Cooling poverty. Cresce la povertà energetica, includendo l'incapacità delle persone più vulnerabili di rinfrescarsi

Uno studio, pubblicato su "The International Journal of Justice and Sustainability", esamina i fattori che contribuiscono alle disuguaglianze termiche

Cooling poverty. Cresce la povertà energetica, includendo l'incapacità delle persone più vulnerabili di rinfrescarsi

Il perdurare del riscaldamento globale fa emergere una nuova dimensione di fragilità umana: la cosiddetta “cooling poverty”, o povertà di raffreddamento.

Di cosa si tratta? L’aumento delle temperature medie globali e delle ondate di calore estreme ha portato i ricercatori a sviluppare nuovi strumenti per valutare i rischi associati al caldo eccessivo. Tra questi, emerge il concetto di “cooling poverty”, che amplia il concetto di povertà energetica includendo l’incapacità delle persone più vulnerabili di rinfrescarsi adeguatamente. In una recente intervista (pubblicata su Le Scienze), Antonella Mazzone, ricercatrice esperta in caldo estremo e strategie di mitigazione, spiega come questo nuovo indice possa guidare i governi nell’attuazione di interventi tempestivi ed efficaci, supportando le popolazioni più fragili.

Come definire la “systemic cooling poverty”? La “povertà di raffreddamento sistemica” nasce per identificare quando e dove persone e organizzazioni sono vulnerabili al calore eccessivo. Un recente studio, pubblicato su “Nature”, identifica tre tipi di infrastrutture – fisica, sociale e intangibile – che offrono protezione dal caldo senza necessitare di energia. Le infrastrutture fisiche includono aree verdi e blu che aumentano ventilazione e ombreggiamento; le infrastrutture sociali comprendono reti di supporto come famiglie e comunità, e spazi pubblici come parchi e piazze; infine, le infrastrutture intangibili riguardano educazione e conoscenza, ovvero pratiche culturali che aiutano a gestire il caldo senza condizionatori. La mancanza di questi pilastri può esporre le persone a gravi rischi di salute.

Mazzone sottolinea che il comfort termico può essere raggiunto senza dipendere esclusivamente dalle tecnologie moderne, come l’aria condizionata, che contribuiscono al riscaldamento globale e comportano un elevato consumo energetico. Molte di queste tecnologie, soprattutto quelle meno recenti, utilizzano gas refrigeranti altamente dannosi per l’ambiente. È quindi fondamentale esplorare soluzioni alternative, come cambiare abitudini di vita, l’abbigliamento, la dieta e il colore delle superfici urbane.

L’approccio sistemico alla “cooling poverty” può guidare le politiche e gli interventi a livello locale, analizzando la vulnerabilità di specifici territori alle ondate di calore. Grazie agli indici sviluppati, è possibile assegnare punteggi a diversi quartieri, permettendo di identificare le aree che necessitano di interventi e investimenti specifici per migliorare la resilienza al caldo estremo.

Le città e le infrastrutture odierne non sono preparate a fronteggiare eventi estremi come le ondate di calore e le alluvioni. L’obiettivo è creare un sistema integrato che renda gli ecosistemi urbani e rurali più resilienti. Identificare le zone più vulnerabili e comprendere l’importanza delle infrastrutture fisiche, sociali e intangibili è cruciale per proteggere le persone durante eventi estremi. Affidarsi unicamente ai condizionatori non è una soluzione sostenibile, poiché accentua le disuguaglianze.

Uno studio, pubblicato su “The International Journal of Justice and Sustainability”, esamina i fattori che contribuiscono alle disuguaglianze termiche. In particolare, lo studio evidenzia come alcune categorie sociali (ad es. gli anziani e le persone con disabilità) siano particolarmente vulnerabili al caldo estremo. Queste vulnerabilità “accumulate” limitano le opportunità di accesso a risorse essenziali come l’acqua potabile e cibi freschi, e spesso escludono tali gruppi dai luoghi di refrigerio.

In definitiva, affrontare la “cooling poverty” richiede un approccio integrato e olistico, che vada oltre le semplici soluzioni tecnologiche. È necessario considerare le infrastrutture fisiche, sociali e intangibili per proteggere le popolazioni più vulnerabili e costruire una società più resiliente e giusta dal punto di vista termico.

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Fonte: Sir