Incontro vescovi e sindaci del Mediterraneo. Pizzaballa: “Alleanza con autorità civili per azioni comuni sul terreno della cittadinanza”
Dopo Bari (2020) i vescovi delle Chiese che si affacciano sul Mediterraneo si ritrovano a Firenze. Sessanta delegati provenienti da 20 Paesi bagnati dal Mare Nostrum parleranno della vita delle comunità cristiane all’interno delle città con un occhio attento al tema della cittadinanza, parola chiave di questa seconda edizione di “Mediterraneo frontiera di pace”. Tra i partecipanti anche il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, sotto la cui giurisdizione pastorale ricadono Israele, Palestina, Giordania e Cipro. Il Sir ha raccolto la sua testimonianza
Due anni dopo l’incontro di Bari (2020) l’impegno delle Chiese che si affacciano sul Mediterraneo non è venuto meno e a Firenze si tornerà a dialogare per costruire la pace in un’area strategica per il mondo intero. Sessanta delegati provenienti da 20 Paesi bagnati dal Mare Nostrum si ritroveranno nel capoluogo toscano (23-27 febbraio) con l’obiettivo di parlare della vita delle comunità cristiane all’interno delle città con un occhio attento al tema della cittadinanza, parola chiave di questa seconda edizione di “Mediterraneo frontiera di pace”.
Tra i partecipanti anche Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che al Sir ricorda che “il Mediterraneo è il luogo dove si concentra almeno un quarto della ricchezza del mondo e uno dei crocevia delle migrazioni umane. Si tratta di un punto nevralgico per le questioni politiche e religiose che interesseranno il mondo nel prossimo futuro”. La costruzione di percorsi di integrazione e di fratellanza, perciò, è quanto mai urgente.
“Quello che accade nel Mediterraneo, come migrazioni, tensioni, negazione di diritti non è la causa ma l’effetto di tali problemi. Le cause vanno ricercate nelle situazioni interne dei Paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Se non si affrontano prima problemi seri come la povertà sarà impossibile risolvere le situazioni nel Mediterraneo”.
Cittadinanza. Cittadinanza sarà una delle parole chiave dell’incontro di Firenze, ed è, avverte il patriarca latino, “un tema non nuovo nella riflessione della Chiesa. Basti citare l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi dell’ottobre del 2010”. “Durante i lavori – ricorda Pizzaballa – si parlò molto di cittadinanza. Papa Benedetto XVI, allora, propose l’idea di una laicità positiva e i padri sinodali risposero che quella idea non poteva funzionare in Medio Oriente e in Nord Africa e che sarebbe stato meglio parlare di cittadinanza. Da allora non è cambiato molto, anzi: abbiamo avuto diverse guerre, l’Isis e una serie di tensioni mai sopite”. Per il patriarca “non si può parlare di cittadinanza nella sponda Sud del Mediterraneo con gli stessi criteri di quella Nord perché siamo in presenza di culture profondamente diverse. Con il termine ‘cittadinanza’ si intende parità di diritti, rispetto delle minoranze, separazione tra la sfera religiosa e civile. Sono temi – è bene ricordarlo – che non riguardano solo i cristiani ma le persone di tutte le fedi”.
Fare sintesi. “Durante l’incontro ascolteremo, a riguardo, le testimonianze di vescovi di Paesi dove la cittadinanza è ancora lungi dall’essere raggiunta. Io credo che su questo punto a Firenze si dovrà arrivare ad una sintesi, ad una convergenza, così da fare pressione sulla comunità internazionale. Non risolveremo certo i problemi ma la condivisione e l’alleanza con autorità civili come i sindaci – che hanno un legame concreto con il territorio – potrà aiutare a sviluppare un coordinamento e linee comuni di azione sul terreno della cittadinanza”. “Le religioni da sole non possono risolvere i problemi” ribadisce Pizzaballa per il quale “la società civile è fatta di pensiero religioso, sociale, economico, culturale, politico. Punti sui quali bisogna avere convergenze soprattutto in Medio Oriente, dove le religioni hanno un forte peso nella definizione delle identità e nella formazione della cultura”. C’è poi il tema della memoria. L’esempio portato dal patriarca latino – ripetuto anche nei giorni scorsi in una conferenza a Milano – è quello del “nostro rapporto con le altre comunità religiose non cristiane: quanto è difficile ancora oggi essere in una relazione serena con ebraismo e islam!”.
“Finché da parte di tutti non vi sarà una purificazione della comune memoria, fino a che non ci sarà un reciproco riconoscimento del male reciprocamente commesso e subìto, fino a che, insomma, non vi sarà una rilettura delle proprie relazioni storiche, le ferite del passato continueranno ad essere un bagaglio da portare sulle proprie spalle e un criterio di lettura delle relazioni reciproche”.
“In Terra Santa ancora oggi, ad esempio, ben pochi sono coscienti del cammino fatto dalla Chiesa rispetto ad ebraismo e islam, e spesso per la gente restiamo quelli delle crociate o delle persecuzioni, delle inquisizioni. Il dialogo interreligioso può aiutare a sciogliere anche questi nodi e a dare prospettive di cui c’è estremo bisogno ma per le quali occorre un tempo lungo”.
Dare continuità. “L’importanza di eventi come quelli di Bari e di Firenze – conclude il Patriarca latino – sta proprio nel creare opinione e fornire occasioni di incontro con chi non vediamo mai. Perché non restino fine a se stessi è necessario dare loro continuità. Ma serve prima capire la direzione da seguire e cosa concretamente possiamo fare. A riguardo penso potrebbe essere utile un ‘collegamento’ per promuovere una maggiore comunicazione tra noi vescovi”.