Dal lockdown all'homeschooling: così il Covid fa crescere la “scuola senza scuola”
Dal network “Edupar” alle nuove esperienze locali, l'universo dell'educazione parentale, o familiare, si ingrandisce e si differenzia, di fronte alle incertezze e le preoccupazioni per il prossimo anno scolastico. Cresce l'interesse per la scuola a casa, fatta dai genitori, ma non solo...
C'è chi lo chiama “homeschooling”, chi preferisce parlare di “educazione parentale”, o di “istruzione familiare”: di fatto, parliamo di una “scuola senza scuola”, di un'istruzione (obbligatoria, secondo la Costituzione) senza scolarizzazione (che invece obbligatoria non è), di una formazione che avviene in casa. Possono farsene carico interamente i genitori, oppure può essere coadiuvata da educatori, tutori, istruttori di questa o l'altra disciplina. Ancora, si svolge tra le mura domestiche, ma quasi sempre queste mura le rompe, per uscire fuori e andare a esplorare e interrogare tutti i luoghi e i tanti e diversi contesti che possano insegnare qualcosa.
Numeri in crescita?
Fino allo scorso anno scolastico, in Italia erano pochissimi, circa un migliaio, gli studenti che non frequentavano la scuola, ma venivano istruiti in famiglia e poi “esaminati” a fine anno, come prevede la legge. Una possibilità, quella dell'”homeschooling”, a cui poche famiglie guardavano con vero interesse, piuttosto con curiosità, ma che solo una ristretta minoranza faceva propria: una scelta culturale e morale, dettata dall'insoddisfazione per il modello educativo e culturale trasmesso dalla scuola tradizionale e dalla volontà dei genitori di farsi carico dell'istruzione, oltre che dell'educazione, della crescita e della formazione dei propri figli. Ben più diffusa era la “scuola in casa” in altri Paesi europei: nel Regno Unito, sopratutto, dove nella sola Inghilterra gli 'homeschoolers' erano oltre 27 mila (dati 2014). Un numero approssimato per difetto, e che comunque riguarda solo questa regione del Regno Unito, dove negli ultimi 5 anni si è registrato un incremento del 65%. Decisamente inferiori i numeri negli altri Paesi europei, laddove numeri ci siano, visto che il fenomeno non è ovunque monitorato e studiato: in Francia gli “homeschoolers” erano circa 3 mila, in Spagna 2 mila.
Oggi questi numeri potrebbero radicalmente cambiare: nell'attesa che riaprano le scuole, in un clima di preoccupazione e incertezza, si pensa che possa crescere il numero di “homeschoolers”: per la paura del contagio, per la preoccupazione per gli spostamenti in città, per le disfunzioni organizzative a cui la scuola andrà incontro o per le nuove regole imposte.
Dal lockdown all'homeschooling? Non una fuga, ma una scelta
“Durante questi mesi di emergenza sanitaria, più di un miliardo di bambini a livello mondiale ha sperimentato cosa significa apprendere al di fuori del percorso scolastico tradizionale – spiega Erika Di Martino, madre di cinque figli che non sono mai andati a scuola, fondatrice del network italiano Edupar - Certo non si può chiamare homeschooling, perché il ruolo del genitore è decisamente diverso. In didattica a distanza la scuola inviava, tramite il genitore che era il mezzo, lavori compiti, attività da svolgere, mentre il genitore nell'homeschooling è al centro del percorso educativo assieme ai propri figli. E questa è una cosa importante, proprio perché tanti genitori nel momento di lockdown hanno avuto il tempo di prendere coraggio per poter sperimentare questa nuova forma educativa magari per il rientro a settembre. Oltre i divieti, oltre le maschere, l'homeschooling ci permette di non subire queste restrizioni, proprio perché siamo noi che ci prendiamo la responsabilità a 360 gradi di istruire i nostri figli”.
Le nuove sperimentazioni: da scelta di vita a servizio
Se il modello indicato e praticato da Erika Di Martino ed Edupar è ormai consolidato e punto di riferimento da anni per chi si avvicini a questa esperienza, ora si affacciano, su questo panorama, esperienze differenti, proposte da cooperative, associazioni, realtà spesso locali che aggiungono questo servizio alle attività educative e ricreative che le hanno caratterizzate finora. Tra queste, c'è Educhiama, una società nata nel 2015 con l'idea di sviluppare servizi extra scolastici e che da Bassano e altri comuni del Veneto sta estendendo le sue attività in tutta Italia. Da quest'anno propone, tra l'altro, anche un servizio di “scuola in casa”. Ne abbiamo parlato con Chiara Bizzotto, fondatrice e coordinatrice della società.
