Coronavirus, parla Ilaria Capua. Questione di salute globale. È un'emergenza che va fronteggiata in maniera organizzata
Sono giorni frenetici questi per Ilaria Capua: la cercano giornali, radio e tv, in Italia e negli Stati Uniti. Del resto è una delle virologhe più note e importanti al mondo, direttrice dello One health center of excellence dell’Università della Florida, centro all’avanguardia nelle ricerche sulla salute globale.
Sono giorni frenetici questi per Ilaria Capua: la cercano giornali, radio e tv, in Italia e negli Stati Uniti. Del resto è una delle virologhe più note e importanti al mondo, direttrice dello One health center of excellence dell’Università della Florida, centro all’avanguardia nelle ricerche sulla salute globale. Quando ci sentiamo è negli Stati Uniti e, pur nella preoccupazione di questi giorni, è molto soddisfatta per il fatto che il Coronavirus cinese sia stato isolato anche in Italia.
«È innanzitutto la prova delle grandi capacità dei virologi italiani, in particolare dell’ospedale Spallanzani di Milano. Questo ci permetterà di studiare il virus in maniera più approfondita, quindi anche di lavorare sul fronte terapeutico e su quello dei vaccini, e soprattutto di condividere e confrontare quest’informazione anche con gli altri Paesi, quindi di rispondere in maniera più adeguata all’emergenza».
Del resto le radici di Ilaria Capua sono in Italia, anzi proprio a Padova, dove per anni ha lavorato all’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie con sede a Legnaro. Qui è divenuta famosa nel mondo per aver sviluppato nel 2000 la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria (battezzata Diva, Differentiating vaccinated from infected animals) e soprattutto per la sua battaglia a favore della libera circolazione delle informazioni scientifiche: nel 2006 infatti, dopo essere stata la prima con il suo team a decifrare la sequenza genetica del ceppo africano di influenza H5N1, ha deciso di depositarla in un database ad accesso libero, perché fosse disponibile a tutta la comunità scientifica internazionale. Un atto in quel momento rivoluzionario, che ha fatto scuola stabilendo la prassi che oggi è seguita dai ricercatori di tutto il mondo.
Professoressa Capua, cosa sappiamo del Coronavirus?
«Si tratta del terzo virus animale che parte da una specie di pipistrello per fare il salto verso l’uomo. Guarda caso anche i virus di Ebola e Sars vengono dai pipistrelli: per uno strano caso questi mammiferi alati e quindi al limite tra due mondi così diversi, così strani e per certi versi atipici, sembrano facilitare i salti di specie».
Come ha fatto il virus a passare nell’uomo?
«Il problema sembra sia stato soprattutto nella macellazione di questi animali, che fanno parte della dieta della popolazione nella zona della Cina dove si sta sviluppando l’epidemia, cosa che comporta un contatto diretto con il sangue del pipistrello. In altri casi per arrivare all’uomo il virus è passato da un ospite intermedio: per la Sars tra il pipistrello e uomo c’è stato lo zibetto, che assomiglia alla nostra donnola, mentre nel 2015 la Mers, il Coronavirus del Medioriente, era passato dai pipistrelli ai dromedari e poi all'uomo. In questo caso al momento non si è a conoscenza di un ospite intermedio, che forse non c’è nemmeno stato. Del resto il fenomeno di Spill over, il passaggio da una specie all’altra, è molto raro».
Come è stata gestita finora la pandemia?
«Difficile dirlo. Dalla Cina arrivano informazioni, ma anche molti silenzi. Del resto bisogna capire la situazione: siamo in inverno e il Coronavirus ha una sintomatologia simile a quella influenzale, in un certo senso è naturale che ci siano stati un po’ di ritardo e di confusione nel rendersi conto dell’entità dell’emergenza. La mia preoccupazione deriva dagli spostamenti per il capodanno cinese: è verosimile che la quarantena sia arrivata troppo tardi e che non sia riuscita a intercettare i movimenti delle persone che sfruttavano la festività per prendere qualche giorno di vacanza o andare a trovare i parenti».
