Lo strano caso dei contagi a scuola. I veri protagonisti
È bastata una mezza notizia trapelata dal secondo giro di consultazioni per far innalzare immediatamente il muro contro il premier incaricato Draghi.
Alla possibilità di un allungamento dell’anno scolastico al 30 giugno, il sindacato ha risposto compatto “niente da fare”. Significherebbe dire che con la Dad si è scherzato (Cisl), la continuità formativa è stata garantita con la fatica quotidiana di tutto il personale (Cgil), Draghi mostra di pensare che nulla fino a oggi è stato fatto (Snals), e via di questo passo.
Solo qua e là, nei comunicati usciti dagli uffici stampa, si fa cenno alla necessità di recuperare gli apprendimenti, da nessuna parte invece si sottolinea l’importanza di concedere ai ragazzi qualche giorno in più di socialità reale, con il fine ben preciso di imparare insieme, e riedificare una vita relazionale minata da un anno di distanziamenti.
L’impressione, ancora una volta, è che al centro di tutti i discorsi finiscano per essere messi (loro malgrado) i soli insegnanti.
Non saremo di certo noi a svilire il loro ruolo e – tanto meno – a disconoscere quanto fatto in questi mesi inauditi sul fronte didattico. Ma da parte dei loro rappresentanti non appare così spiccata l’attenzione a mettere in primo piano (anche) i veri protagonisti della scuola, i ragazzi. Ci saremmo aspettati, se non altro, una timida apertura al confronto, tanto più che lo stesso Mario Draghi ha affiancato a questo un altro tema assai complesso e rilevante (che al sindacato dovrebbe stare particolarmente a cuore): l’intenzione di avere i docenti nominati e pronti a lavorare già dal primo settembre. Più che le sopracitate e poco convincenti prese di posizione, appare piuttosto un ostacolo rilevante ai propositi dell’ex presidente della Banca centrale europea la serie di dati presentati pochi giorni fa dall’Istituto superiore di sanità. Dal 29 dicembre al 3 febbraio scorsi, la fascia di popolazione in cui si è registrata la maggior incidenza di casi di Covid-19 è stata quella tra gli zero e i 9 anni (più 35,27 per cento): nido, scuola dell’infanzia, una parte delle elementari.
Com’è potuto accadere? Certamente non si tratta dell’organizzazione dei trasporti pubblici, a questa età i bambini vengono accompagnati a scuola. Semmai c’è un problema di distanziamento: le classi probabilmente sono ancora troppo affollate e non è semplice impedire il contatto tra piccoli sotto i nove anni. La seconda fascia d’età più colpita è quella tra i 10 e i 19 anni (più 28 per cento). Un dato questo che richiama l’ipotesi della maggior contagiosità della variante inglese di Covid-19 (come spiegato dall’immunologia Antonella Viola) con cui anche Israele – importante laboratorio dell’effetto dei vaccini – sta facendo i conti proprio in questi giorni. Il guaio è che nessuno dei vaccini oggi in fase di somministrazione o di sperimentazione è stato studiato per persone di questa fascia d’età. Non resta che puntare sull’immunità di genitori e nonni e sul distanziamento.