Migrazioni. Dalle associazioni cattoliche sette proposte alla politica
Riforma della legge sulla cittadinanza, nuove modalità di ingresso in Italia, regolarizzazione su base individuale degli stranieri «radicati», abrogazione del reato di clandestinità, ampliamento della rete Sprar, valorizzazione e diffusione delle buone pratiche, effettiva partecipazione alla vita democratica.
Sono i sette punti del documento programmatico elaborato da 18 tra associazioni ed enti cattolici impegnati a vario titolo nell’ambito delle migrazioni che, in vista delle elezioni del 4 marzo, verrà sottoposto ai candidati al Parlamento.
Uscire dalla logica emergenziale per ripensare con progettualità il fenomeno migratorio – cruciale per il futuro dell’Italia e dell’Europa – e costruire una comunità civile inclusiva e solidale, insomma giusta e umana, è l’obiettivo di questa agenda presentata all’Istituto Sturzo di Roma, uno degli enti firmatari, dai rappresentanti di alcune delle associazioni che l'hanno sottoscritta.
«Non possiamo stare zitti: in questo Paese ci sono storie e pratiche di positività e solidarietà, tanta sapienza che si scontra con un impianto legislativo arretrato. Troppi “cittadini di fatto” non sono riconosciuti tali dall’ordinamento. Noi non siamo con gli slogan “accogliamoli tutti o nessuno”: in questo periodo di battaglia elettorale dobbiamo ridare urgenza, con pacatezza e mitezza, a un fenomeno strutturale che non è un problema ma una risorsa se si affronta con capacità e intelligenza», esordisce don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità.
«Parliamo di circa 900 mila ragazzi nati da genitori stranieri e cresciuti nel nostro Paese, italiani di fatto ma non di diritto, che vivono una cittadinanza dimezzata», avverte Antonio Russo, responsabile welfare Acli. La riforma della normativa sulla cittadinanza, regolata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, «è urgente e non può essere considerata alla stregua di altre riforme». Di qui l’auspicio che il nuovo Parlamento «si impegni ad approvare la riforma» e si riduca da 10 a 5 anni «il periodo necessario alla naturalizzazione».
Daniela Pompei (Comunità Sant’Egidio), presenta il secondo punto dell’agenda, chiedendo «nuove modalità di ingresso in Italia più flessibili ed efficienti». Tre, in sintesi, le proposte: vie legali per entrare nel nostro Paese; un immediato ritorno del decreto flussi per arrivare fino a proposte più ampie e organiche di modifica del testo unico sull’immigrazione; reintroduzione del sistema delle sponsorizzazioni.
Trasformare il permesso di soggiorno per richiedenti asilo in permesso di soggiorno «per comprovata integrazione» da parte di chi ha svolto un percorso fruttuoso di formazione e integrazione è la proposta di Flavia Cerino del Movimento Focolari.
Per padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, occorre ampliare la rete Sprar, che deve tornare sotto un effettivo controllo pubblico, e creare al suo interno un unico percorso di accoglienza integrata. Nel sottolineare che solo mille sul totale dei 7.900 comuni italiani hanno risposto al progetto di accoglienza diffusa, Ripamonti sostiene la necessità che essa vada «programmata e ampliata uscendo dalle logiche emergenziali e dagli interessi della politica locale».
Claudio Gnesotto, presidente di Ascs onlus, e Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il sociale, presentano buone pratiche di integrazione avviate nelle loro realtà. Gnesotto parla di Casa Scalabrini 634, centro di accoglienza a Torpignattara per persone uscite dagli Sprar ed esempio di integrazione tra rifugiati, migranti e comunità locale. Oltre 100 quelle accolte, 85 delle quali hanno trovato una casa e un’occupazione. «Come salesiani – ha detto invece D’Andrea – abbiamo 1.079 giovani in servizio civile, 29 di loro con permesso di soggiorno».
«Siamo convinti che sia necessario concedere il diritto di elettorato attivo e passivo agli immigrati titolari di permesso di soggiorno».
Non ha dubbi Matteo Truffelli, presidente nazionale di Azione Cattolica: «Anche loro devono sentirsi non separati in casa»; inoltre «non è legittimo chiedere il pagamento delle tasse a chi non ha diritto di cittadinanza». Più in generale, il presidente di Ac chiede «a tutte le forze politiche di parlare alla testa, non alla pancia degli elettori».
A conclusione prende di nuovo la parola don Colmegna, che sulla richiesta di abrogazione del reato di immigrazione clandestina contenuta nell’agenda chiosa: «Non ne abbiamo parlato perché è scontato che questo reato sia ingiusto, inefficace e controproducente. Va cancellato al più presto».
Il documento, che è possibile sottoscrivere inviando un’e-mail a agendamigrazioni@gmail.com verrà presentato a tutti i candidati.