“Guidare i giovani verso un’avventura conoscitiva”. Che rapporto hanno i nostri adolescenti con la scrittura?

"Solo scrivendo noi comprendiamo il senso della nostra vita", spiega lo scrittore-docente.

“Guidare i giovani verso un’avventura conoscitiva”. Che rapporto hanno i nostri adolescenti con la scrittura?

Che rapporto hanno i nostri adolescenti con la scrittura e quali prospettive li attendono? Ne abbiamo parlato con Eraldo Affinati, scrittore “policentrico”, giornalista, critico letterario e docente. Circa quindici anni fa Affinati ha fondato la scuola Penny Wirton per l’insegnamento della lingua italiana ai migranti: una “Babele linguistica” pronta a diventare “laboratorio multiculturale” della nuova Europa.

Si sente ripetere spesso che i nostri giovani non sanno scrivere e che scrivono sempre meno. È vero?
Al contrario, io credo che i giovani oggi scrivano molto di più rispetto al passato, ma lo fanno in modo diverso, frammentato, estemporaneo, attraverso la scrittura digitale e i social network, senza seguire i sistemi logici della tradizione, con procedimenti associativi e non deduttivi. Pensano scrivendo. Se noi li giudichiamo usando categorie novecentesche rischiamo di non percepire il cambiamento epocale che abbiamo di fronte.

Che cosa fa la scuola concretamente, o cosa potrebbe fare, per avvicinare i giovani alla pratica e alla passione per la scrittura?
Nel nostro Paese esistono tante sperimentazioni su base locale, insegnanti che cercano in ogni modo di sviluppare le risorse presenti nei loro allievi, tuttavia la scuola italiana nel suo complesso è purtroppo ancora legata a un modello antiquato basato sul vecchio schema: spiegazione-interrogazione-voto. Anche lo studio della letteratura troppo spesso viene aggirato attraverso mappe concettuali e appunti che di fatto evitano la fonte originaria. È vero che la lingua italiana resta artificiale, ostica per i giovani e va conquistata, ma se non leggi gli scrittori della tradizione, se non ti confronti con loro, la passione per la scrittura non nascerà mai. Su questo aspetto per me molto importante anni fa scrissi un libro, Peregrin d’amore. Sotto il cielo degli scrittori d’Italia.

Nell’acquisizione delle life skills e nell’ambito dell’educazione socio-emotiva la scrittura potrebbe rappresentare un ambito privilegiato?
In teoria sì, ma dovrebbe essere ancorata all’esperienza, superando la semplice dimensione virtuale. Dovremmo guidare i giovani verso un’avventura conoscitiva, la cui ultima stazione dovrebbe essere proprio la scrittura. Solo scrivendo noi comprendiamo il senso della nostra vita. Senza struttura verbale qualsiasi idea rischia di restare inespressa, ogni emozione si limita ad essere un grumo irrisolto. Io lo vedo ogni giorno coi ragazzi immigrati: nel momento in cui scrivono cominciano a capire ciò che hanno vissuto. Per questa ragione, a metà giugno, quando si riuniranno a Roma tutte le scuole Penny Wirton d’Italia, ho assegnato a ognuna di esse una parola chiave alla quale ispirarsi per scrivere un racconto originale. Sarà un atlante di voci che vedrà la partecipazione attiva dei nuovi italiani guidati dai loro volontari.

Pensa che l’immaginazione e la capacità creativa degli adolescenti sia avvantaggiata o svantaggiata dalla rivoluzione digitale?
Oggi un ragazzo di talento ha una straordinaria possibilità formativa e creativa che noi ci sognavamo. Può avere accesso diretto in tempo reale alle fonti del sapere e condividere con il mondo intero le sue scoperte. La qualità dei testi, come sempre, anche se le gerarchie di valore sembrano scomparse, resta discriminante. Ma questa evidenza non chiude, bensì apre il lavoro della ricerca umana.

E di fronte all’intelligenza artificiale che cosa accadrà? I nostri giovani abdicheranno e smetteranno di scrivere in maniera definitiva, oppure pensa che potrà svilupparsi un’alleanza tra l’uomo e la macchina?
La scrittura è un respiro dell’uomo, quindi non finirà mai. Si modificherà di certo, si tratta di un processo in pieno corso. Il concetto di opera d’arte è del resto già cambiato. Il vecchio foglio protocollo, dove noi scrivevamo a penna le classiche due colonne e mezza del tema d’italiano, resterà solo un bel ricordo. La letteratura troverà nuovi vettori espressivi che adesso possiamo soltanto immaginare.

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Fonte: Sir