I vent’anni dell’euro: edificio incompiuto ma già simbolo dell’Ue
A Strasburgo si celebrano due decenni della moneta unica, varata nel 1999 come strumento contabile ed entrata nelle tasche dei cittadini tre anni più tardi. Oggi circola in 19 Stati, utilizzata da 340 milioni di cittadini. Pregi e difetti di un sogno comunitario, che rafforza il mercato unico ma che difetta di governance. Le parole di Draghi, Juncker, Tajani e Centeno
Euro, croce e delizia dell’integrazione continentale. Simbolo – poco poetico ma efficace – del mercato unico e dell’avvicinarsi reciproco tra economie e popoli europei. Quegli stessi popoli – 340 milioni di cittadini di 19 Paesi – che utilizzano la valuta comunitaria nella vita di ogni giorno per acquistare il pane, per fare un bonifico, per prenotare un albergo, leggendone le cifre sulle buste paga o sugli assegni pensionistici. Euro che per gli euroscettici rappresenta un totem da abbattere, metafora di un’Europa che cresce in unità, valicando i confini nazionali.
Edificio incompleto. “Oggi celebriamo l’anniversario dei 20 anni della nostra moneta. L’euro è la seconda moneta più importante al mondo” e “secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro, tre europei su quattro danno un giudizio positivo sull’euro”. Lo ha affermato martedì 15 gennaio a Strasburgo Antonio Tajani nel corso della celebrazione, nell’emiciclo del Parlamento Ue, dei due decenni di circolazione della valuta Ue. “L’euro ha reso più trasparente e competitivo il nostro mercato interno, facilitando le transazioni, gli spostamenti, il commercio, il turismo”, ha osservato Tajani. “Durante la crisi economica, anche grazie al Quantitative Easing deciso dalla Bce, la moneta comune ha svolto una funzione di scudo, evitando il collasso delle economie più deboli”.
Tuttavia – qui arrivano i punti dolenti che certo non mancano – “la crisi ha evidenziato l’incompletezza dell’edificio dell’euro e alcuni errori compiuti nella gestione del problema dei debiti sovrani”.
Il presidente dell’Assemblea resta “convinto della bontà del progetto-euro”; la moneta dell’Unione deve però “essere uno strumento per realizzare un’economia sociale di mercato, con l’obiettivo di portare prosperità e lavoro a tutti cittadini. È, dunque, imperativo finire l’edifico che abbiamo cominciato a costruire”.
Un motore di crescita. Per funzionare al meglio, l’euro manca infatti di una vera governance economica e finanziaria, di una unione bancaria, di una politica fiscale condivisa. Insomma, l’euro è un progetto realizzato a metà o, secondo gli eurottimisti, è un progetto in fase di realizzazione. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, secondo i punti di vista… Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, offre la sua chiave di lettura: “L’euro è la rappresentazione più tangibile dell’integrazione europea che i nostri cittadini incontrano quotidianamente. È giusto, quindi, celebrare questo anniversario”. Per il banchiere centrale, che si lascia andare a qualche valutazione politica, “garantire prosperità economica e stabilità a lungo termine è una sfida condivisa che è meglio affrontare collettivamente. Siamo più forti insieme”. Aggiunge: “Con il mercato unico abbiamo un potente motore di crescita per sostenere i nostri standard di vita. L’euro ha salvaguardato l’integrità del mercato unico. Oggi, le nostre economie sono integrate a un punto che non era immaginabile quando l’euro fu progettato”. Oggi la maggior parte delle sfide “sono globali e possono essere affrontate solo insieme”. Insieme, dunque, è ancora una volta la parola-chiave.
Lavoro da completare. Ma anche Draghi non trascura le difficoltà: “In alcuni Paesi non tutti i benefici dell’euro sono stati pienamente realizzati. In parte, questo è dovuto al fatto che sono necessarie riforme a livello nazionale, e lo sarebbero in ogni sistema monetario, per produrre una crescita sostenibile; in parte, perché l’unione economica e monetaria rimane incompleta. Il nostro dovere è quello di portare a compimento ciò che è stato avviato due decenni fa”.
“Poco solidali coi greci”. Pungente, come sempre, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker: dapprima sottolinea il valore della moneta unica, poi rimarca alcuni punti deboli in questo percorso: l’incompleta convergenza economica dei Paesi della zona euro, la mancanza di una governance efficace per l’Uem, la carente convergenza sociale a garanzia dei diritti delle persone, dei lavoratori, delle famiglie. Quindi da parte di Juncker arriva un esame di coscienza a voce alta: durante gli anni della crisi è stato posto con eccesso l’accento sul rigore e sull’austerità e, più ancora, “non siamo stati sufficientemente solidali con la Grecia e con i greci”. “Ora mi rallegro di constatare che la Grecia, il Portogallo e altri Paesi” segnati dalla crisi, abbiano “ritrovato se non un posto al sole, un posto tra le antiche democrazie europee”.
Architettura difettosa. Il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, dapprima afferma che “l’euro è ormai uno dei simboli dell’identità europea”. “Circola in 19 Paesi, avvicinandone le economie. Inoltre la moneta unica rafforza la presenza dell’Ue sulla scena internazionale”. Da economista punta l’indice su “alcuni difetti dell’architettura-euro”, che proprio l’Eurogruppo deve aiutare a superare, “accrescendo la resilienza dell’euro, così da portare benefici concreti alle nostre economie, ai sistemi produttivi e ai cittadini europei”.