Don Giovanni Dalla Longa a vent'anni dalla scomparsa. Il suo sorriso continua a essere contagioso

Don Giovanni Dalla Longa A vent’anni dalla scomparsa, parenti e amici si ritrovano questa domenica a San Vito di Valdobbiadene – la sua parrocchia – per ricordarlo

Don Giovanni Dalla Longa a vent'anni dalla scomparsa. Il suo sorriso continua a essere contagioso

Vent’anni fa, il 23 luglio, moriva don Giovanni Dalla Longa, missionario fidei donum della Diocesi di Padova, che ha speso trent’anni di vita in Kenya (dal 1972 al 2003). Questa domenica, nella sua parrocchia di origine – San Vito di Valdobbiadene – parenti e amici si ritrovano per ricordarlo nella messa delle 11 e ringraziare il Signore per ciò che è stato e continua a essere. «Desiderio desideravi. Le ultime parole e gli ultimi gesti di Gesù concludono con chiave d’oro tutta la sua vita donata ed esprimono la sua più profonda umanità e i sentimenti del suo cuore. Anche per don Giovanni Dalla Longa è stato così. Alla fine è stato purificato come l’oro dal crogiolo della sofferenza». Sono parole del vescovo Francesco Biasin, compagno di ordinazione di don Giovanni. «Tornato dal Brasile nel febbraio 2003 per assumere l’incarico di direttore dell’Ufficio missionario diocesano – continua – mi trovai subito a prendermi cura di don Giovanni, che stava lottando con tutti i mezzi per superare un tumore. L’ho fatto più come fratello che come direttore e avvertii che lui desiderava e apprezzava soprattutto questo mio atteggiamento. All’inizio di luglio dello stesso anno mi è arrivata la nomina di vescovo di Pequeira, in Brasile. Immediatamente ho cercato Giovanni e, in confessione, gli ho detto il “segreto”. Posso dire che il mio “sì” all’episcopato è stato frutto di quel momento!». «Father John è un nome assolutamente associato all’ospedale di North Kinangop – in Nyandarua, Kenya – che don Giovanni Dalla Longa ha “plasmato” per 15 anni come prete e amministratore – racconta don Sandro Borsa, suo successore all’ospedale – Il suo carisma si è espresso nel fatto di aver trasformato le difficoltà in opportunità di sviluppo materiale e spirituale. Al suo ingresso, l’ospedale presentava la sfida della transizione: era un “bambino” della Chiesa di Padova, nato 28 anni prima, a cui la Chiesa locale domandava di essere pienamente responsabile. La “partenza” del Cuamm era divenuta motivo scatenante per la collaborazione del volontariato italiano in varie specialità: medicina, architettura, artigianato, agricoltura... Il carisma del “sorriso”, proprio di don Giovanni, rivelava una grande capacità di creare amicizia, solidarietà e amore (vedi il Movimento dei Focolari di cui faceva parte) e la collaborazione per dare una pianificazione urbanistica (l’ospedale diventava un villaggio!) e professionale. Per l’acquedotto lungo 13 chilometri, ad esempio, o per l’impianto di purificazione. La sua visione era che l’ospedale doveva essere aperto a tutti, specialmente ai meno abbienti, con ambienti e servizi dignitosi e sostenibili. Da qui sono nate le attività artigianali – carpenteria, falegnameria, edilizia, trasporti, frantoio della ghiaia, panificio, allevamento del bestiame – che hanno offerto lavoro e sostentamento all’ospedale. La cosa ammirevole è che don Giovanni combinava tutti questi carismi con la sua missione di sacerdote davvero innamorato di Dio e visibilmente felice. La comunità dell’ospedale lo considera ancora un modello e testimone di riferimento». Ancora il vescovo Biasin, sull’ultimo periodo della vita di don Giovanni: «Prima di partire per il Brasile per la mia ordinazione episcopale, con i compagni di classe abbiamo concelebrato nella chiesa del Seminario maggiore e lui ha voluto essere presente. Dopo il Vangelo ognuno di noi ha espresso i suoi sentimenti. Quando don Giovanni ha preso la parola ha detto questo: “L’energia elettrica per emettere forza, luce e calore ha bisogno di due poli, uno positivo e l’altro negativo. Vedi Francesco, in questo momento la Chiesa ti chiede di essere pastore. Hai scelto come motto: “Dare la vita per i fratelli”. Tu sei il polo positivo, io voglio essere il polo negativo. Nell’incontro con i due viene la luce, la forza e il calore. Puoi contare sul dono della mia vita per te in questa nuova missione!”. Questo e molto più era don Giovanni Dalla Longa». (P. P.)

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