Libia, "più che triplicati i migranti nei centri di detenzione a Tripoli"

Diretto risultato di cinque giorni di arresti di massa, inclusi donne e bambini". La denuncia di Msf, che  con le sue équipe ha visitato due centri di detenzione dove sono trattenute le persone arrestate: "Dopo la violenza subita, è probabile che in molti abbiano bisogno di cure mediche urgenti"

Libia, "più che triplicati i migranti nei centri di detenzione a Tripoli"

Il numero di migranti e rifugiati trattenuti nei centri di detenzione a Tripoli è drammaticamente più che triplicato negli ultimi cinque giorni”: è la denuncia Medici Senza Frontiere che fornisce cure mediche in tre centri della capitale libica. L’ong si dice “profondamente turbata da questo aumento, un diretto risultato di cinque giorni di arresti di massa di migranti e rifugiati, inclusi donne e bambini, cominciati lo scorso 1° ottobre”. Negli ultimi tre giorni, racconta Msf “almeno 5.000 persone sono state rastrellate intorno a Tripoli dalle forze di sicurezza governative. Secondo i racconti, molte delle persone sono state prese all’interno delle loro abitazioni e sottoposte a gravi violenze fisiche, compresa la violenza sessuale. Secondo le Nazioni Unite, un giovane migrante è stato ucciso e almeno altri cinque hanno riportato ferite da arma da fuoco”.

“Stiamo vedendo le forze di sicurezza adottare misure estreme per detenere arbitrariamente più persone vulnerabili all’interno di strutture gravemente sovraffollate e dalle condizioni disumane”,  afferma Ellen van der Velden, responsabile delle operazioni della ong in Libia. “Intere famiglie che vivono a Tripoli sono state fermate, ammanettate e trasportate in diversi centri di detenzione. C’è chi è stato ferito e chi persino ha perso la vita, mentre diverse famiglie sono state divise e le loro case ridotte in cumuli di macerie”. L’insicurezza causata dai raid non ha permesso a Msf di operare con le cliniche mobili che settimanalmente offrono cure mediche ai migranti e rifugiati vulnerabili in città. I raid hanno anche avuto un impatto sulla capacità delle persone di muoversi liberamente e cercare assistenza medica, anche perché chi è sfuggito all'arresto ha paura di uscire di casa.

“Gli uomini della sicurezza armati e mascherati hanno fatto irruzione nella casa dove vivevo con altre tre persone. - racconta Abdo (nome di fantasia) - Ci hanno legato le mani dietro la schiena e ci hanno trascinato fuori di casa. Abbiamo supplicato per avere almeno il tempo di raccogliere le nostre cose, ma non ci hanno ascoltato. Alcune persone sono state picchiate sulle gambe e hanno riportato fratture. A me hanno colpito alla testa con il calcio di una pistola e ho riportato gravi ferite. Un dottore (in seguito) ha dovuto suturare la ferita. Gli uomini mascherati ci hanno fatto salire a bordo di veicoli e poi ci siamo trovati nel centro di detenzione di Al Mabani (Ghout Sha'al). Sono stato lì per quattro giorni e ho vissuto un periodo molto difficile, vedendo persone indifese che venivano picchiate con le armi. Il quarto giorno sono riuscito a scappare. Sono libero ora. Sono libero".
"Tutte le persone trattenute sono state portate in centri di detenzione governativi e rinchiuse in celle insalubri e gravemente sovraffollate, con poca acqua pulita, cibo o accesso ai servizi igienici. Dopo la violenza subita durante gli arresti, è probabile che in molti abbiano bisogno di cure mediche urgenti", denuncia Msf, che negli ultimi 5 giorni con le sue equipe è riuscita a visitare due centri di detenzione dove sono trattenute le persone arrestate nei recenti raid: Shara Zawiya e Al-Mabani (Ghout Sha'al).

Nel centro di detenzione di Shara Zawiya, che normalmente trattiene 200-250 persone, i team di Msf ne hanno viste più di 550, tra cui donne in gravidanza e bambini appena nati rinchiusi nelle celle. Circa 120 persone erano costrette a dividersi lo stesso bagno, fuori dalle loro celle c’erano secchi pieni di urina. Al momento della distribuzione dei pasti, è scoppiata una grande agitazione, le donne hanno protestato contro le condizioni in cui sono trattenute all’interno del centro.

Nel centro di detenzione di Al-Mabani, "i team di Msf hanno visto le celle così sovraffollate che le persone all’interno erano costrette a stare in piedi. Centinaia di donne e bambini sono trattenuti all’aperto, senza zone d’ombra o ripari. Un membro del team di Msf ha raccolto la testimonianza di alcuni uomini che hanno detto di non mangiare da tre giorni, mentre diverse donne hanno raccontato di ricevere al giorno un unico pasto composto da un pezzo di pane e formaggio. Molti uomini erano in stato di incoscienza e in necessità di ricevere cure mediche urgenti".
Durante la visita, il team di Msf ha visto migranti e rifugiati che cercavano di scappare. "Il gruppo è stato fermato con una violenza inaudita: membri dello staff di Msf hanno sentito colpi di arma da fuoco per due volte di seguito e hanno visto un gruppo di uomini picchiati in modo indiscriminato e poi stipati con forza in alcuni veicoli verso una destinazione sconosciuta".

"In queste condizioni così tese e con dei tempi molto serrati per le visite, - si legge - i team di MSF hanno curato 161 pazienti, tre dei quali per ferite riportate a seguito di violenze. Hanno anche facilitato il trasferimento di 21 pazienti che necessitavano di visite mediche specialistiche presso le cliniche supportate da MSF a Tripoli". MSF è recentemente tornata a fornire cure mediche nei centri di detenzione di Shara Zawiya, Al-Mabani e Abu Salim a Tripoli, dopo quasi tre mesi di sospensione delle attività a causa di ripetuti incidenti di violenza contro migranti e rifugiati trattenuti nelle strutture. La decisione è stato il frutto di un accordo con le autorità libiche, che hanno fornito rassicurazioni sul rispetto di condizioni di base. Dopo quanto successo questa settimana, per MSF queste condizioni non sono state rispettate.

“Invece di aumentare il numero di persone detenute nei centri, bisogna sforzarsi di fermare la detenzione arbitraria e chiudere queste strutture pericolose e inabitabili”, afferma Van der Velden di Msf - Ora più che mai, migranti e rifugiati vivono in una situazione di pericolo e sono intrappolati in Libia senza alternative per fuggire, dato che per la seconda volta quest’anno i voli umanitari sono stati sospesi senza motivo”.

L'ong lancia un appello alle autorità libiche per "fermare gli arresti di massa di migranti e rifugiati vulnerabili e per rilasciare tutte quelle persone trattenute nei centri illegittimamente". E chiede con urgenza alle autorità, con il supporto delle organizzazioni interessate, di "identificare delle alternative sicure e dignitose alla detenzione e permettere la ripresa immediata dell’evacuazione umanitaria e dei voli di reinsediamento fuori dalla Libia".

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)