L'annuncio in barca. In missione lungo il rio Branco, in Amazzonia: parlano i fidei donum padovani
Non vedevano un prete cattolico da cinque anni gli indios Waimiri Atroari di Xixau. Né don Benedetto Zampieri si era mai spinto così lontano. La grande sfida è creare una relazione stabile, «eppure visitare le singole case, leggere la Parola di Dio, spalanca sempre i cuori».
Non vedevano un prete cattolico da cinque anni gli indios Waimiri Atroari di Xixau. Né don Benedetto Zampieri si era mai spinto così lontano nelle sue missioni lungo il basso rio Branco fino a raggiungere il rio Juaperì a bordo del barco Nossa Senhora de Livramento. Siamo nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, diocesi e stato di Roraima. Per i cinque missionari fidei donum padovani, a cui due anni fa il vescovo Mario Antonio Da Silva ha affidato la parrocchia di Caracaraì (grande tre volte il Veneto con 21 mila abitanti), la visita alle popolazioni riberinhe è sempre una scoperta.
«Ogni comunità è un mondo a sé – racconta con Benedetto – Ad accomunarle c’è la totale dipendenza dal fiume. Sono pescatori, piccoli agricoltori, si spostano su barchette. Riusciamo a incontrare le 15 comunità fluviali che fanno parte della nostra parrocchia un paio di volte l’anno, con le piene tra maggio e ottobre. Si tratta di realtà piccole ed eterogenee per religione o etnia, in cui le tensioni non mancano».
La grande sfida è creare una relazione stabile, «eppure visitare le singole case, leggere la Parola di Dio, spalanca sempre i cuori». Così che emergono storie come quella dell’adolescente Karimi che, solo oggi, sta elaborando un abuso subito nell’infanzia con la complicità della madre.
Tra i riberinhos l’ecumenismo è un fatto: se arriva il prete, per i cattolici è grande festa, altrimenti partecipano senza problemi all’Assemblea de Deus. Le chiese evangeliche sono presenti ovunque e sempre: pastori o famiglie delegate non mancano in nessuna comunità. Occorre stringere un dialogo per il futuro, più semplice lontano dalle cittadine di Caracaraì e Iracema. «Eppure vedere le comunità riunirsi spontaneamente, per la liturgia della Parola la domenica è commovente, dimostrano una fede fortissima» commenta don Luigi Turato.
L’opzione preferenziale per i poveri della Chiesa brasiliana qui oggi si concentra sul turismo ambientalista: facoltosi americani o brasiliani, negli ultimi anni, si spingono lungo i fiumi con barche di lusso, servendosi di grandi imprese organizzatrici. «Le comunità più solide ne fanno una risorsa – spiega don Benedetto – Quelle più deboli rischiano di diventare dipendenti da queste imprese e arrivano narcotraffico, prostituzione minorile, i bimbi spariscono».
Ad agosto anche il vescovo Mario Antonio salirà per la prima volta nella barca parrocchiale e visiterà questa sua gente alla vigilia del Sinodo panamazzonico che si aprirà in Vaticano il 6 ottobre. Sarà un passaggio chiave verso una pastorale più creativa e una presenza più costante della Chiesa cattolica nei villaggi lungo il fiume, come pure nelle comunità rurali o accanto agli indios. «Le istanze emerse di recente nell’Instrumentum laboris del Sinodo sono presenti da anni nel dialogo tra i vescovi del nord del Brasile – spiega don Orazio Zecchin, da molti anni in Brasile, nella missione padovana di Duque de Caxias ora riconsegnata alla Chiesa locale – Ricevere i sacramenti una o due volte l’anno è troppo poco per sentirsi vivi come comunità all’interno della Chiesa. Senza contare che la distanza tra noi e le grandi sfide che queste popolazioni stanno vivendo rischia di ingrandirsi sempre più. Occorre puntare sui laici in una configurazione diversa della Chiesa».
Don Orazio segue le 12 comunità rurali della parrocchia. Anche qui, l’Annuncio si mescola all’impegno per la giustizia. «La pressione dei proprietari terrieri è fortissima: il loro obiettivo è allargare i possedimenti a spese dei piccoli agricoltori. Si tratta di gente violenta, senza scrupoli. Il nostro impegno è unire le persone che subiscono tutto questo e affiancarle nelle azioni di protesta».
A Caracaraì ogni giorno passano anche i profughi venezuelani in fuga dal loro Paese stremato e dalla sovraffollata Boa Vista, capitale del Roraima, dove opera un altro fidei donum padovano, don Lucio Nicoletto, direttore dell’ufficio catechistico diocesano e rettore del seminario. «Molti profughi bussano in parrocchia – dice don Giuseppe Cavallini, giovane sacerdote – Noi li aiutiamo come possiamo nel loro viaggio verso le grandi città del Brasile, mentre agli indios forniamo sostegno per documenti o altre incombenze». Fabiano Brusamento, laico, qui da gennaio, sta stringendo una serie di legami con i nuovi immigrati con cui frequenta il corso di portoghese.
Intanto il Roraima attende di sapere, con il fiato sospeso, se la grande centrale idroelettrica sul Rio Branco si farà. Lo stato dipende dal Venezuela per l’energia elettrica, ma quest’opera manderebbe sott’acqua ampie porzioni di foresta e buona parte di Iracema. Il rischio concreto è lo sconvolgimento climatico di tutta l’area.
Un'alternativa
Don Benedetto Zampieri è anche un punto di riferimento per i 35 uomini che stanno uscendo dalla tossicodipendenza alla Fazenda de esperança nella municipalità di Iracema. La sera spesso visita le “bocche da fumo”, case povere in cui dilaga lo spaccio.
«Entro, mi presento e offro un’alternativa a chi vuole disintossicarsi o uscire dalla fazione criminale. Anche lì respiro grande rispetto per la figura del prete».