Diamo corpo alle parole. Come tutti gli anni, purtroppo, il rischio è che l’appello del presidente della Repubblica resti inascoltato
Il richiamo di Mattarella suona come un invito a serrare le fila, a riprendere responsabilità, a rilanciare dopo un periodo “down” più forte del solito.
Come tutti gli anni il presidente della Repubblica ha inaugurato l’anno scolastico. Questa volta l’ha fatto all’Istituto Curie-Vittorini di Grugliasco e la cerimonia è servita ancora una volta per ribadire la centralità della scuola nelle politiche del Paese. Perché – quasi tutti i media hanno riportato il concetto – “Una buona scuola farà crescere, nella maggioranza dei casi, dei buoni cittadini. Con vantaggi incommensurabili per l’intera società”.
Come tutti gli anni, purtroppo, il rischio è che l’appello del presidente della Repubblica resti inascoltato. Non si tratta di pessimismo, piuttosto del realismo che accompagna chi segue da sempre le vicende della nostra scuola che realmente è “fabbrica” di cittadinanza, di inclusione, di civiltà. Lo dimostrano innumerevoli esempi ed esperienze in tutta Italia. Ma nel contempo resta, nonostante i proclami, un fanalino di coda della politica, come testimoniano ad esempio gli inviti inascoltati – ultimo quello recentissimo di Save the Children – ad investire sempre più risorse, per arrivare almeno al 5% del Pil, in linea con la media europea.
Se vogliamo proseguire sulla strada di un certo cinismo – a fin di bene, si intende – potremmo fare la raccolta dei discorsi dei presidenti – non solo quelli recenti di Mattarella – all’inizio dell’anno scolastico. Sempre si richiama alla centralità della scuola, all’importanza di quello che avviene nelle aule, all’esperienza fondamentale sui banchi dove si forma “la personalità umana”. Sono ancora parole di Mattarella che pure è ben consapevole che se il valore della scuola è centrale per la Repubblica e la questione educativa “è decisiva per la crescita civile, culturale, sociale ed economica”, allo stesso modo purtroppo “non sempre è valorizzata in misura adeguata”.
Eppure il presidente, pur in un quadro che conosce benissimo e che mostra da tempo la corda, riesce anche questa volta a dare un sussulto di entusiasmo e di positività. L’investimento che chiede nei confronti della scuola non è solo economico – peraltro sacrosanto e necessario – ma soprattutto di “idee, proposte, riflessioni, innovazioni. Bisogna uscire, anche mentalmente, dalle categorie dell’ovvio e dello scontato. Dalla gestione senza respiro o burocratica. Abbiamo bisogno di recuperare entusiasmo, fantasia, coraggio, creatività, capacità di iniziativa”.
Questo è un tasto decisivo. Il richiamo alle risorse economiche, peraltro alla vigilia di nuove elezioni, è scontato e chiama in causa prevalentemente la politica. Ma chiedere iniziativa ed entusiasmo vuol dire rivolgersi all’intera società civile, alle famiglie, alle associazioni, agli studenti stessi, al numerosissimo “popolo della scuola” che comprende certamente anche i docenti.
Ecco, il richiamo di Mattarella suona come un invito a serrare le fila, a riprendere responsabilità, a rilanciare dopo un periodo “down” più forte del solito legato alla pandemia e alle drammatiche conseguenze che ha avuto proprio sul mondo della scuola e in particolare sui più giovani.
“I nostri ragazzi – ha ricordato Mattarella – alle prese con le chiusure e con la pur necessaria e utile didattica a distanza, sono apparsi sovente disorientati, spaesati, talvolta persino sradicati. E hanno compreso che senza la scuola si sta male, si è dolorosamente più soli. Perché la scuola assicura, a tutti, uno straordinario arricchimento. La scuola è, innanzitutto, libertà”.
Libertà e liberazione. Un auspicio autentico per l’anno che abbiamo davanti.