Il Covid non deve contagiare i sogni. L'emergenza sanitaria tiene banco e il timore del contagio condiziona l'intero assetto della vita scolastica
La criticità del momento storico, può diventare una opportunità di crescita non solo per i ragazzi ma per tutti noi.
Che emozione essere di nuovo fra i banchi di scuola dopo questi difficili mesi!
I ragazzi sono tornati con trepidazione ed entusiasmo, contenti di poter condividere le proprie giornate con i ritrovati compagni di classe. Forte anche l’attesa delle famiglie, che nelle settimane trascorse invocavano il contributo fondamentale degli insegnanti e del personale scolastico per poter dare respiro al percorso formativo dei propri figli e anche per poter avere un aiuto concreto nella ripresa della propria attività professionale.
I giorni che hanno preceduto il suono gioioso della campanella sono stati densi di impegni per chi lavora nella scuola. Le criticità sono state tantissime: gli spazi, gli arredi, i gruppi di apprendimento, la sanificazione o igienizzazione dei locali, gli orari complicati e scaglionati, le assenze dei docenti, la riorganizzazione del personale e poi, certo, anche la didattica.
La verità, però, è che l’emergenza sanitaria tiene banco e il timore del contagio condiziona l’intero assetto della vita scolastica. Il rischio è perdere di vista la questione pedagogica e la progettazione educativa.
Poi, al di là della gioia di tornare e anche dei momenti di incoscienza vissuti fuori dai perimetri degli edifici scolastici dai nostri studenti, c’è anche l’aspetto emotivo da non sottovalutare. “I ragazzi si assembrano troppo…”, si sente spesso tuonare da più voci. Ed è vero. I nostri giovani manifestano continuamente il bisogno di abbracciarsi, starsi accanto e baciarsi.
Dovremmo esserne contenti, purtroppo invece siamo costretti a stigmatizzare questi comportamenti, che poi in un certo senso fraintendiamo anche. Hanno paura pure loro e sono preoccupati, ma rispetto alle regole sono immaturi e anche un po’ disorientati (anche i più rispettosi). Ci stupiamo rispetto ad alcuni atteggiamenti, ma in realtà anche l’emergenza Covid evidenzia lo stampo assistenziale che abbiamo dato all’educazione negli ultimi anni. Senza nessuno che dica loro come distribuirsi nei cortili o sui marciapiedi in attesa dell’apertura dei cancelli, i ragazzi non sembrano essere in grado di gestirsi. Conoscono i rischi e le indicazioni, ma all’atto pratico sono manchevoli e superficiali.
Oltre a tuonare e redarguire, credo che da educatori siamo chiamati all’ennesima riflessione e forse a dare anche un contributo più incisivo rispetto al recente passato.
Cerchiamo di fare in modo di passare, assieme alle regole, anche il senso di quello che stiamo facendo! Potrebbe sembrare scontato, ma così non è. Siamo tutti un po’ in balìa delle procedure e dei protocolli. L’ansia ci stordisce in alcuni momenti. La scuola, però, non è un insieme di procedure ben applicate. La scuola è il posto dove impariamo a capire le cose e anche noi stessi.
Al mattino i nostri ragazzi sfilano in catena di montaggio e si sottopongono ai riti di entrata: igienizzazione delle mani, cambio mascherina e misurazione della temperatura.
Hanno gli occhi sgranati, pasticciano mentre inseriscono le mascherine personali nelle bustine di plastica e per darsi un tono ammiccano con i compagni, lanciano battute frivole. Ma la preoccupazione c’è. Il momento della misurazione della temperatura è quello in cui si fanno muti e immobili: si percepisce il timore di oltrepassare la fatidica soglia dei 37.5 gradi e di essere additati come presunti “positivi”.
Alla gestione delle procedure bisognerebbe riuscire a dare un respiro educativo e non soltanto sanitario, ma non è affatto facile.
Le sfide che si profilano sono molteplici. E’ necessario sforzarsi di sollevare la testa dal contingente per non perdere la rotta, al di là delle pratiche quotidiane. La criticità del momento storico, può diventare una opportunità di crescita non solo per i ragazzi ma per tutti noi.
La scuola è prima di tutto speranza concreta di un futuro migliore, non permettiamo al Covid di contagiare anche i nostri sogni.