Cristiani insieme a Padova, di fronte alla città
A un anno dalla nascita del Consiglio delle Chiese cristiane di Padova il dialogo di rafforza e si apre alle sfide del futuro. Insieme. Da cristiani. Al cospetto della città.
Insieme. Da cristiani. Al cospetto della città.
In tre brevi frasi abita lo spirito con cui un anno fa veniva sottoscritto lo statuto del Consiglio delle Chiese cristiane di Padova. Il primo bilancio arriva quindi mentre nell’aria si sente ancora l’eco dei messaggi congiunti in favore del Medio Oriente di papa Francesco e dei patriarchi delle Chiese orientali, riuniti a Bari lo scorso 7 luglio. Senza dimenticare la storica visita del 21 giugno che ha visto il pontefice al Consiglio ecumenico delle Chiese, a Ginevra, per il 70° anniversario dalla nascita dell’organismo internazionale.
Il Consiglio delle Chiese di Padova trae ispirazione dalle esperienze di Venezia, che quest’anno ricorda il 25°, e di Milano, dove l’organismo è nato nel 1998. Si tratta allo stesso tempo di una grande novità – segno locale di una nuova, insperata stagione ecumenica – ma anche del suggello di un lungo cammino costellato di amicizia, di incontri e di porte aperte. Decenni scorsi che hanno fatto di Padova una delle principali sedi dell’ecumenismo italiano. Quell’ecumenismo della vicinanza e dell’ospitalità nei confronti dei fratelli ortodossi – prima i greci e poi i rumeni – e dei protestanti.
A fine maggio 2017, nella cappella San Massimo, cinque firme hanno rappresentato l’adesione di cinque Chiese: Cattolica, Luterana, Metodista, l’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta e la Chiesa ortodossa rumena. «Quello che prima era un gruppo, oggi è un Consiglio – sottolinea Bernd Prigge, pastore luterano e nuovo presidente dopo aver raccolto il testimone in queste settimane da don Giovanni Brusegan – ma la nostra conoscenza reciproca come Chiese e la nostra amicizia continuerà ad accrescere com’è accaduto in tutto questo tempo». Il pastore, in Italia da sette anni («dove ho approfondito molto la conoscenza della Chiesa ortodossa e Avventista che in Germania sono marginali»), responsabile anche della comunità di Venezia, indica subito un esempio luminoso: «Nella chiesa del Sacro Cuore di Abano Terme, dove sono molti i turisti che arrivano dal Nord Europa, noi protestanti possiamo celebrare da ben 52 anni: non credo che esista in Italia un altro caso del genere. È la realizzazione dell’ospitalità come principio ecumenico».
Sul significato profondo di questo organismo la visione delle Chiese è unitaria. Prigge: «Siamo impegnati da cristiani per il benessere della città. Comprendiamo i motivi delle divisioni all’interno del corpo sociale, ma noi intendiamo lavorare per l’armonia e lo facciamo coltivando le nostre relazioni, incontrandoci periodicamente nelle rispettive sedi, decidendo ogni iniziativa all’unanimità e condividendo la tavola a pranzo o a cena».
Padre Liviu Verzea, in Italia da ventun’anni, fa parte della Chiesa ortodossa rumena. Ricorda i tempi in cui, ospitato al collegio Don Mazza ha studiato all’istituto di studi ecumenici di San Bernardino di Venezia grazie a una borsa di studio della Diocesi di Padova. Lì è nata la comunità ortodossa rumena, che negli anni si è spostata a Brusegana, nella ex parrocchiale, e dal 2006 in via Vigonovese. Nei primi anni 2000, a mano a mano che la Romania avanzava verso l’ingresso nell’Unione Europea, il numero dei fedeli è cresciuto molto e oggi sono attivi anche a Camposampiero, Mestrino, Limena e nella stessa Abano. «La nascita del Consiglio – spiega padre Liviu – ha definito precisamente le Chiese e le persone che sono impegnate in questo dialogo. Insieme vogliamo offrire una testimonianza comune alla città e difendere i valori cristiani. Se le voci sono congiunte, hanno uno spessore differente».
«La costituzione del Consiglio delle Chiese di Padova certifica una realtà consolidata – osserva don Giulio Osto, collaboratore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, nonché titolare della cattedra di Chiese cristiane ed ecumenismo all’Issr di Padova – L’istituzione conferma una relazione fruttuosa ben coltivata negli anni. Ma allo stesso tempo spinge a interrogarci su chi siamo come Chiesa: la presenza di più Chiese, la loro fraternità e collaborazione, accende un discernimento continuo nel nostro modo di essere cristiano. In un contesto in cui la Chiesa cattolica rischia di essere l’unica percepita, valorizzare le minoranze, e soprattutto gli aspetti che ci uniscono nella diversità, diventa fondamentale».
È esattamente quanto si è visto in azione nel 2017 quando anche a Padova è stata celebrata la Riforma nei suoi 500 anni. «È stato molto bello che le altre Chiese fossero interessate – riprende il pastore Prigge – Qualcuno, all’inizio, ha mosso l’accusa che stessimo festeggiando lo scisma. In verità abbiamo festeggiato la nostra fede comune in Gesù Cristo e la nostra amicizia».