Enrichetta Beltrame Quattrocchi. Guardando a lei, abbiamo davanti agli occhi un Vangelo illustrato
La figura dell'ultima figlia dei beati è caratterizzata da una santità fatta di semplicità, fedeltà e piccole cose. Domenica 10 luglio a Roma il card. Marcello Semeraro presiederà una messa presso la basilica di Santa Prassede per celebrare il X anniversario del transito della venerabile
Sarà un momento di grazia e di gioia grande quello che domani, domenica 10 luglio, si svolgerà presso la basilica di Santa Prassede in Roma per celebrare il X anniversario del transito della venerabile Enrichetta Beltrame Quattrocchi. Un evento caratterizzato da una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi.
Un modo per ricordare Enrichetta, l’ultima figlia dei beati Beltrame Quattrocchi, la sua figura, la sua santità fatta di semplicità, fedeltà e piccole cose. Nella quiete delle ultime ore, pienamente lucida, si rivolgeva costantemente al Signore:
“Gesù – diceva – vienimi a prendere, sento la tua luce, voglio portarti quello che ho fatto”.
A meno di due ore dalla morte, alle 14.00 circa, ebbi la grazia di visitarla per l’ultima volta: un incontro di preghiera e affetto commovente. Al semplice vederla si avvertiva un senso forte di soprannaturale che spingeva alla preghiera, all’adorazione e alla nostalgia del Paradiso. Nella serenità e nella letizia, trepidante e pronta per il Cielo, Enrichetta compiva il suo passaggio sabato 16 giugno, alle 16.20, nella sua abitazione di via Depretis, all’età di 98 anni.
Qualche settimana prima della sua dipartita, un altro testimone p. Redi Maghenzani andò a trovarla a Roma. “Entrando in camera (quella che era stata dei suoi genitori) – racconta – l’ho trovata assopita con gli occhi chiusi e quando, chiamandola, s’è accorta che ero lì accanto a lei: “Sei venuto?” mi dice; “Certo! – rispondo – Siamo tutti qui!”. Poi tirando un profondo respiro come per dire una cosa che non poteva più trattenere: “Sai cosa ho capito in questi giorni?” mi dice. “Che in tutta questa confusione ci vuole unità”. “Come?!”, dico io stupito.
“Ci vuole unità” e ha ripetuto questa parola tre volte con forza, poi ha nuovamente socchiuso gli occhi ed il silenzio si è riempito di una Presenza.
Conservo vivo nel cuore anche questo suo testamento spirituale”.
Per l’importante occasione, al fine di promuovere il rinnovamento spirituale dei fedeli ed incrementare la vita di grazia, la Penitenzieria apostolica del Vaticano ha concesso l’Indulgenza plenaria per una settimana. L’arcivescovo di Napoli, mons. Domenico Battaglia, parlando della novella venerabile disse:
“Conoscere la vicenda spirituale di questa donna tenera e forte ritengo rappresenti un invito pressante a camminare sempre più con gli ultimi, considerandoli non destinatari passivi della nostra azione sociale o pastorale ma piuttosto protagonisti privilegiati di un’evangelizzazione che voglia scendere davvero nel cuore di tanti uomini e donne, marcandoli con l’amore di Cristo. Ella ci mostra un ‘cammino sinodale’ autentico, che non lascia nessuno fuori o indietro, prendendo per mano i più marginali, i più poveri, i non veduti, gli ‘invisibili’, tra gli uomini comunque amati e custoditi da Dio”.
Parlare dei santi è impegnativo, e forse, per descrivere Enrichetta, il “mestolino di Dio” come lei stessa amava definirsi, è bene a questo punto cedere la parola a un’altra testimone della fede, anche lei candidata agli onori degli altari M. Anna Maria Cànopi, osb, fondatrice e già abbadessa dell’Abbazia benedettina “Mater Ecclesiæ” dell’Isola San Giulio – Orta (Novara), che nel 27 ottobre 2018, indirizzandomi una sua lettera nel giorno della chiusura del processo diocesano di beatificazione e canonizzazione così parlava della venerabile Enrichetta: “Ringraziamo, dunque, innanzitutto il Signore che ha manifestato attraverso questa sua fedele Serva la grandezza del suo amore per noi.
