Gennaio, mese di preghiera per la pace. Un ragazzo in età scolare può agilmente scrollare sul suo smartphone decine di immagini di guerra

Grazie alle nuove tecnologie, oggi il mondo è in guerra non solo dove centinaia di migliaia di persone vengono uccise, ma anche ovunque le immagini belliche invadono lo spazio, il tempo, la vita e la fantasia di tanti altri milioni di spettatori

Gennaio, mese di preghiera per la pace. Un ragazzo in età scolare può agilmente scrollare sul suo smartphone decine di immagini di guerra

“La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana”. Si conclude con queste sagge e accorate parole l’importante messaggio di Papa Francesco per la LVII Giornata Mondiale della Pace, che apre il mese di gennaio dedicato per tradizione alla preghiera per la pace. Chissà se Paolo VI quando volle istituire questa occasione di memoria con il suo primo discorso, nel 1967, avrebbe potuto immaginare quanto ancora gli immensi progressi della scienza e della tecnologia non sarebbero stati solo strumenti “neutrali”, ma, piuttosto, avrebbero avuto fra le loro grandi potenzialità, anche quelle di uccidere, distruggere, disumanizzare. No, poco più di settant’anni fa buona parte di ciò che oggi rientra nella sfera della cosiddetta intelligenza artificiale o era materia di avveniristici scienziati o argomento di letteratura distopica per pochi appassionati. Oggi, invece, il mondo è tutto interconnesso in una Rete dove anche i bambini, gli adulti di domani, dispongono di “mezzi” che possono divenire armi contro se stessi e gli altri. Penso al semplice fatto che un ragazzo in età scolare può agilmente scrollare sul visore del suo smartphone e vedere decine e decine di immagini di guerra, dall’Ucraina alla Striscia di Gaza, dallo Yemen al Myanmar. In pochi secondi dal divano di casa, senza neanche collegarsi ai network di una volta, come la tv o la radio, ciascuno di noi può quasi respirare l’atmosfera di uno dei tanti scenari di guerra che insanguinano il pianeta. Non disegnano più draghi con la fantasia, o gareggiano nel riconoscere gli animali più esotici, i bambini di oggi hanno negli occhi carri armati e missili, paesi rasi al suolo, file di sbandati e feriti, neonati che non possono sopravvivere sotto le bombe. Di fatto, proprio grazie alle nuove tecnologie, oggi il mondo è in guerra non solo dove centinaia di migliaia di persone vengono uccise, ma anche ovunque le immagini belliche invadono lo spazio, il tempo, la vita e la fantasia di tanti altri milioni di spettatori attoniti e talvolta, purtroppo anche assuefatti. “Le tecnologie che impiegano una molteplicità di algoritmi possono estrarre, dalle tracce digitali lasciate su Internet, dati che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta”, ma con gli stessi algoritmi si possono già oggi progettare robot soldato e armi intelligenti che agiscono al posto dell’uomo senza l’ingombro della coscienza. Che tipo di conversione radicale possiamo ancora auspicare per volgere in vomeri le spade che ci circondano, echeggiando la profezia di Isaia? In famiglia, negli spazi apparentemente ancora innocenti delle nostre case, lontano dalle torri di controllo e dalle stazioni satellitari che ci paiono mostri digitali ormai ingovernabili, abbiamo ancora la possibilità di essere artigiani di pace? Che gesti di pace possiamo creare e scambiarci ridonandoci reciprocamente la sola, grande bellezza di essere fratelli? Forse potremmo tornare alla scuola che insegna ad abbracciarsi senza paura, a stringersi la mano con fiducia, a fidarsi della parola data. Chi può negare che abbiamo bisogno di pace come fosse ossigeno. Pace in ogni incontro, in ogni relazione, pace pur nei ritmi di lavoro che impongono le cosiddette leggi del mercato, pace nel tempo del riposo, quando non viene negato; pace nella giustizia che significa volere per tutti le stesse possibilità. Pace nell’intimo di ciascuno di noi, dove spesso si annidano i nemici più pericolosi. L’anno che abbiamo appena iniziato gronda sangue e violenza, distruzione e sopraffazioni, eppure non possiamo disperare, non possiamo deflettere dalla responsabilità dell’ottimismo e ad ogni risveglio offrire a chi incontriamo il coraggio di un sorriso perché il mondo non smetta di credere nell’amore di Dio.

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Fonte: Sir