Lettera del vescovo Claudio ai fedeli della Diocesi di Padova di martedì 3 marzo 2020
Carissimi, lunedì c’è stata una riunione dei vescovi del Veneto, sollecitata anche da me. Eravamo in collegamento con i vescovi dell’Emilia Romagna e della Lombardia. L’obiettivo era di condividere una linea comune per affrontare questa difficile situazione data dal virus, alla luce delle disposizione del Governo italiano.
L’iniziativa nasceva anche dalla speranza di poter riprendere la celebrazione dell’Eucarestia, quella domenicale innanzitutto, cercando insieme tutti i possibili percorsi, consultando esperti e autorità, e di desistere solo di fronte all’evidenza, dopo aver constatato che proprio non ci fossero strade percorribili.
Il confronto ci ha portati a confermare e riconoscere che in certe materie, come quelle legate all’ordine pubblico e alla salute, la competenza non è della Chiesa ma dello Stato e dei suoi organi istituzionali. Grande attenzione è stata posta dunque all’interpretazione del testo del Decreto Ministeriale del 1° marzo 2020 a firma di Giuseppe Conte e Roberto Speranza e condiviso dai governatori di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Il Decreto Ministeriale è quindi vincolante per tutti i cittadini, sia non credenti che credenti di qualsiasi fede.
Il Patriarca, Mons. Francesco Moraglia, ha più volte avuto contatti diretti con le autorità regionali e nazionali, proprio per cercare di ottenere ciò che già aveva dichiarato pubblicamente, e cioè la possibilità di celebrare l’Eucaristia. Nelle ore precedenti all’incontro ha potuto verificare direttamente alla fonte governativa la corretta interpretazione delle parole contenute nel decreto, e noi ne abbiamo avuto testimonianza diretta.
A malincuore abbiamo messo in disparte dubbi e speranze, quelle speranze che il dialogo con qualche amico autorevole aveva alimentato: abbiamo preso atto che non c’erano alternative e che le indicazioni che potevamo offrire alla luce del Decreto Ministeriale erano molto restrittive e dolorose per le nostre comunità e anche per noi. Ci ha accompagnato la percezione, tra l’altro, che l’emergenza non si concluderà in breve tempo.
Dunque nessuna celebrazione di Messe con le nostre comunità, nessuna convocazione “aperta al pubblico”, no funerali pubblici, né battesimi, né matrimoni, né attività formative…
Alle Chiese, che resteranno aperte per la preghiera personale, si può accedere solo in forma privata e in quelle di maggior frequentazione contingentando gli accessi come ai musei.
A noi vescovi è molto dispiaciuto dover prendere atto che non avevamo spazio di manovra!
Immagino a questo punto le reazioni infastidite e perplesse di tanti. Le capisco perché ho provato anch’io fastidio e perplessità. Abbiamo condiviso però alcune considerazioni: qualcuno dei presenti ha ricordato che la nostra fede, anche con i suoi tesori più preziosi che intendiamo sempre custodire, si pone al servizio della vita e quindi anche della salute, e non è contro la scienza; altri che siamo parte di un territorio di cui dobbiamo rispettare l’organizzazione e che viviamo in relazione con Istituzioni pubbliche e politiche verso le quali liberamente la Chiesa vuole essere leale e onesta collaboratrice; altri che siamo parte di una comunità ecclesiale più ampia della singola parrocchia o del singolo movimento e che si configura come diocesi, come conferenza regionale, come conferenza Italiana.
Alla luce di queste considerazioni ho quindi obbedito a questa “ora”, a queste circostanze e ho sottoscritto con gli altri vescovi, e con il loro sostegno, le indicazioni che sono state immediatamente pubblicate e che avete già visto. Vi chiedo pertanto di cercare di capire il senso e le motivazioni e di obbedire, come ho fatto io stesso, alle linee offerte dalla Chiesa. Chi si discosta dalle indicazioni in modo autonomo, non solo va contro una norma dello Stato, esponendosi a sanzioni, ma mette anche in difficoltà i confratelli, perché si creano differenze tra fedeli (ad esempio per i funerali), che disorientano.
Nell’omelia della prima domenica di Quaresima, che potete trovare estrapolata sul sito diocesano, ho cercato di offrire qualche pista di riflessione adatta per interpretare spiritualmente questa “particolare” situazione, perché diventi occasione di meditazione e approfondimento e momento di grazia.
Sono certo, infatti, che il Signore sa volgere al bene anche questa nostra forma non cercata di penitenza: è un tempo di quaresima, di deserto: tempo in cui il Signore parla.
Il Signore ci accompagni e ci benedica, faccia splendere il suo volto su di noi e ci doni la sua pace.
+ Claudio Cipolla, vescovo
Padova, 3 marzo 2020