La pioggia è sì arrivata ma l’acqua resta un problema
Ci risiamo: come un anno fa, peggio di un anno fa. I giorni di pioggia tanto attesi e arrivati la scorsa settimana, dopo mesi di quasi totale siccità, non hanno modificato nella sostanza l’urgenza di risolvere il problema acqua per le campagne padane, che da qualche anno si ripropone puntualmente, acuito quest’inverno dalla poca neve scesa sulle Alpi.
La mancanza di precipitazioni – poche anche in autunno – ha messo a dura prova l’agricoltura in un periodo in cui le semine e le prime gemme richiedono la giusta dose di acqua. Preoccupano soprattutto le portate dei fiumi nostrani, sempre più asfittici causa la scarsità di neve e sui quali pende la normativa europea del “deflusso ecologico”, che vorrebbe una portata minima garantita che va a cocciare contro le esigenze dell’irrigazione; e preoccupano i bacini, troppo pochi e sempre meno adeguati alle esigenze. Problemi che in questo periodo si sommano alle conseguenze di ”flagelli” come il Covid, il rincaro delle materie prime e dell’energia, la guerra e altri ancora. Stando ai dati Arpav, lo scorso mese di febbraio nel padovano erano caduti in media 29 millimetri d’acqua contro i 61,8 del periodo 1994- 2021. La stazione di rilevamento del fiume Adige a Boara Pisani è arrivata a rilevare una portata di un quarto inferiore rispetto alla media storica mensile. Tuttavia, come precisa il presidente di Anbi Veneto, Francesco Cazzaro, «questa è una crisi che parte dall’alto, dai depositi nivali in montagna, e scende in profondità, con le falde acquifere. Ovunque si registra una situazione di penuria d’acqua. Senza nuovi invasi è impossibile immagazzinare acqua. Le numerose cave di ghiaia dismesse potrebbero costituire bacini d’invaso ottimali». «Gli imprenditori agricoli, soprattutto quelli i cui terreni sono vocati a seminativo – sottolinea poi il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini – sono estremamente preoccupati. Chiediamo un intervento immediato. Il Pnrr rimane un’opportunità irripetibile per una reale ripartenza; non possiamo sprecare né tempo, né denaro». È proprio in questi mesi che le coltivazioni seminate in autunno come orzo, frumento e loietto (graminacea per il foraggio animale) iniziano infatti la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa dalla siccità, di norma attenuata dalle cosiddette irrigazioni di soccorso. In queste settimane sono partite anche le lavorazioni per la semina di mais, girasole e soia, rese più complesse dai terreni aridi e duri. «In provincia, in tutto l’inverno – rivela anche Coldiretti Padova – i giorni di pioggia si sono contati sulle dita di una mano. L’acqua di questi giorni è stata insufficiente ma salvifica, consente ai produttori di cereali come grano e orzo di tirare un sospiro di sollievo, soprattutto per chi non ha potuto avere accesso all’irrigazione di soccorso, e a chi ha seminato mais e barbabietole in queste settimane di avere la garanzia della nascita delle piantine. Ma poi ne servirà presto dell’altra...». La siccità nella pianura padana può minacciare anche un terzo della produzione agricola, e proprio nel momento in cui il maltempo dello scorso autunno in Canada, e di recente la guerra in Ucraina, hanno sottratto al mercato europeo grandi quantità di prodotto e l’agricoltura italiana è chiamata a produrre di più per ridurre la dipendenza dall’estero: non a caso l’Ue ha autorizzato la semina di produzioni aggiuntive di mais per gli allevamenti e di grano duro e tenero per pasta e pane.
Utilizzare le cave dismesse
Il clima che cambia acuisce l’urgenza di trattenere acqua anche per l’irrigazione. «Le numerose cave di ghiaia dismesse che si trovano nella media pianura – spiega Francesco Cazzaro, presidente di Anbi Veneto – potrebbero costituire bacini d’invaso ottimali. Il problema è trovare un accordo con i proprietari per il loro riutilizzo».