiva ed esperto di problematiche dell'adolescenza e di quella quella che lui chiama “età dello tsunami” si schiera decisamente dalla parte di chi la scuola la vuole in presenza.
“Un’ipotesi che alcuni hanno fatto per affrontare questa fase di emergenza epidemiologica dovuta alla recrudescenza dei contagi da Covid è stata 'chiudere le scuole secondarie di secondo grado'. Ovvero chiedere agli adolescenti – soprattutto quelli che frequentano gli ultimi anni delle superiori - di restare a casa da scuola, seguendo le lezioni a distanza”, riferisce in un post sulla sua pagina Facebook, in cui esprime con forza il suo no: “Di tutte le cose da fare, per me questa è l’ultima. Proprio l’ultima delle ultime. La salute e il benessere degli adolescenti – osserva - è fortemente dipendente dalla loro possibilità di vivere in spazi dove incontrano altre persone e socializzano. Chiuderli in casa come 'i destinatari' delle misure più restrittive dell’intervento preventivo significa non coglierne i bisogni fondamentali, non rispettarne le esigenze evolutive”.
Proprio dai giovani bisognerebbe anzi ripartire e su di loro puntare, per sfidare il momento critico che stiamo vivendo: “Gli adolescenti dovrebbero essere resi protagonisti di questa fase critica – propone - Dovrebbero essere incaricati di promuovere un progetto di educazione tra pari dove vengono coinvolti in modo attivo per promuovere tutte le norme di prevenzione che aiuteranno la nostra collettività ad affrontare questa fase critica in cui dobbiamo imparare a convivere con il Covid 19, in attesa che risulti disponibile un vaccino efficace”.
"Non a casa ma nel mondo, non untori ma attori"
Non chiudere i ragazzi in casa, quindi, ma gettarli nel mondo, dando loro “la possibilità di partecipare ad iniziative di solidarietà e sostegno per persone fragili e vulnerabili – continua Pellai - di cui loro potrebbero diventare sostenitori e tutori, con servizi che permettano a quelle persone fragili di non mettersi in condizioni di rischio. Dovremmo renderli attori di un modello di solidarietà collettiva in cui loro diventano testimonial attivi e promotori del rispetto delle regole che in questo momento sono di stringente utilità per costruire quello che sarà il destino di noi tutti, nelle prossime settimane. Insomma, dovremmo pensare che a loro, in questo momento, non è possibile chiedere di rimanere passivamente invisibili. Bensì l’esatto contrario: ovvero essere attivamente partecipi di un grande obiettivo della società di cui a breve diverranno cittadini ufficiali con diritti e doveri”.
La scuola, unico spazio
Perché i giovani abbiano questo ruolo, però, c'è bisogno di spazi. E “il problema è che nelle nostre città per gli adolescenti gli spazi dove aggregarsi, fare gruppo, coltivare progetti, perseguire obiettivi di crescita non esistono – afferma Pellai - La scuola per loro non è solo il luogo della formazione, ma è anche il luogo dove incontrano i loro pari in carne ed ossa. Dove vivono la dimensione relazionale nel reale, elemento fondamentale per la loro salute emotiva e psicologica”. Per questo occorre valutare con molta attenzione l'ipotesi di un ritorno alla didattica a distanza. Ed è questo l'appello di Pellai: “Qualsiasi cosa succeda nelle prossime settimane, in questo 'giro' dovremmo davvero avere una visione più competente dell’adolescenza e investire sulle competenze dei giovanissimi. Invece di raccontarli solo come 'attori' di una movida, offriamo loro la possibilità di essere pensati come soggetti che hanno competenze reali da spendere nel mondo reale. E da non sacrificare nell’invisibilità di un lockdown selettivo di cui dovrebbero essere, secondo alcuni, gli sfortunati prescelti. Come genitore credo davvero che i nostri ragazzi possono essere ben altro che diffusori del contagio – conclude Pellai - Possono, rispettando tutte le norme di prevenzione, diventare attori attivi della strategia di resistenza che non necessariamente veda nel lockdown l’unica modalità di essere attuata”. E domanda: “I vostri figli sarebbero in grado di aderire a questa proposta?”
Chiara Ludovisi