Come rispondere alle paure dei bambini? Come aiutarli nella didattica? I suggerimenti di Nazzarena Filippini, psicopedagogista.
Tante le domande che in queste settimane i genitori si pongono: come aiutare i bambini a svolgere i compiti? Come aiutarli a superare la paura del virus e del contagio? Come conciliare il tempo del lavoro a casa con la didattica a distanza? Anche gli insegnanti si sono affacciati ad un nuovo modo di fare scuola. La scuola va dalle famiglie e si impara ad abbracciare anche con la voce, con la tonalità, ricordando sempre che la tecnologia è di aiuto, ma non sostituisce l’umano. In questo nuovo modo di fare scuola è necessario accettare di non sapere e imparare ogni giorno da ciò che accade, si crea una nuova alleanza, si condividono ansie e paure, anche con gli studenti. Ecco alcuni suggerimenti di Nazarena Filippini, ieri in live-streaming per un incontro su "Cibo paure compiti. Quando hai bambini all'asilo e alle elementari", organizzato dall’Associazione culturale Rosmini in collaborazione con le scuole della Fondazione Giovanni Paolo I di Mira VE e dell’Istituto Romano Bruni di Ponte di Brenta.
Come possono i genitori aiutare i bambini nei compiti in questi giorni? Come lavorare da casa? Come rispondere alle paure dei figli sul virus? Come gestire i conflitti fra fratelli che nella reclusione si acuiscono?
Sono alcune delle domande che i genitori in queste settimane si pongono. Dopo una fase di adattamento ora forse inizia a farsi sentire la fatica dell’isolamento e della convivenza. La fatica di coniugare il lavoro da casa con i compiti e la didattica a distanza. La fatica di seguire un figlio alle superiori e uno alla primaria. «Quello che abbiamo davanti, la situazione che stiamo vivendo – afferma Nazzarena Filippini, psicopedagogista e insegnante alla primaria, ieri sera in diretta streaming per genitori ed educatori in un appuntamento organizzato dall’Associazione culturale Rosmini in collaborazione con le scuole della Fondazione Giovanni Paolo I di Mira VE e dell’Istituto Romano Bruni di Ponte di Brenta PD – può davvero essere una opportunità. Ci fa capire che la vita non è nelle nostre mani. All’inizio di marzo pensavo che tutto potesse passare in fretta, la prima settimana non ho nemmeno assegnato compiti ai miei alunni». Poi la consapevolezza si è fatta avanti e si è fatta sempre più chiara la necessità di dover cambiare metodo, «ma non è facile, anche noi insegnanti abbiamo dovuto imparare dal nulla. Ho capito però che il modo con cui ci si collega con i ragazzi, le piccole frasi che scrivo nei compiti, gli audio che mando alla sera, sono modi per dire loro che ci sono. Ho imparato che si può abbracciare anche con la voce, con la tonalità della voce, ricordando sempre che la tecnologia è di aiuto, ma non sostituisce l’umano». In questo nuovo modo di fare scuola è necessario accettare di non sapere e imparare ogni giorno da ciò che accade, si crea una nuova alleanza, condividiamo ansie e paure, anche con gli studenti.
«È davvero un nuovo modo di fare scuola – continua la Filippini – perché ora è la scuola che va dai nostri figli e cambia il significato. Ai nostri alunni dobbiamo dire: sono con te oggi e tutte le volte che me lo chiedi. Questa è un’esperienza che resterà nelle loro memoria perché tracciata da preoccupazioni molto forti. I bambini stanno iniziando ad obbedire alla realtà insieme a noi adulti. La convivenza ci aiuta a riscoprire anche tante cose belle: gli spazi, i luoghi, le persone, anche le preoccupazioni e l’abbraccio di chi ci sta vicino. quindi, teniamo gli occhi spalancati sulla realtà per riscoprire la bellezza».
Le paure dei bambini, sono anche quelle degli adulti
La paura di essere contagiati o che un familiare si contagi, la paura della morte, che possa toccare una persona della famiglia: sono timori tanto dei bambini, che riescono nella loro trasparenza e ingenuità a trasmettere, quanto degli adulti che invece più spesso non vogliono manifestare. Come stare allora di fronte alle paure dei bambini? «Non dobbiamo truccare la vita dipingendo le settimane come fosse una lunga vacanza. Parliamo loro del problema con grande chiarezza. I bambini ci guardano e vedono come noi stiamo di fronte al problema, come ne parliamo con i nonni, gli zii, gli amici. Hanno bisogno di sentire il genitore vicino, vogliono essere contenuti. Questo riavvicinamento “forzato” può diventare un percorso pieno di tenerezza e amore».
Capita poi che la tensione trovi sfogo nel cibo, tanto nell’adulto quanto nel bambino, «il cibo ferma le lacrime – afferma l’insegnante – il cibo sazia, rassicura, coccola, riscalda. Ma un buon sapore non sempre sazia le inquietudini, perché spesso la fame che si ha in questi giorni è per chiudere il buco di inquietudine». Attenzione però che le abbuffate, ovviamente, non fanno bene quindi aiutiamo i bambini a trovare consolazione anziché nel cibo, in se stessi e negli altri. Prendere per mano il bambino attraversando insieme le circostanze difficili e dare un premio. E di fronte alle manifestazioni chiare e dirette di paura, difronte al “io ho paura”, rispondere con sincerità, far capire che anche l’adulto a volte può avere paura e fargli capire che non siamo soli. «La paura non va tolta dalla vita – continua la Filippini – fa parte della vita come la gioia e gli altri sentimenti ed emozioni. Ai bambini ad esempio fa anche bene vedere i nonni che si commuovono, capiscono che sentono la loro mancanza. Diciamo loro che c’è qualcosa di più forte della paura: lo stare insieme, fare i passi insieme, camminare sulla stessa strada».
La fatica dei compiti e dell’impegno quotidiano
I bambini fanno fatica in questo periodo: per lavorare bene bisogna dar loro la possibilità di lavorare con calma. «Quando il bambino è interessato si impegna – dice la Filippini – non c’è un tempo giusto o sbagliato per fare i compiti. Mattina o pomeriggio? I bambini hanno bisogno di un po’ di routine, ripercorrere i ritmi e tempi della giornata scolastica. Ma lasciamogli la libertà di leggere seduti per terra oppure di scrivere rimanendo in piedi, vanno un po’ assecondati e aiutati. Non lasciamoli soli se ci interpellano. Incoraggiamoli. Ed è importante che in questo tempo i compiti siano sempre dentro una relazione».
Litigi fra fratelli, come gestirli?
Nella convivenza forzata i litigi si acutizzano e spesso il genitore è chiamato a fare da giudice. Invece dovrebbe avere via pazienza di aspettare: molto spesso un litigio si placa da solo senza alcun intervento. «L’aiuto che può dare un genitore o un adulto invece – spiega l’insegnante – è nel riconoscere che il litigio è un aiuto nella relazione perché è riconoscere il diritto dell’altro ad essere arrabbiato. E così riconosce che anche il papà e la mamma possono arrabbiarsi. Lo aiutiamo a riconoscere le sue emozioni e quelle dell’altro. Chiedere “tu come avresti risolto la questione?”».