E' la prima volta che proponete un progetto di homeschooling: perché lo fate?
E' la prima volta che lo proponiamo e ne siamo molto orgogliosi. Da quando siamo usciti con la pubblicità di questo servizio, ho ricevuto svariate richieste e diversi complimenti per la formula che proponiamo, che ho scoperto poi essere completamente innovativa. Sono imprenditrice, ma anche insegnante e mamma. So bene il caos che frulla nella testa dei genitori che si trovano a fare i conti con nuove linee guida che, sicuramente, spaventano. Io sarei la prima ad avere bisogno di un servizio così ed ho pensato che, come me, potessero esserci altri genitori alla ricerca di soluzioni efficaci per questo particolare anno scolastico. Premetto che ho piena fiducia nell'istituzione scolastica e so bene quanto stiano lavorando per offrire un ottimo servizio: il problema è che non si riesce a garantire che il bimbo possa sempre frequentare. E questo può causare problemi a quei genitori che, appunto, lavorano.
In cosa consiste, praticamente, la vostra proposta?
Abbiamo diverse possibilità, che vanno dal nido alla scuola secondaria di primo grado. La proposta più "classica" è quella di offrire un insegnante a domicilio oppure online, che svolge le lezioni con i bambini. La proposta più innovativa, invece, che vuole incontrare le esigenze (anche economiche) dei genitori, è quella di fornire un programma mensile di attività e materiali creati da una professionista del settore e di far scegliere alla famiglia chi seguirà il bambino in presenza (genitori, baby sitter, educatori...). Questa persona sarà coordinata dal professionista che ha redatto il programma, così da garantire formazione e supporto costante.
C'è un modello al quale vi ispirate?
In realtà no, non ho trovato nessun modello che si avvicini al nostro- So però che, dal punto di vista legislativo, la possibilità di affidare l'educazione ai genitori esiste. So anche che i genitori non possono essere formati come un'insegnante: ecco perché l'idea del supporto e del coordinamento costante. I bambini della primaria, alla fine di ogni anno, devono affrontare un esame per essere "idonei" a poter eventualmente rientrare a frequentare l'istituto scolastico nell'anno successivo dunque è importante fare il percorso con consapevolezza e con le giuste figure.
Che riscontro state ricevendo?
Stiamo ricevendo molte richieste: credo sia dovuto al fatto che i genitori sono spaventati e credo sia dovuto anche al fatto che la proposta, economicamente parlando, è alla portata di tutti. Abbiamo sia famiglie che già avevano scelto questa tipologia di proposta negli anni passati e che quindi vogliono semplicemente rendere più serio il loro percorso, sia famiglie di bambini che frequentavano istituti scolastici ma che vogliono prendersi una pausa per questo anno particolare: credoin questo caso la paura di una nuova chiusura, l'esperienza passata con la didattica a distanza (non per tutti positiva) e le esigenze lavorative abbiano giocato un ruolo fondamentale nel far loro prendere questa scelta. Saremo attivi con questo servizio dal mese di settembre, ma si può aderire anche successivamente.
Pensate che l'homeschooling, anche indipendentemente dalla pandemia, possa rappresentare una valida alternativa alla scuola?
Sul piano strettamente didattico sì, sul piano affettivo-relazionale credo invece sia importante frequentare una realtà scolastica nella quale i bambini entrino nel "mondo reale" relazionandosi e confrontandosi con i coetanei. Credo anche, però, che i bambini si adattino molto facilmente a tutte le situazioni, se gestite bene. In questo particolare anno scolastico, credo che l'homeschooling sia una valida alternativa, perché permette ai bambini di avere continuità e di non essere nuovamente destabilizzati da ciò che accade fuori. I bambini riflettono emozioni e sentimenti dei genitori e le vivono internamente in modo amplificato: come potrebbero reagire ad una nuova chiusura? Come potrebbe reagire un bambino soggetto a raffreddori, mal di gola e tosse o magari a febbre periodica, al fatto di dover essere a casa periodicamente e al non poter progredire con i compagni? Sono sicuramente valutazioni soggettive che ogni famiglia, sulla base del proprio equilibrio famigliare, deve fare.
Chiara Ludovisi