Dipendenze, ora l’età si abbassa. Quasi 960 mila i giovanissimi che hanno almeno una volta fatto uso di sostanze illegali
Sono spesso consumatori con problemi comportamentali. Lo fanno non per “sballo”, ma per reggere i ritmi di vita. Una soluzione? Luoghi neutri e non Serd. Sempre più giovani Quasi 960 mila italiani tra i 15 e i 19 anni hanno fatto uso, almeno una volta, di sostanze illegali. E il Fentanyl, la “droga degli zombie”, ha messo piede anche in Veneto
Sempre di più e sempre prima. L’uso della droga rimane fenomeno molto diffuso che raggiunge fasce d’età una volta considerate “protette” dal contatto con certe sostanze. A fronte dell’aumento delle sostanze disponibili – è certo l’arrivo anche in Veneto dagli Stati Uniti del Fentanyl (potente oppioide sintetico, detto anche “la droga degli zombie”, che ha effetti simili a quelli della morfina, ma è da 50 a 100 volte più potentedi quest’ultima e 30-50 volte più potente dell’eroina) – dell’abbassamento dell’età del primo approccio (si registrano casi con bambini di 10 anni che hanno sperimentato sostanze), della complessità del dibattito per arginare la diffusione delle sostanze stupefacenti, le soluzioni proposte dai legislatori sembrano andare nell’unica direzione di aumentare la repressione al motto “non esiste libertà di drogarsi”. I servizi territoriali, le comunità terapeutiche e quanti operano conoscono la complessità del problema e, senza cercare scorciatoie inutili, puntano a costruire insieme risposte efficaci per affrontare i nuovi problemi che si affacciano a partire da nuovi spazi “neutri” per intercettare le emergenze. Ci hanno provato anche a fine settembre, all’ospedale civile di Venezia, durante il convegno “In-dipendenza: dimensione nazionale del fenomeno, la cura e la prevenzione”, promosso da Covest, il Coordinamento veneto delle strutture terapeutiche che rappresenta 21 enti gestori, e da Intercear, il coordinamento nazionale di servizi accreditati. Dal confronto tra istituzioni, nazionali e regionali, responsabili delle comunità di accoglienza e mondo del Terzo settore si è fatto il punto sulle nuove emergenze e sono state proposte strategie innovative per contrastare il fenomeno. I dati relativi al 2023 presentati in Parlamento nell’ambito della relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze non lasciano dubbi sulla vastità del fenomeno. Quasi 960 mila ragazzi italiani tra i 15 e i 19 anni dichiarano di aver fatto uso almeno una volta nella vita di sostanze illegali, prima fra tutte la cannabis, che rimane la sostanza più usata tra i giovani (23 per cento). In aumento la diffusione delle nuove sostanze psicoattive (dai catinoni alle arilcicloesilamine ai cannabinoidi sintetici fino alle benzodiazepine) che arrivano al 6,4 per cento del totale delle droghe sperimentate dai più giovani e che sono più difficili da individuare per la loro crescente variabilità. In lieve aumento (dal 2 al 3 per cento) tra i più giovani anche l’uso di cocaina, allucinogeni, stimolanti vari. Dati in linea con quelli rilevati in Veneto dove sono attivi 38 Serd (Servizi per le dipendenze patologiche), 58 servizi accreditati del privato sociale e sono disponibili 984 posti nelle comunità terapeutiche.
