Lo sguardo sull’attualità di Nadine Lindfors, dell’associazione padovana Amici della Russia. L’essere russi, oggi
Lo sguardo sull’attualità di Nadine Lindfors, dell’associazione padovana Amici della Russia. Non è il tempo di isolare la cultura russa, ma di includerla. Studenti e artisti che si sono formati all’estero sono l’arma critica per ribaltare l’autoritarismo di Putin dal di fuori
I dieci giorni che sconvolsero il mondo. Nadine Lindfors prende in prestito il titolo dell’opera del giornalista statunitense John Reed, scritta nel 1919 sugli avvenimenti della Rivoluzione d’ottobre, per descrivere quello che l’Ucraina e il globo intero stanno vivendo da quando Vladimir Putin ha scelto la via dei bombardamenti e dei carri armati.
Nadine è vicepresidente di AmiDeRus, Amici della Russia, associazione padovana nata nel 1999 con l’intento di mettere al centro la cultura come ponte tra i due Paesi: «La musica e l’arte così come lo sport sono strumenti di un linguaggio universale – spiega assieme a Maurizio Marcassa, presidente dell’associazione – Questo è il tempo non di negare la cultura russa, ma di includerla. Perché allontanare gli studenti russi dalle università europee? Perché togliere il corso su Dostoevskij o estromettere giovani musicisti che vogliono partecipare a un concorso? È un po’ una caccia alle streghe: non vorrei esagerare, ma dopo la seconda guerra mondiale essere definito “tedesco” era un’offesa, si ripudiava anche la lingua tedesca. Non è giusto essere tagliati fuori dalla società internazionale solo perché si è russi, anzi sono proprio quelli che si formano e si istruiscono fuori dai confini nazionali a poter ribaltare il regime autoritario e cambiare il Paese dal di fuori con la loro posizione critica».
Nadine è in Italia da 26 anni, è nata a Dubna, città sorta nel 1956 e cuore dell’Istituto unito per la ricerca nucleare, centro internazionale gestito congiuntamente da diciotto stati. Da sempre si respira una proficua aria di scambi di sapere. Suo padre ha studiato all’Università di Mosca, sua madre – di origine estone – ha studiato e vissuto a Kiev, assieme alla sua famiglia. Le estati della sua gioventù le ha passate in Ucraina: «Discendiamo dal popolo slavo, siamo intrecciati, ci sono famiglie russe e ucraine allo stesso tempo. Questo è sì un conflitto fratricida, ma non scatenato da due popoli fratelli: è Putin che sta mandando in guerra i suoi cittadini, ragazzi di appena 18 anni all’inizio del servizio militare. Charkiv, per esempio, è una città russofona che Putin vuole “liberare” eppure i cittadini gridano ai soldati di andare via. E lo fanno parlando proprio in russo».
Le immagini delle proteste che arrivano da Mosca o San Pietroburgo infondono speranza e fiducia nel cuore di Nadine: «Nonostante il lavaggio del cervello per oltre due decenni, i giovani vogliono uscire da questa bolla, leggono, si informano. Certo, io così come i miei connazionali, accettiamo la “colpa” di aver permesso a Putin di arrivare fin qui, ma agli artisti e musicisti russi che girano il mondo dico che non basta dichiararsi a favore della pace, devono scandire la loro contrarietà alla guerra in Ucraina. Quando tu sei fuori dalla politica, è lei che viene da te: ha bussato in ogni casa, sta a noi reagire».
Una collaborazione tra Amici della Russia e la Diocesi
Nel 2005, il Museo diocesano ha accolto gli affreschi del pittore russo Dionisij provenienti dalla cattedrale della Natività della Vergine del Convento Ferapontov nei pressi di Vologda, unico suo lavoro a esser arrivato fino ai nostri tempi.