Come una cascata zampillante Enrichetta ha fatto scorrere lontano l’amore divino da cui era inondata e che diventava in lei amore ardente, perché animato dal desiderio delle realtà eterne, sostenuto dalla vita di preghiera e incarnato nella testimonianza ecclesiale”.
E ancora: “Amore appassionato per diffondere il Vangelo; amore creativo per trasmettere ai giovani i grandi valori della cultura e dell’arte; amore compassionevole per chinarsi sui piccoli e sui poveri; amore tenero e materno, amore di umile dedizione verso suoi familiari”. E l’elenco potrebbe continuare a lungo tanto fu ricca la vita di Enrichetta, ma possiamo racchiudere tutto in un’ultima parola: il suo fu un amore sempre giovane, un amore traboccante di gioia pasquale; Enrichetta fu davvero una ‘testimone della risurrezione’. Una testimonianza che tocca il cuore. Di fronte ai santi non basta, però, entusiasmarsi, non basta ammirare, bisogna anche imitare, farsi discepoli, imparare.
Quale fu il ‘segreto’ di Enrichetta? Quale il suo messaggio ancor valido per noi, oggi?
Enrichetta ha certamente saputo incarnare la Parola di Dio nella sua vita; guardando a Lei, abbiamo davanti agli occhi un Vangelo illustrato.
Bellissima è la rappresentazione della pagina dell’Annunciazione: Enrichetta ha compiuto sempre con gioia la volontà di Dio, sentendosi, come Maria, una piccola, umile serva del Signore. Lei ci insegna a dire di sì a Dio, anche quando questo può costarci fatica, rinunzia, sacrifici.
Inoltre, ha fatto sua la parola di san Paolo: ‘Non conformatevi alla mentalità di questo mondo’ (Rm 12,2), e così ha saputo fare scelte coraggiose e controcorrente, pur di nulla anteporre all’amore di Cristo. Questo ci esorta a non accontentarci di una vita mediocre, ma a tendere alla santità con tutte le nostre forze: una santità ordinaria – eppure eroica –, come quella vissuta da lei, che sentì maturare in sé quella che potremmo definire la vocazione di Nazareth, la ‘spiritualità della casa’, della vita quotidiana.
Soprattutto Enrichetta sentì rivolta a sé personalmente fin dall’infanzia la parola di Gesù: ‘Rimanete nel mio amore!’. E vi rimase, radicandosi sempre di più nell’amore attraverso la preghiera, la vita sacramentale, le opere di carità e anche l’offerta della sua personale sofferenza, finché a tarda, tardissima età il Signore la chiamò nel suo Regno di luce infinita, immergendola nell’Oceano dell’Amore.
Rimanere nell’amore, rimanere saldi nella fede e nella speranza, rimanere fedeli alla nostra vocazione, fedeli alla vita di preghiera: tutto questo non è facile per noi, sempre tentati di scoraggiarci, di venir meno, di sentire vani i nostri sforzi di fronte all’immensità del dolore umano, allo sgretolarsi della società per la scristianizzazione in atto, all’indifferentismo. I santi ci sono offerti come modello e come aiuto, ci sono di stimolo e di incitamento. ‘Si isti et istæ, cur non ego?’, diceva sant’Agostino: se questi e quelle sono stati capaci di tanto, perché non anch’io, con la grazia di Dio?
Ringraziamo, dunque, il Signore, per il dono di Enrichetta e chiediamo a Lei di sostenerci nel cammino di testimonianza cristiana, per fare – come lei fece – della nostra vita un Magnificat, un canto di lode alla gloria di Dio, salendo con umiltà la scala della santità, fino alle sublimi vette del cielo”.
Massimiliano Noviello (*)
(*) postulatore delle cause dei santi