Missioni spaziali. Di fronte alla complessità semplificare non funziona
Le missioni spaziali, ma anche le società e la Chiesa sono sistemi complicati. Pwer comprenderli occorre considerare tutti gli aspetti di cui si compongono
Esistono sistemi complicati e sistemi complessi. Non sempre si riesce a cogliere la differenza tra i due. Complicato è un sistema caratterizzato da un insieme di variabili e operazioni che chiedono di essere calcolate minuziosamente per funzionare bene tutte insieme; tuttavia è possibile mantenere il controllo di quello che sta succedendo operando su una o sull’altra variabile. “Complicato” ci dice anche che queste variabili sono correlate le une alle altre, tanto che un minimo intoppo può far sgretolare una parte o l’intero sistema. È il motivo per cui la missione Àrtemis 1 della Nasa tarda tanto a partire: anche il solo malfunzionamento di un sensore chiede di fare una verifica più approfondita perché tutto vada a buon fine. D’altra parte, chi può dimenticare i tre astronauti dell’Apollo 1 che durante un test a terra, per un banale filo di rame parzialmente privo di isolamento, hanno perso la vita nel modulo di comando in fiamme? Da allora sono stati fatti molti passi avanti, imparando dagli errori commessi e rinunciando anche a modi di volare che si sono dimostrati più pericolosi di ciò che si pensava, come le missioni Shuttle: il Challenger, esploso durante il lancio nel 1986 e il Columbia, disintegratosi nel rientro in atmosfera nel 2003, causarono la morte di 14 persone. Poi ci sono i sistemi complessi, influenzati da molteplici variabili in modo talmente sottile che un minimo cambiamento di una di esse modifica profondamente tutto il sistema. Un esempio classico è il tempo atmosferico. Non ci è dato di prevederlo con precisione per più di qualche giorno perché oltre i nostri modelli tendono ad allontanarsi in modo esponenziale dalla realtà. Certo, possiamo migliorare le misurazioni e la conoscenza dell’atmosfera, ma il risultato finale non cambierà. Se da una parte possiamo prevedere con accuratezza ogni passaggio di una missione spaziale, al netto di imprevisti di carattere straordinario, dall’altra un sistema complesso non è prevedibile, se non appunto per un breve lasso di tempo e in modo approssimato. Questo è anche il motivo per cui il violento nubifragio che ha colpito le Marche lo scorso 15 settembre non era stato previsto: piccole variabili non prevedibili né di facile misurazione, agendo su un sistema già straordinariamente predisposto, hanno innescato un meccanismo raro come quello di un temporale autorigenerante, con le conseguenze che sappiamo. Ma la complessità non investe solo i sistemi fisici: anche la società è un sistema complesso, così come l’andamento della pandemia, il funzionamento dei nostri corpi, i sistemi economici, gli ecosistemi.
Sia che si tratti di complicatezza, sia che si tratti di complessità, una cosa che non si dovrebbe mai fare è cedere alla tentazione della semplificazione. Nel momento in cui semplifichiamo qualcosa, ogni considerazione diventa erronea, vana, inutile. È fuori luogo deridere la Nasa dicendo che non riesce a far partire un razzo quando negli anni Sessanta siamo arrivati sulla Luna, perché c’è una differenza abissale riguardo alla “complicazione”, e andare sulla Luna non è mai stato semplice. È erroneo anche fare considerazioni che guardano a un solo aspetto lasciando fuori tutti gli altri, o che non risalgono alle vere cause di un evento, o ancora si fermano alla superficie di un problema solo perché comprenderlo nella sua interezza è difficile, non immediato, o ha conseguenze che possono non piacerci. È proprio dentro a questa difficoltà che nascono, in ambito cristiano, le eresie. Com’è possibile tenere insieme l’umanità e la divinità di Gesù? Nel momento in cui scelgo di semplificare la questione eliminando una di queste due dimensioni, ecco che l’incarnazione perde tutto il suo valore. Com’è possibile tenere insieme l’essere santa e l’essere peccatrice della Chiesa? Ecco che, quando pensiamo che la Chiesa dovrebbe essere fatta solo di santi, essa diviene un insieme esclusivo ed elitario; al contrario, se si accentua solo la dimensione del peccato nell’uomo finiamo per perdere il grande valore che ha il nostro essere creature volute e amate da Dio. Com’è possibile vivere il nostro essere cristiani in un mondo che sembra sempre più lontano da Dio? La verità è che non possiamo disgiungere l’essere cristiani dall’esserlo nella complessità del mondo di oggi. Se separiamo queste due dimensioni allora abbiamo già perso in partenza. Ma se il nostro essere cristiani è una di quelle variabili nella complessità di questo mondo, allora, giocando insieme e dentro a tutte le altre, abbiamo la possibilità di influenzarlo davvero.