Insegnanti sull'orlo di una crisi di nervi: elevato il rischio di burn out
Sono oltre 822 mila gli insegnanti in Italia, hanno 54 anni di media e il 13,5% è precario. Il Presidente Anief Pacifico: “Quella che una volta veniva considerata la professione più bella del mondo oggi non prevede più alcuna stabilità economica e professionale”
ROMA – Il 5 ottobre si celebra, come ogni anno, la Giornata internazionale dell’insegnante. Una ricorrenza che serve a ricordare la sottoscrizione delle Raccomandazioni volute nel 1966 dall’Unesco, la principale struttura di riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale, e che ha come obiettivo fondamentale quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti. A fotografare lo status attuale dell’insegnamento in Italia è l’Anief, che tramite il suo Presidente Marcello Pacifico sottolinea come i docenti si trovino coinvolti in “una situazione nella quale si continua ad entrare di ruolo dopo i 40 anni e ci si ritrova con moltissimi docenti ultrasessantenni, anche a causa delle riforme pensionistiche che non prevedono anticipi per una professione ad alto rischio burnout. Come se non bastasse – prosegue Pacifico, anche dopo la Buona Scuola di Renzi che doveva abbattere la supplentite, i contratti annuali sono cresciuti di 35 mila unità. Poi ci sono gli stipendi ridotti all’osso, le difficoltà a trasferirsi e l’operare in classi sempre più spesso ‘pollaio’”.
I numeri. In Italia, a celebrare la Giornata saranno 822.723 docenti, di cui 141.412 su sostegno. Un numero, quest’ultimo, destinato però a salire, per via della mancata copertura di tutti gli oltre 250 mila alunni disabili iscritti nelle nostre scuole. A causa del decremento di iscritti (circa 75 mila alunni in meno), anche la quantità di insegnanti in organico si è ridotta di 50 mila unità: lo scorso anno, infatti, era pari a 872.268 posti. I numeri ufficiali, fonte Miur, ci dicono anche che vi sono quasi 60 mila posti in organico di fatto: cattedre che il Miur continua artatamente ad assegnare fino al 30 giugno (per motivi di risparmio pubblico sulla pelle degli alunni e del personale) e quindi non utilizzabili per le immissioni in ruolo e i trasferimenti, anche se in modo immotivato perché in realtà risultano prive del docente titolare. Un posto su otto, inoltre, anche quest’anno è andato o andrà a supplenza, considerando gli oltre 130 mila contratti annuali che, a fatica, si stanno stipulando in questi primi giorni dell’anno scolastico.
Il profilo. Ma chi sono gli insegnanti italiani? L’82% sono donne, con punte del 99% alla scuola dell’infanzia e una presenza più equilibrata alle superiori (poco sopra il 60%). L’età media dei nostri docenti è di 54 anni, con sempre più ultrasessantenni e meno under 40. La regione italiana con il numero più alto di insegnanti è la Lombardia, dove si supera abbondantemente quota 100 mila. Sparsi per la Penisola, all’interno degli oltre 8 mila istituti scolastici, quasi 300 mila lavorano nelle scuole secondarie di secondo grado; un po’ meno nella scuola primaria; quasi 200 mila nella scuola secondaria di primo grado; circa 100 mila in quella dell’infanzia che copre la fascia 3 – 6 anni. Per tutti, la professione rimane una di quelle a più alto rischio burnout: oggi più che mai il “lavoro educativo” è un “ambito professionale particolarmente esposto a condizioni stressogene”, soprattutto tra i docenti più giovani e caratterialmente fragili o emotivi. Con il 13,5% nazionale, quella dei docenti italiani è la categoria, in assoluto, con più dipendenti pubblici precari: nell’ultimo triennio, anche dopo la Buona Scuola di Renzi che doveva abbattere la supplentite, i contratti annuali (sottoscritti con scadenza 30 giugno o 31 agosto dell’anno successivo) sono cresciuti di 35 mila unità, passando dai 100.277 dell’anno scolastico 2015/2016 agli attuali 135.025.
“Chi decide di fare l’insegnante in Italia – sottolinea il Presidente Anief - sposa una doppia causa: quella di chi si erge a formatore delle nuove generazioni, missione che si concretizza nello spendersi per l’altro, ma anche quella di chi sa di dovere affrontare un periodo, quasi sempre lungo, durante il quale non vi è alcuna certezza sulla stabilità economica e professionale, reso ancora più amaro dall’innalzamento progressivo dei requisiti per accedere alla pensione che riducono fortemente il turn over, e da norme assurde, come l’aumento del numero di alunni per classe, l’introduzione degli algoritmi ‘impazziti’ che spostano gli insegnanti come se fossero delle pedine, e dell’accavallarsi di nuovi modelli di reclutamento che continuano ad aggirare l’unica vera soluzione da introdurre per cancellare il precariato scolastico, ovvero la riapertura delle GaE. Per non parlare – conclude Pacifico - della trovata della Legge 107/2015 che li ha anche privati della scuola di titolarità, costringendoli, con quelli di ruolo perdenti posto, a stare con la valigia sempre pronta. Oppure della contrarietà crescente dell’amministrazione a farli spostare di sede, andando pure contro la Costituzione e il diritto di famiglia, e ora anche con la prospettiva di rimanere fermi per legge diversi anni. È in questa cornice che i nostri 822 mila insegnanti lavorano, pur di svolgere la professione che una volta veniva dipinta come la bella del mondo”.