Che fatica “intercettare” la generazione con le cuffie
Terra terra… Perennemente connessi con le note più in voga, lo saranno anche con la realtà che passa davanti ai loro occhi?
Noi, generazione che andava a testa alta. Che salutava, guardando negli occhi chi ci passava a fianco. Che sentivamo le parole e discorsi di chi ci avvicinava, e senza essere connessi (a pagamento) eravamo collegati gratis alla realtà. Oggi invece, le cuffiette o auricolari d’ogni tipo, portano ad abbassare lo sguardo. Chi ti sfiora, ascolta altro. Vive d’altro.
È la generazione della “cuffietta vagante”: quella perennemente connessa con le note arrabbiate del rap imperante. Dei suoni assordanti che ti costringono ad ascoltare la musica di chi ti passa a fianco. Così oggi va il mondo: nella realtà parallela, si rischia di vedere oltre e non accorgersi di ciò che c’è. Nella liquidità sociale, in questo fluttuare continuo ci si vorrebbe smarcare in cerca di originalità. Invece, ciò che inopinabilmente accade, è sempre più un’omologazione sociale, che ha nella “cuffietta” il suo simbolo di dipendenza. E ciò non è solo per i giovanissimi. La generazione dei cinquantenni di cui sono parte, si adegua.
Curioso è notare come il mercato abbia offerto cuffiette sempre più ridotte che ti entrano fino al timpano, per poi tornare oggi a veri e propri cuffiotti che avvolgono la testa. Pazienza poi se quando ti si siedono accanto, si debba calcolare lo spazio anche per le cuffie giganti che portano. Provate poi a chiedere un’informazione per strada: prima è necessario intercettare chi ha le orecchie libere per ascoltarti. Noi che andavamo a testa alta solo perché le cuffie non le avevamo, siamo quella generazione di passaggio che ci vede imbarazzati nel divenire “resilienti” e fruitori di una tecnologia che sta modificando comportamenti che ritenevamo scontati fino a ieri. E se non mi avete capito bene, allora mettetevi le cuffie…