Festa di sant’Antonio: il richiamo del vescovo Claudio all’educare la coscienza
“Ciascuno faccia la sua parte”: così un quotidiano ha titolato il messaggio che il Rettore della Basilica e io abbiamo inviato alla città in occasione di questa festa.
Ogni uomo e donna sono soggetti di diritti e di doveri, responsabili del proprio tempo e della storia che vivono e responsabili del territorio e del paese di cui sono parte, in armonia con tutti gli abitanti di tutta la terra e con il futuro. Ciascuno è persona!
Ciascuno è responsabile della pace e della giustizia per le quali siamo qui ad elemosinare tramite una preghiera un intervento del Signore al quale chiediamo di essere presentati tramite sant’Antonio. Ci mettiamo in fila insieme con i tanti che sono venuti portando con sé drammi personali e famigliari che rendono la loro preghiera sincera e sentita, talvolta arricchita da lacrime.
La preghiera personale e comunitaria ci accompagna ed educa a sentirci persona, a sentirci non un numero tra tanti ma un soggetto vivo e responsabile, un “tu” reso dignitoso e nobile dal fatto che l’interlocutore, colui che ci considera ed ascolta e che ci offre la sua parola, non è soltanto un amico per quanto prezioso ma Dio stesso.
Ciascuno di noi ha ricevuto un nome che custodisce una vocazione e una storia unica, con quel nome siamo chiamati da Dio. Quello di Dio è un appello personale, non delegabile ad altri.
Se sant’Antonio non avesse risposto e non si fosse sentito interpellato non sarebbe celebrato e ricordato oggi; la generosità della sua risposta alla chiamata di Dio è la sua grandezza. Senza quella risposta personale Antonio non sarebbe una speranza per noi e nelle nostre disperazioni saremmo più soli.
Lo sguardo di Dio e la sua parola rivolta a noi ci costituiscono persone e svegliano la nostra coscienza. Nell’umiltà, con pazienza, con senso di gratitudine, come sant’Antonio, diciamo il nostro: “eccomi, sono disponibile anch’io a fare la mia parte”. Ciascuno è chiamato a fare la sua parte perché crescano giustizia e pace per tutti e per sempre.
C’è uno spazio prezioso e fragile, delicato e complesso dove nascono, agiscono e si mescolano la relazione con il Signore – che chiamiamo anche preghiera – e la nostra umanità: è la coscienza.
Richiamo questo spazio non per un discorso puramente filosofico o morale ma per indicare uno spazio educativo che mi sembra piuttosto trascurato nel linguaggio di oggi, in particolare nel rapporto educativo con i figli. Come se non avessimo parole sufficienti, strutture mentali, sensibilità adeguate.
Educare la coscienza è aprire lo sguardo dei figli sulla vita e sugli altri, sapendo che è dal mio sguardo di adulto che può uscire una luce che dà luce ai nostri figli; significa indagare sul senso dell’esistere e del proprio agire, significa dare valore alle parole e ai propri atti.
Ricordo un testo di Natalia Ginzburg:
«Per quanto riguarda l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità; non la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere».
Molti fatti di cronaca così spesso riportati sui media e sui nostri giornali, soprattutto quando riguardano giovani, ci lasciano attoniti. Dai femminicidi ai suicidi, dalle guerre alla deturpazione del creato, dalle violenze domestiche alle ingiustizie sociali: tutto ciò trova alimentazione e rafforzamento nell’indebolimento della nostra cultura sempre più disattenta alla persona e sempre più disabituata nell’arte di educare coscienze che fanno della libertà, della giustizia e dell’amore i pilastri del vivere umano.
Il Signore asceso al cielo non si sostituisce a noi e non ci lascia soli ma “agisce” con noi. Ne ha dato testimonianza Sant’Antonio, discepolo di Gesù, che ha fatto la sua parte imparandola da Lui, perché è l’Amore del Signore che ha mosso la sua coscienza e la sua libertà.
Racconta san Bonaventura: «Così disteso sulla terra, dopo aver deposto la veste di sacco, sollevò la faccia al cielo, secondo la sua abitudine, totalmente intento a quella gloria celeste, mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro perché non si vedesse. E disse ai frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni» (Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda Maggiore, XIV,3 : FF 1239).
Signore per intercessione di Sant’Antonio insegnaci a fare ciascuno la nostra parte: sveglia la nostra coscienza e facci strumenti della tua pace nel mondo intero!
+ Claudio Cipolla
Fonte: diocesipadova.it