Economia circolare. Cavallo: “La pandemia ha evidenziato la carenza di impianti per il riciclo”
Il divulgatore ambientale: "Abbiamo avuto grossi accumuli di plastiche eterogenee e difficili da lavorare". In Italia, individuati ostacoli tecnici, burocratici e culturali. Se ne parla al festival Circonomia, quest'anno, con confronti online e dal vivo
La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto anche sul sistama di riclo dei rifiuti e ha messo a nudo la mancanza di impianti in Italia, in alcune filiere, per chiuderne il ciclo. Lo spiega Roberto Cavallo, divulgatore ambientale per la Rai, amministratore delegato di E.R.I.C.A. e direttore artistico del festival dell’Economia circolare “Circonomia”. L’iniziativa, giunta al quinto anno, propone convegni, webinar e approfondimenti per confrontarsi su quella che, ancor più dopo l’emergenza Coronavirus, sarà l’economia del futuro. Una prima fase, fino al 17 giugno, prevede una serie di eventi sul web attraverso la piattaforma Zoom, mentre dal 17 settembre al 1° ottobre sarà il momento di una versione più tradizionale del festival con incontri e convegni ad Alba e Torino, con personalità del mondo politico, economico e ambientale.
Qual è lo stato dell’economia circolare in tempo di pandemia?
La pandemia ha messo in evidenza alcuni aspetti critici della circolarità, che si basa sullo spostamento di materiali. Venendo meno quest’ultimo, il confinamento ha messo in crisi la circolarità che non teneva conto di un principio cardine dell’Unione europea, quello della prossimità. Per produrre un bene, occorre avere le materie prime abbastanza vicine. E l’Ue ne ha poche. Quindi, deve riciclare il più possibile e, per farlo, deve fare una buona differenziata. Allora bisogna trattare i materiali vicino a dove questi vengono raccolti.
Dal momento che abbiamo sistemi per alcune filiere carenti di impianti, questa crisi ha messo in evidenza proprio queste carenze.
In particolare, in quale filiera si è verificato ciò?
La filiera della carta è andata in crisi per le normali dinamiche di mercato. Per la plastica, invece, la situazione è stata differente, perché purtroppo facciamo fatica a chiudere il ciclo in Italia e in Europa. Ci siamo affidati troppo al Far East e alla Cina. In sostanza, ci tenevamo le platische buone, mentre mandavamo lì quelle meno buone. Dall’anno scorso, la Cina ha chiuso le importazioni.
Perciò abbiamo avuto grossi accumuli di plastiche eterogenee e difficili da lavorare.
Questo fatto videnzia due aspetti: mancanza degli impianti di riciclo e focus sulle materie prime seconde, cioè le plastiche che vanno riprogettate. Perché ci passano per le mani tanti polimeri di plastiche diverse, alcune facili da riciclare, altre talmente etero-generaliste che non sappiamo cosa farne. Lo stesso rischia di accadere sui tessili e sulle apparecchiature elettriche ed elettroniche. In quest’ultimo ambito, è andata in crisi anche la raccolta.
Per rilanciare l’economia circolare, secondo lei, adesso su che cosa bisognerà puntare?
Occorre continuare su quello che la Commissione europea ha scritto e definito nel Green Deal europeo. Non bisogna mettere da parte il tema della sostenibilità ambientale, perché è quello che ci offre maggiori opportunità di creare posti di lavoro e di ripartenza. È consigliabile quindi tornare ad accelerare sulle rinnovabili e su tutto il mondo del riciclo, avvicinando le imprese che possano lavorare gli scarti di altre imprese.
Quest’anno, in seguito alla pandemia, avete organizzato il festival dell’Economia circolare in due fasi, una online e una live…
Eravamo partiti con 7/8 eventi in programma a maggio, ci siamo ritrovati con 16 eventi, oltre cento relatori, da maggio a ottobre. Con lo stesso budget abbiamo triplicato le occasioni di fare cultura attorno ai temi dell’economia circolare, semplicemente sfruttando una nostra nuova abitudine di utilizzare le connessioni, la prartecipazioni a distanza alle manifestazioni. La risposta è stata straordinaria, perché abbiamo avuto più di duecento partecipanti ai webinar e più di 1.500 partecipanti alla prima serata con Cyrill Dion. Speriamo che a settembre e ottobre ci possiamo ritrovare fisicamente, ma in ogni caso abbiamo precauzionalmente organizzato quella fase in modo da permettere la partecipazione a un numero ridotto di persone. Ma, trasformando le sale dei convegni in studi televisivi, avremo un pubblico presente e uno che ci segue da casa.
In programma, focus su quali temi particolari?
Abbiamo allargato al mondo dell’agricoltura, in particolare al vino e agli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura. Rifletteremo sugli ostacoli da rimuvore perché l’economia circolare diventi davvero un asse dell’economia. E li abbiamo individuati in tre aree: tecnici, burocratici e culturali. Questi ultimi sono i più grossi.