Dobbiamo preoccuparci?
«Stando ai dati che abbiamo, al momento non ci troviamo di fronte a uno scenario da cataclisma; siamo di fronte a un’infezione respiratoria nata in un’altra specie, quindi al momento la popolazione umana non ha ancora sviluppato gli anticorpi adatti ed è immediatamente recettiva nei confronti del virus. Probabilmente il numero degli infetti è di gran lunga sottostimato e nei prossimi giorni ci sarà ancora un’impennata dei casi. Questo però, se ragioniamo, potrebbe essere un dato non completamente negativo. Per ora il numero dei decessi è tutto sommato limitato ed è concentrato in Cina; se lo scenario fosse effettivamente apocalittico ci sarebbero i morti per strada, e persino in Cina nell’epoca dei social sarebbe impensabile occultare una situazione tanto grave. L’incrocio di questi due dati per ora ci fa quindi supporre che il tasso mortalità sia piuttosto basso».
Questo significa che la pandemia si fermerà?
«Probabilmente il Coronavirus farà il giro del mondo, dato che non abbiamo ancora i vaccini per fermarlo. Per fortuna pare si tratti di un virus che, come spesso accade, ha un’elevata trasmissibilità ma una bassa virulenza: il contrario di quanto per esempio accadde con Ebola. Semmai le conseguenze più preoccupanti di una malattia così contagiosa saranno sui servizi essenziali, come ad esempio gli ospedali. Se un’elevata percentuale della popolazione si ammala – compresa una parte dei medici e degli infermieri – per i servizi sanitari c’è il rischio di collasso».
Cosa possono fare i cittadini?
«Ascoltare le autorità sanitarie, lavarsi molto le mani e vaccinarsi contro l’influenza. In alcuni virus il contagio avviene anche per stretta di mano e, dato che questo non lo conosciamo ancora bene, è il caso di essere prudenti. Anche vaccinarsi contro l’influenza è utile perché così si ha meno probabilità di ammalarsi, quindi di spaventarsi e di allarmare e confondere i medici. Essere vaccinati contro l’influenza riduce anche il rischio di prendere entrambi i virus, sviluppando una superinfezione».
Cosa possiamo concludere?
«Che al momento da quello che sappiamo non si tratta di un killer, la maggior parte dei pazienti morti erano in condizioni di debilitazione o presentavano altre patologie. Del resto non si possono bloccare gli aerei per la Cina per sempre: siamo di fronte a un’emergenza planetaria da fronteggiare in maniera organizzata. Viviamo nell’epoca della globalizzazione e non possiamo pensare che i virus non sfruttino questi mezzi per fare i loro interessi. Auspico che prima o poi l’uomo comprenda di essere il guardiano di questo pianeta e che la salute persone dipende anche dalla salute degli animali e dell’ambiente».
Patologie respiratorie negli uomini
I Coronavirus creano patologie in mammiferi e uccelli (diarrea nelle mucche e nei suini e malattie respiratorie nei polli). Nell’uomo infezioni respiratorie di lieve entità e in rari casi potenzialmente letali come polmoniti e bronchiti.
Dal Vaticano 700 mila mascherine in Cina
Il Vaticano ha spedito in Cina circa 700 mila mascherine contro la diffusione del Coronavirus. A prendere l’iniziativa sono stati la Farmacia vaticana, la comunità cinese in Italia e l’elemosiniere del papa, il card. Konrad Krajewski.
Il libro
Al rapporto tra uomo e ambiente, per un concetto globale di benessere, è dedicato l’ultimo libro di Ilaria Capua Salute circolare. Una rivoluzione necessaria (Egea editore, 2019).
Un "conto alla rovescia" che si trasforma in un intrigante viaggio nel tempo alla scoperta del ruolo della trasversalità e della circolarità nelle grandi conquiste della salute di cui oggi godiamo.
La sfida è riconoscere che la salute è un sistema di vasi comunicanti, che può essere migliorato grazie a un'innovazione responsabile che miri a rigenerarne sempre l’equilibrio.