Lavoro domestico: forte crescita durante la pandemia, ma il 57% è irregolare
Quasi 4,5 milioni di persone coinvolte, contributo al Pil per oltre 16 miliardi: il 68,8% sono stranieri, soprattutto dall'Est Europa. L'87% è donna. La fotografia del settore nel III Rapporto Domina sul lavoro domestico, che verrà presentato al Senato venerdì 8 aprile
Oltre 2 milioni di lavoratori domestici, più della metà (57%) in nero: è la fotografia del settore, scattata nel III Rapporto Domina sul lavoro domestico, che verrà presentato al Senato venerdì 8 aprile. Il 68,8% dei lavoratori domestici sono stranieri, soprattutto dell’Est Europa, e per lo più si tratta di donne (87,6%), nonostante l’aumento della componente maschile e di quella italiana. Il lavoro domestico rimane il settore con la maggiore presenza di “lavoro nero”, ben al di sopra, con il suo 57%, rispetto alla media di tutti i settori (12,6%). Ciò significa che i 920 mila lavoratori registrati all’Inps rappresentano meno della metà del totale, che supera dunque 2,1 milioni.
Assunzioni in aumento e sanatoria
I datori di lavoro nel 2020 sono oltre 992 mila (108 ogni 100 lavoratori), in aumento rispetto all’anno precedente (+8,5%). Considerando la componente irregolare, si stimano 2,3 milioni di datori di lavoro domestico totali. Le donne sono il 57,1% dei datori di lavoro. Le principali classi d’età sono quella sotto i 60 anni (31,5%) e quella sopra gli 80 (35,9%). Nel 2020 le assunzioni hanno superato i licenziamenti di quasi 124 mila unità, mentre l’anno precedente il saldo era pari solo a 15 mila. In particolare, i picchi delle assunzioni sono avvenuti nel mese di marzo (primo “lockdown”) e nei mesi di ottobre e novembre (nuove restrizioni anti-Covid e primi effetti della regolarizzazione dei lavoratori stranieri). Le restrizioni dovute alla pandemia hanno influito sulle scelte delle famiglie, che hanno preferito avviare nuovi contratti di lavoro per avere la certezza della presenza del lavoratore. A questo si è aggiunta la “sanatoria” (inserita nel decreto “Rilancio” 34/2020), che in un anno ha già prodotto 125 mila emersioni.
L’impatto economico e fiscale
Per la gestione dei lavoratori domestici, le famiglie italiane nel 2020 hanno speso un volume complessivo di 14,9 miliardi. L’impegno dei datori di lavoro domestico si traduce inevitabilmente in un risparmio per le casse pubbliche, rendendo di fatto le famiglie veri e propri attori di welfare. Il risparmio per lo Stato si può quantificare in 11,6 miliardi (0,7% del Pil), pari a quanto lo Stato dovrebbe spendere se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in struttura. Il contributo del lavoro domestico al Pil nel 2020 è pari a 16,2 miliardi (dati Istat sul Valore Aggiunto). Nel 2020, causa Covid, si è registrato un brusco calo sia del Pil totale che di quello del lavoro domestico. Tra i datori di lavoro, oltre un terzo si concentra in Lombardia e nel Lazio (complessivamente il 34,7%). Nell’ultimo anno, in tutte le regioni italiane si è registrato un aumento del numero di datori di lavoro domestico. L’incremento varia tra il +3,1% del Lazio ed il +21,0% della Basilicata, mentre la media nazionale si attesta a +8,5%.
Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di Domina, “il Rapporto annuale offre dati e analisi fondamentali per elaborare e valutare le politiche a sostegno delle famiglie. In questo senso, la piattaforma programmatica delle parti sociali rappresenta il cuore delle istanze del settore al decisore politico, allo scopo di colmare le disparità con gli altri settori. Ad esempio, la malattia dei lavoratori domestici è oggi completamente a carico delle famiglie (72 milioni spesi nel 2020). O, ancora, l’incidenza di donne in maternità nel lavoro domestico (0,8%) è molto inferiore rispetto agli altri settori (3,9%), a causa di requisiti molto rigidi. Le proposte della piattaforma, condivise tra gli attori firmatari del Ccnl, vengono quantificate da Domina in termini di impatto economico e fiscale, nella consapevolezza che le misure a sostegno delle famiglie vanno a migliorare il benessere di tutta la collettività.
Chiara Ludovisi