Preoccupante la diffusione del Fentanyl. Rilevato ufficialmente in Italia per la prima volta ad aprile a Perugia, anche in Veneto è arrivato il potente oppioide sintetico e i primi casi di persone dipendenti sono state accolte nelle comunità terapeutiche della Regione. Nel suo intervento al convegno, l’assessore alla Sanità e al Sociale Manuela Lanzarin ha sottolineato che la diffusione del fenomeno tra i più giovani è favorita dall’estrema facilità di accesso a costi contenuti agli stupefacenti: «Ad allarmare è la pratica sempre più frequente del mix di sostanze, abbinata ad alcolici, in particolare nel fine settimana». Serve un metodo nuovo, ha aggiunto l’assessore, «per la gestione delle dipendenze croniche e di quelle emergenti, che hanno bisogno di un approccio diverso. Siamo passati dai Sert (i Servizi per le tossicodipendenze, ndr) ai Serd, per prendere in carico tutte le dipendenze e oggi dobbiamo promuovere luoghi neutri per coinvolgere più facilmente le famiglie e i ragazzi». «Ci sono due aspetti del fenomeno dipendenze molto diversi che dobbiamo affrontare – spiega Michele Resina, presidente del Covest – Da una parte ci sono le dipendenze storicizzate, tra le 250 e le 300 mila persone in Italia anche con più di 40 anni che frequentano i Serd e le comunità. Su un altro binario, potremmo dire agli antipodi, ci sono persone molto più giovani non definibili tossicodipendenti, ma consumatori problematici che fanno un uso generalizzato di varie sostanze, dalla cannabis alle droghe sintetiche, e che sempre più spesso uniscono disturbi comportamentali diversi, da quelli alimentari all’uso compulsivo di internet e del cellulare, dall’abuso di psicofarmaci senza prescrizione medica all’isolamento sociale. Fenomeni rispetto ai quali la pandemia ha fatto da incubatore e acceleratore. Sono comportamenti adottati non per sballare, ma per facilitare i ritmi di vita, di lavoro, di studio». Queste persone – che non si riconoscono nelle dipendenze – sono difficili da intercettare dai Serd, che sono troppo connotati, e dalle comunità che hanno tempi lunghi e sono attive sulle dipendenze cronicizzate: «Per raggiungere queste nuove esigenze servono spazi più neutri, vicini ai luoghi dove queste persone e le loro famiglie vivono, per esempio vicino alle scuole come già sperimentato a Schio – aggiunge Michele Resina – Insieme ai servizi territoriali dobbiamo facilitare l’avvicinamento e favorire l’accoglienza delle problematiche. Il messaggio che dobbiamo rilanciare è che si può affrontare la vita anche senza espedienti». Sportelli informali sono stati pensati dalla cooperativa Coges don Milani, che li ha sperimentati nel Veneziano e da poco anche a Padova, rilevando accessi da parte di famiglie di giovanissimi, ragazzi e ragazze di 12 o 13 anni, che presentano dipendenze da sostanze accompagnate da disturbi comportamentali, in particolare da smartphone o videogiochi, e di isolamento sociale. Vicino alle scuole e negli interventi di strada gli educatori incontrano ragazzi delle medie incapaci di gestire situazioni di stress e con un’ansia che impedisce la loro regolare frequenza scolastica. In alcuni casi ragazzi delle medie usavano ansiolitici senza prescrizione ma somministrati dai genitori.
Percorsi educativi per il contrasto, si attiva la scuola
È uscita il 18 settembre, a inizio anno scolastico, la circolare del capo dipartimento del ministero dell’Istruzione Carmela Palumbo, “Percorsi educativi per il contrasto alle dipendenze derivanti da droghe - Fentanyl e nuovi oppioidi sintetici” che suggeriva alle scuole di individuare, anche nelle ore di educazione civica, percorsi per prevenire l’uso di sostanze stupefacenti e dipendenze patologiche comportamentali. Premettendo che non c’è un’emergenza in Italia, il ministero suggerisce di promuovere attività di informazione, formazione e sensibilizzazione circa i rischi derivanti dalla diffusione della circolazione e dell’utilizzo illegale di Fentanyl: «Si tratta di un farmaco impiegato in medicina come potente analgesico e anestetico, il cui utilizzo illegale sta rappresentando una vera emergenza negli Stati Uniti».
Percorsi educativi all’interno del sistema carcere
Un aspetto rimasto sottotraccia durante il convegno riguarda il rapporto tra tossicodipendenza e carcere. In Italia alla fine del 2023 c’erano 20.500 persone recluse per violazioni della normativa sugli stupefacenti, circa il 34 per cento del totale. «Si è parlato di decreto “svuota carceri” in merito al decreto del ministro Nordio, ma non si tratta di un’operazione da banalizzare – spiega il presidente di Covest Michele Resina – Dobbiamo chiederci come avviare all’interno degli istituti di pena percorsi trattamentali che permettano il graduale reinserimento di chi ha dipendenze. Qualche proposta l’abbiamo fatta».