In sala “Le assaggiatrici” di Silvio Soldini, su Netflix la miniserie “Adolescence”
Due titoli da non perdere. Anzitutto al cinema l’adattamento del romanzo di Rossella Postorino “Le assaggiatrici” per la regia di Silvio Soldini, con Cristina Comencini tra le autrici del copione. È il racconto di un gruppo di donne tedesche scelte dalle SS per assaggiare i pasti di Adolf Hitler. Protagonista l’ottima Elisa Schlott. Su Netflix la miniserie britannica di cui tutti parlano: “Adolescence”, ideata dallo sceneggiatore Jack Thorne e dall’attore Stephen Graham. Un giallo-poliziesco che si muove sul terreno del family drama. Una serie densa e sfidante. Con gli intensi Stephen Graham, Christine Tremarco e Owen Cooper

Due titoli da non perdere. Anzitutto al cinema l’adattamento del romanzo di Rossella Postorino “Le assaggiatrici” per la regia di Silvio Soldini, con Cristina Comencini tra le autrici del copione. È il racconto di un gruppo di donne tedesche scelte dalle SS per assaggiare i pasti di Adolf Hitler. Si nutrono di cibi prelibati rischiando ogni giorno la vita: tra la paura dell’avvelenamento e il desiderio di lasciar correre sentimenti in territori proibiti. Un film che esplora con coraggio la vertigine del male. Protagonista l’ottima Elisa Schlott. Su Netflix la miniserie britannica di cui tutti parlano: “Adolescence”, ideata dallo sceneggiatore Jack Thorne e dall’attore Stephen Graham. Un giallo-poliziesco che si muove sul terreno del family drama. È la caduta nello smarrimento e nel dolore di una famiglia inglese davanti all’arresto del figlio tredicenne accusato di omicidio. Un viaggio non tanto tra i tornanti della giustizia, quanto nell’animo di adolescenti e genitori in un rapporto dove sembrano saltati dialogo e comprensione, lasciando posto solo a disperanti interrogativi esistenziali. Una serie densa e sfidante. Con gli intensi Stephen Graham, Christine Tremarco e Owen Cooper.
“Le assaggiatrici” (Cinema, 27.03)
“Cuore del film: il gruppo di donne costrette in una stanza intorno a una tavola apparecchiata. Lì, nella sala assaggi e nel cortile durante l’attesa tra due pasti, Rosa e le altre vivono emozioni e sentimenti di ogni genere, iniziando dalla paura, dalla rabbia, per arrivare a stringere amicizie, complicità, o a tradirsi”. Così il regista Silvio Soldini nel descrivere il suo nuovo film “Le assaggiatrici”, che prende le mosse dal romanzo omonimo di Rossella Postorino, Premio Campiello 2018.La scrittrice si è ispirata alla vicenda vera resa nota nel 2012 dall’unica superstite, Margot Wölk.Il percorso dal romanzo allo schermo ha richiesto alcuni anni. A firmare il soggetto è Cristina Comencini insieme a Giulia Calenda e Ilaria Macchia. Prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi, in una cordata tra Italia, Belgio e Svizzera, “Le assaggiatrici” si avvale di un cast internazionale, prevalentemente tedesco, a cominciare da Elisa Schlott, Max Riemelt e Alma Hasun. In anteprima al Bari International Film & Tv Festival, il film è nelle sale con Vision Distribution.
La storia. Germania 1943. Rosa è una ventenne in fuga da Berlino, che si rifugia in un piccolo paese sul confine orientale dove vivono i genitori del marito, da lungo tempo al fronte. Poco dopo il suo arrivo, Rosa viene prelevata dalle SS e condotta in un presidio militare: lì scopre che è stata scelta, insieme ad altre giovani donne, come assaggiatrice dei pasti di Adolf Hitler, che si trova nel cuore della foresta, nel quartier generale noto come Tana del Lupo. Rosa e le altre sono spaventate e confuse, ma non hanno scampo: devono mangiare quelle prelibatezze, che potrebbero però contenere veleno. A complicare le cose l’arrivo di uno spietato gerarca, il nuovo comandante delle SS Albert Ziegler, che rimane colpito da Rosa…
Il regista milanese Silvio Soldini, apprezzato autore di commedie e drammi sociali come “Pane e tulipani” (2000), “Giorni e nuvole” (2007) e “Il colore nascosto delle cose” (2017), governa un copione potente, che esplora il mondo femminile sul finire della Seconda guerra mondiale. L’autore pedina Rosa e le altre che ogni giorno, controvoglia, sono “invitate” a mangiare piatti succulenti; il loro incedere, però, è come quello delle condannate a morte.
Ogni giorno, ogni colpo di cucchiaio, si chiedono se troveranno o meno il veleno sciolto nei pasti.
All’apparenza sembrano delle privilegiate, che possono nutrirsi adeguatamente, in un momento in cui anche i tedeschi sperimentano il razionamento delle provviste a favore di Hitler, chiuso nella sua bolla di ossessioni e paure.
