La crisi dei ruoli. Una delle prove più difficili della genitorialità è rappresentata dall'identificazione con il ruolo
I ruoli conferiscono autorevolezza a chi li riveste, la mancanza di ruoli genera aggressività.
“Figli si nasce, genitori no”. Vero, verissimo.
Soprattutto s’impara sul campo, giorno per giorno, e spesso commettendo degli errori. Siamo poi a corto di modelli efficaci, ovvero: i modelli ci sono ma per molti aspetti risultano anacronistici. La pervasiva rivoluzione tecnologica, l’imbarbarimento sociale e crisi etica hanno determinato il cortocircuito di molti insegnamenti del passato, che pur conservando coerenza e fondatezza hanno bisogno di essere rivisitati alla luce dei tempi.
Una delle prove più difficili della genitorialità è rappresentata dall’identificazione con il ruolo: padri e madri fanno fatica ad assumere il proprio ruolo all’interno del nucleo familiare. I motivi sono molteplici, per lo più legati alla profonda e repentina trasformazione della struttura familiare. Il modello familiare è diventato complesso, multiforme, e anche gli stili di vita si sono moltiplicati. I teorici dell’educazione affermano che negli ultimi anni abbiamo assistito a una “orizzontalizzazione” delle relazioni. Tra genitori e figli i rapporti sono divenuti sempre più paritari, anche a causa della diffusione di un certo giovanilismo regressivo tra gli adulti educatori. Il famoso fenomeno dell’adultescenza che ha portato molti adulti a conservare nel proprio comportamento degli aspetti adolescenziali, anche una volta divenuti genitori.
L’impostazione simmetrica delle relazioni tra le generazioni ha investito molti ambienti, primo fra tutti quello della scuola. Si è venuto così ad alterare un equilibrio consolidato, nonostante i suoi limiti, e si fatica a trovare una valida alternativa. La crisi dell’impostazione gerarchica della società nasce da una visione male impostata che ravvisa nella differenziazioni dei ruoli una conflittualità. I ruoli, e quindi le gerarchie, all’interno degli istituti educativi non si instaurano per motivi di “potere”, semplicemente permettono alle giovani generazioni di sperimentare sé stessi in ambienti dove ci siano dei riferimenti e in maniera protetta. La protezione è sana e produttiva in un ambiente equilibrato, si trasforma rapidamente in “assistenzialismo” o nel suo opposto, quindi “abbandono”, in situazioni di squilibrio.
I ruoli conferiscono autorevolezza a chi li riveste, la mancanza di ruoli genera aggressività e quindi sfocia in autoritarismo, oppure nel suo opposto ovvero l’anarchia totale.
La crisi dei ruoli all’interno dell’intera società ha prodotto aggressività diffusa. Ci si afferma sugli altri “alzando la voce”, o imponendo sé stessi. La paura di non essere tutelati o semplicemente “percepiti” dall’altro, induce a strepitare e sgomitare.La crisi dei ruoli associata alla crisi dei valori porta anche a un pericoloso svuotamento etico e a un senso di spaesamento, che in certi casi favoriscono anche sindromi depressive. L’impianto attuale del sistema sociale è di natura utilitaristica. La mentalità liberistica non impregna soltanto l’economia, ma è diventata una forma mentis che si ripercuote anche in altri ambiti. Per utilitarismo si intende non soltanto ciò che è finanziariamente vantaggioso, ma proprio ciò che per si rivela “utile” per il singolo individuo. Utile, poi non è vuol dire “benefico” o “proficuo”.
L’utilità è un concetto piuttosto labile e provvisorio, soprattutto produce disgregazione sociale e mina la progettualità del tempo futuro. Qualsiasi tipo di vantaggio individualistico ha un orizzonte temporaneo, non sortisce effetti a lunga gittata.
La crisi del ruolo genitoriale, quindi, è lo specchio di una profonda difficoltà dell’intero sistema. Il percorso educativo chiede una ricostruzione ampia che investa anche il quadro in cui si colloca, dal mondo professionale ed economico alle istituzioni.
Lo sforzo dei singoli resta una goccia nel mare.