Elezioni in Azerbaijan, osservatori internazionali denunciano "gravi brogli"
Il voto per l’Assemblea nazionale (9 febbraio) è stato accompagnato da circa 90 osservatori nazionali, inviati da Osce e Consiglio d'Europa. Rampi: "Sistemi di inchiostro invisibile e telecamere sono diventati strumento per controllare chi votava e chi no"
Osservatori internazionali denunciano gravi brogli alle ultime elezioni in Azerbaijan, dove il 9 febbraio si è votato per l’Assemblea Nazionale. La richiesta di sciogliere l’organo legislativo era stata avanzata da parlamentari azeri, che avevano sottolineato un grado di corruzione così alto da aver impedito alle riforme di decollare. A finire sotto i riflettori, in particolare, era il Partito Nazionale dell’Azerbaijan (Yap), filopresidenziale, accusato di scelte “poco trasparenti” (il paese si trova in 123esima posizione nella classifica di Trasparency International sui paesi più corrotti).
Silenzio imposto. L’opposizione ha avuto poche possibilità di fare campagna elettorale. E il clima generale pare fosse di timore diffuso. “Nei giorni precedenti l’elezione ho incontrato alcuni giornalisti indipendenti, tutti hanno chiesto di non citarli nelle nostre interviste. È forte la paura di venire presi dalle autorità e smettere quindi di raccontare quello che succede nel paese”, racconta a Osservatorio Diritti Roberto Rampi, senatore del Partito Democratico e Segretario della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
Gli osservatori. La votazione è stata accompagnata da circa 90 osservatori nazionali, che nel 65% dei casi rappresentavano la maggioranza vicina al presidente Ilham Aliyev. I rappresentanti di Osce e Consiglio d’Europa hanno iniziato a manifestare problemi con lo svolgimento di una votazione regolare già prima del 9 febbraio.
Affluenza sospetta. Il giorno delle elezioni Roberto Rampi è stato in nove seggi. “A metà pomeriggio - dice - aveva votato solo il 10% della popolazione. I sistemi di inchiostro invisibile e le telecamere sono diventati strumento per controllare chi votava e chi no. Questa tornata elettorale non ha visto i militari negli edifici, ma la sorveglianza era comunque altissima”. Alla fine, a sorpresa, è stata dichiarata un’affluenza del 40%. Dice ancora Rampi: “Verso l’ora di chiusura delle urne sono voluto tornare in un seggio che mi aveva convinto poco nella mia prima visita, avevo percepito un’aria strana. Infatti una volta chiuse le votazioni, il presidente del seggio ha sigillato la scatola con le schede e l’ha riposta in una stanza dicendo che sarebbero tornati dopo alcune ore. Quando ho chiesto il motivo, allarmato per questa evidente mancanza di trasparenza, il presidente mi è ha riposto che erano stanchi e dovevano andare a mangiare. Un’affermazione così cristallina data a un osservatore internazionale significa che è una normale procedura, un’effrazione dei diritti ormai diventata regola”. Proprio dove era stato Rampi, l’opposizione aveva contato 160 votanti, ma alla fine sono stati confermati ufficialmente 460 voti.