Caritas, aiuto a riprendere i fili dell'interiorità. I volontari dei centri d'ascolto vicariali si confrontano sull'ascolto
Formazione Referenti vicariali, il 12 maggio a San Carlo in un "World Café" per ridirsi scopi e obiettivi
La tecnica è quella del “World Cafè”, un format sempre più usato per favorire lo scambio e la nascita di idee in gruppi più o meno strutturati. Ci sono delle tavole rotonde per cinque o sei persone, non mancano generi di conforto come caffè e pasticcini, si gira spesso per non parlare sempre con gli stessi e favorire così la nascita di nuove associazioni e lo sviluppo di concetti. Ciò che importa davvero è che tutti abbiano il tempo di parlare e soprattutto modo di ascoltare.
Si è svolto così, domenica 12 maggio, nella parrocchia padovana di San Carlo, l’incontro di formazione per i volontari dei centri d’ascolto vicariali della Caritas diocesana. Centro della discussione una domanda: “Quali sono gli elementi essenziali per il servizio di ascolto di Caritas?». «Poterci confrontare – commenta Daniela Crivellaro di Caritas diocesana – ci permette di condividere fatiche e motivazioni. È un sistema formativo e costruttivo insieme, che ci permette di identificare i problemi comuni e di trovare le strategie per superarlo». La formazione resta un baluardo: «Negli anni abbiamo dato contenuti e strumenti ai volontari dei centri d’ascolto che via via si formavano. Oggi questi volontari continuano a chiederci occasioni di arricchimento».
La mattina si è aperta con la catechesi di don Andrea Albertin, docente della Facoltà teologica del Triveneto, che partendo dalle Scritture ha spiegato cosa aspira a essere il servizio in Caritas: «Il nostro servizio – racconta Daniela Crivellaro – non è quello che possono dare gli uffici comunali. Siamo infatti il volto della Chiesa nel territorio, e per questo dobbiamo nutrirci delle dimensioni della preghiera e del silenzio, perché possiamo davvero essere in grado di ascoltare ciò che le persone che a noi si rivolgono ci dicono».
I tavoli del “World Cafè” hanno restituito un tesoro di contenuti: «Ci siamo detti come l’ascolto inizi anche dalla cura degli ambienti in cui riceviamo le persone – racconta Leonello Rampazzo di Santa Giustina in Padova – e che l’empatia è tutto. Non dobbiamo essere presi dalla foga di soddisfare subito i bisogni immediati che ci vengono indicati, ma dobbiamo capire i problemi nascosti, quelli che le persone non indicano subito e volentieri. Dobbiamo coinvolgere tutta la comunità, anche solo spiritualmente, in quello che facciamo, perché l’ascolto arricchisce tutti».
Sulla stessa linea la volontaria Chiara Rossi: «È il Vangelo il nostro punto di partenza. Nei tavoli dell’incontro ci siamo detti che spesso non è facile capirsi con le persone che ascoltiamo, perché i piani di partenza sono diversi. È proprio per questo che dobbiamo aiutare chi viene da noi a “riprendere i fili dell’interiorità”. Vale anche per noi: come persone che svolgiamo un servizio dobbiamo interrogarci continuamente non solo su ciò che facciamo ma anche sul perché lo stiamo facendo, su cosa possiamo fare per essere utili e sul perché siamo utili. È importante sempre mantenere alta la soglia di attenzione, lavorando sempre di più in rete».