Catechesi è partecipazione. Perché tutti possano sentirsi parte di una comunità
Il compito di catechisti, accompagnatori dei genitori ed educatori dovrebbe puntare in questa “direzione”
Domenica 10 dicembre, nelle pagine della Difesa del popolo, c’era un bell’articolo di don Sebastiano Bertin, proprio un po’ prima del nostro “Speciale catechesi”. Mi ha colpito il sottotitolo (il cosiddetto catenaccio): “Liturgia è partecipazione”. «Certamente nella liturgia è presente Cristo, ma anche le sue membra, che devono essere condotte a Cristo: non si può prescindere dalla condizione dell’assemblea per condurla al mistero». La liturgia è partecipazione; compito di chi la guida è accompagnare l’assemblea perché possa partecipare al mistero. Ecco, lo stesso potremmo dire della catechesi: è partecipazione; compito dunque del catechista (dell’accompagnatore, dell’educatore) è accompagnare i ragazzi e i loro genitori perché possano partecipare alla vita di una comunità credente. Forse potremmo osare di più, magari prendendo slancio dal Sinodo diocesano: il compito della catechesi è anche continuare ad accompagnare dopo i sacramenti dell’iniziazione, giovani e adulti, famiglie e single, adolescenti e anziani: perché tutti possano sentirsi parte di una comunità. Questo è l’obiettivo: sentirci, perché lo siamo realmente, parte di una comunità che crede, in cui il Signore Gesù è presente, come promesso. Accettiamo con serenità che ci sia chi vuole stare negli ultimi banchi, per non essere troppo coinvolto; anche questa è esperienza di fede. Ma siamo felici quando vediamo qualcuno che si spinge più avanti, con coraggio, perché sente “sua” questa comunità; qualcuno che addirittura si mette al servizio, perché ha scoperto un tesoro (la fede) che desidera condividere il più possibile. È questa la sorgente inesauribile a cui ogni catechista attinge: la gioia del Vangelo, che «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (Evangelii Gaudium n. 1).