C come cibo. Chi induce gli stili di vita in merito al nostro alimentarci?
Se una volta, andando indietro nei secoli, il problema era procacciarsi di che nutrirsi, oggi il problema è saper gestire il cibo che entra nelle nostre case.
Non bisogna preoccuparsi di ciò che si mangia, ma con chi si mangia (Epicuro)
C come Cibo. La pensavano probabilmente come Epicuro, quelli che criticavano Gesù perché si accompagnava a tavola con prostitute e pubblicani, quel che è certo è che molto presto nella sua evoluzione l’uomo ha attribuito al cibo e al mangiare un valore molto più grande del semplice nutrirsi come fanno gli altri animali.
Mangiare, o meglio ancora mettersi a tavola, può considerarsi un’arte e come tale ha le sue tecniche, regole e metodi, soprattutto in quelle parti del mondo in cui non esiste più la fame. Venendo a noi oggi – grazie a Dio – sono poche le famiglie italiane che non sappiano cosa mettere sotto i denti. Apparteniamo a quei paesi occidentali in cui il cibo abbonda, è tanto e diversificato e non c’è alimento che – a prescindere dalla spesa – non si possa ottenere. Sono ormai pochi quegli anziani che ricordano di aver patito la fame, mentre siamo accomunati da una disponibilità di cibo come forse mai fino ad ora. Ebbene, cosa ne facciamo di tutta questa abbondanza? Se una volta, andando indietro nei secoli, il problema era procacciarsi di che nutrirsi, oggi il problema è saper gestire il cibo che entra nelle nostre case.
Oggi molti di noi hanno un rapporto individuale e diretto col frigorifero, mangiano a tutte le ore, quando hanno fame e spesso da soli. Una famiglia che ha un buon rapporto col cibo è, invece, un gruppo di persone che accetta l’idea che si mangi ad orari stabiliti, che si condivida tutti quello che è stato preparato senza pretendere piatti in esclusiva. Mangiare è allora davvero un’occasione di convivialità, ovvero un momento in cui chi si siede attorno alla tavola ringrazia per il dono del cibo e per quello delle vite dei commensali. Ma chi induce gli stili di vita in merito al nostro alimentarci? Non possiamo negare che una forte influenza l’ha il mondo della comunicazione, in particolare la televisione e la pubblicità. Siamo circondati da cose da mangiare, in una sorta di bulimia indotta, che ci spinge verso prodotti spesso molto sofisticati o addirittura artefatti. Basta fare un giro con una mamma e un bambino fra le corsie di un supermercato: la scelta dei prodotti è spesso dettata da criteri influenzati da fattori di marketing non necessariamente legati alla loro genuinità. D’altra parte anche i programmi televisivi legati al cibo che si affastellano numerosi sui nostri canali non sempre aiutano ad un rapporto sano con l’alimentazione, enfatizzando in maniera abnorme l’eccellenza di cuochi e chef, quasi che solo a quei livelli si possa nutrirsi dimenticando che non si vive per mangiare, ma si mangia per vivere.
È, dunque, ancora in famiglia che dobbiamo tornare per porre le fondamenta di una rigorosa educazione al cibo, che faccia approcciare le persone in modo equilibrato a ciò che si mangia. È dai genitori che i figli devono imparare prima di tutto il rispetto per ciò che hanno nel piatto, evitando di avanzarlo, o peggio ancora buttarlo. La mentalità dello spreco – davvero un peccato sociale del nostro tempo – si annida anche in queste prime abitudini, un bimbo che impara a non sprecare il cibo sarà con buona probabilità un uomo responsabile domani.