In particolare, Rosa vive più di un conflitto interiore: oltre al senso di impotenza per le vessazioni delle SS, si strugge per il marito costretto al fronte, quel giovane uomo gentile che ha visto arruolarsi poco dopo il matrimonio; a questo si aggiungono pressioni e pulsioni accese dal comandante Ziegler. Rosa sulle prime lo disprezza, lo respinge, poi la solitudine e il senso di impotenza, la fanno vacillare. Viene travolta da desideri e sentimenti, “rea” di voler provare ancora una volta tenerezza e calore umano, in un mondo dove tutto va in pezzi. Ben presto però la brutale realtà torna a bussare alla porta della sua coscienza.
Soldini governa il racconto in maniera asciutta e controllata, mettendosi al servizio di una storia ben scritta e strutturata.
La sua è una “esecuzione” rispettosa, senza troppe licenze o abbellimenti. “Le assaggiatrici” corre agile, su un binario ben congegnato, passando anche fin troppo velocemente su alcune situazioni e temi delicati, spinosi (come un’interruzione di gravidanza), che avrebbero richiesto più prudenza. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Adolescence” (Netflix, 13.03)
È stata rilasciata quasi in sordina su Netflix a metà marzo e in una manciata di giorni è letteralmente esplosa. Parliamo della miniserie britannica “Adolescence” ideata dallo sceneggiatore Jack Thorne (suoi i copioni di “Enola Holmes” e “His Dark Materials”) e dall’attore Stephen Graham (“Peaky Blinders”, “Bodies”). Regista è Philip Barantini, che con Graham ha lavorato in “Boiling Point” (2021), film girato come un unico piano sequenza, scelta di regia utilizzata anche per “Adolescence”.
La miniserie mette a tema, servendosi di una cornice giallo-poliziesca, il cortocircuito comunicativo tra genitori e figli adolescenti, su cui piomba lo sconforto di un dialogo disperso, senza più bussola.
Protagonisti Stephen Graham, Christine Tremarco, Owen Cooper e Amélie Pease.
La storia. Regno Unito, 2024. È mattina presto e la famiglia Miller – i genitori cinquantenni Eddie e Manda, i due figli Lisa, quasi diciottenne, e Jamie, tredicenne – si sta risvegliando. All’improvviso una squadra di poliziotti in assetto da irruzione entra nell’abitazione e arresta Jamie. L’accusa è omicidio: è sospettato di aver ucciso la compagna di scuola Katie…
Due i punti di forza di “Adolescence”. Anzitutto lo stile di racconto, così avvolgente e immersivo, su un binario profondamente realistico. Quasi un pedinamento del reale sulla scorta della lezione neorealista.
La miniserie si compone di quattro episodi di circa un’ora, tutti realizzati come unico piano sequenza:
il primo è giocato sull’arresto di Jamie, nella totale incredulità dei familiari; il secondo segue le indagini tra scuola e commissariato; il terzo è un potente e angosciante dialogo tra Jamie e la psicologa incaricata di tracciarne il profilo; l’ultimo, il più struggente, riguarda Eddie e Manda, che provano a restare a galla nella quotidianità, assaliti da sensi di colpa e domande sul proprio ruolo genitoriale. Il tono del racconto è asciutto, in sottrazione, in una messa in scena realistica, marcata da colori lividi e angoscianti.
Secondo elemento di pregio è il tema, l’impianto narrativo.
La miniserie decolla come un crime, con dinamiche da poliziesco, ma ben preso si palesa come un investigativo dell’anima:
sul banco degli imputati non c’è solo Jamie, che deve chiarire la sua posizione; ci sono (soprattutto) i suoi genitori, lacerati da quesiti affilati. Dove hanno sbagliato? Perché la primogenita è cresciuta giudiziosa, mentre lui li ha condotti in tale baratro? Come capire quando media e social da opportunità comunicativa diventano inganno e occasione di degenerazione?
“Adolescence” mette a fuoco la stagione più delicata della crescita, il passaggio dalla preadolescenza all’adolescenza;
un territorio spesso sconosciuto ai genitori, che non riescono a cogliere tutto quel vortice di fragilità e rischi cui sono esposti i ragazzi, soprattutto nella vita onlife, tra realtà e dimensione digitale.
La serie scoperchia il vaso di pandora di un tredicenne, all’apparenza timido e dai lineamenti puliti; un ragazzo che però sui social si lascia contaminare da cyberbullismo e sottocultura “incel” (pericoloso mix di introversione, misoginia e violenza).
Con grande tensione e abilità narrativa, “Adolescence” fotografa tutte queste crepe nella struttura familiare. Un racconto duro, senza filtri, non poco claustrofobico, che conquista per qualità e stile del racconto e densità della storia. Uno specchio deformante, o “semplicemente” riflettente, di una condizione sociale da non sottovalutare. Miniserie complessa, problematica, per dibattiti.