Blocco fondi UsAid, colpite Ong cattoliche. Schöpf: “Le tensioni aumenteranno”
Il Jrs denuncia le conseguenze della sospensione dei fondi Usaid: "Abbiamo perso il 92% delle risorse, senza preavviso". A rischio progetti vitali in Africa e Medio Oriente. Caritas: "Milioni di persone condannate alla povertà o alla morte"

L’improvvisa decisione ci ha lasciati senza possibilità di prepararci o pianificare una transizione, ed è estremamente difficile spiegarlo ai rifugiati che accompagniamo”.
Così Michael Schöpf, direttore internazionale del Servizio dei gesuiti per i rifugiati (Jrs), commenta la decisione del governo degli Stati Uniti di congelare per 90 giorni i fondi di Usaid (United States Agency for International Development), il più grande donatore singolo al mondo, in attesa di valutare la loro “efficienza programmatica e la coerenza con la politica estera” nazionale. È stato così azzerato il 92% dei finanziamenti dell’ente destinati all’estero, con tagli a circa 10mila progetti di cooperazione umanitaria. La recente decisione della Corte Suprema sul pagamento di programmi già avviati, al di là degli esiti, non cambia lo scenario. Le ricadute a livello globale rischiano di essere molto pesanti e stanno mettendo in seria difficoltà governi, agenzie internazionali, Ong e organizzazioni della società civile in tutto il mondo.
Il Jrs sottolinea come vengano duramente colpiti i progetti destinati alle persone vulnerabili in nove Paesi, tra cui Ciad, Etiopia, Iraq e Sud Sudan. Progetti che offrivano sostegno a oltre 100mila rifugiati, principalmente nei settori dell’istruzione, della salute mentale, dell’aiuto di emergenza e dell’inclusione sociale. Ad esempio, nell’est del Ciad, una regione particolarmente instabile, il Jrs fornisce istruzione a oltre 10mila studenti e impiega 450 insegnanti. Senza finanziamenti, la maggior parte di questi studenti abbandonerà la scuola, con il rischio di diventare vittime di trafficanti. I tagli colpiscono anche il supporto alla salute mentale per 500 studenti e le attività di generazione di reddito per le famiglie. “Senza la possibilità di ricostruire una vita, le tensioni aumenteranno e la pace sarà in pericolo sia tra i rifugiati che tra le comunità locali”, avverte Schöpf.
La decisione del governo statunitense – a cui si stanno aggiungendo dichiarazioni di disimpegno da parte di altri governi europei – tocca anche un aspetto di fondo preoccupante: la crescente tendenza all’abbandono della cooperazione multilaterale, un pilastro fondamentale degli aiuti umanitari globali. “Se diciamo addio al multilateralismo e a un ordine basato sui valori, non ci sarà nulla a sostituirlo”, aggiunge Schöpf, che teme che questo sia “un passaggio verso un nuovo ordine globale, in cui le relazioni transazionali e l’interesse nazionale avranno la precedenza sulla dignità umana”.
“Non siamo solo un’agenzia che fornisce servizi essenziali, siamo un’organizzazione che cammina accanto ai rifugiati”, ribadisce Schöpf. “Nei momenti di crisi, restiamo accanto a loro, in solidarietà con le famiglie e con tutte le persone costrette a fuggire”.
Caritas Internationalis ha denunciato che questo stop metterà a rischio servizi essenziali per centinaia di milioni di persone, comprometterà decenni di progressi nell’assistenza umanitaria e allo sviluppo, destabilizzerà le regioni che dipendono da questo supporto cruciale e condannerà milioni di persone a una povertà disumanizzante o persino alla morte.
La Fondazione Avsi – Associazione volontari per il servizio internazionale – ha evidenziato che l’impatto è stato immediato sui servizi offerti o programmati per oltre 675mila beneficiari e 700 persone dello staff. Sono stati colpiti i progetti in Haiti, Brasile, Ecuador, Messico, Rdc, Somalia, Kenya, Uganda e Myanmar.
Medici con l’Africa Cuamm, in Karamoja, regione poverissima del nord-est dell’Uganda, non ha più fondi né riferimenti per portare avanti due progetti che erano sostenuti direttamente da Usaid: uno nell’ambito della salute materno-infantile e cura del neonato, e il secondo per ridurre incidenza e diffusione della tubercolosi.
La Focsiv – Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana – ha firmato con la Campagna 070 e la Rete Pace e Disarmo una lettera alla presidente del Consiglio per chiedere di sostenere il multilateralismo e la cooperazione allo sviluppo, affinché l’aumento dell’impegno italiano ed europeo per le spese militari non vada a ulteriore detrimento della cooperazione internazionale, con le spese sociali e ambientali, vero investimento per un mondo più sicuro, già fortemente penalizzato dalle decisioni statunitensi.
Dietro i numeri e le ripercussioni di questo effetto domino, il rischio più grande è che tutto venga monetizzato in una logica commerciale e di sistemi di potere e si affermi la percezione che i fondi per l’aiuto allo sviluppo siano soldi sottratti a questioni più importanti, come la sicurezza.
Sono solo alcuni dei segnali di allarme e preoccupazione che arrivano dai grandi e piccoli partner che dal 1991 a oggi, grazie a quanti hanno scelto di destinare l’8×1000 alla Chiesa cattolica, hanno realizzato insieme alle comunità locali 18.600 progetti in 108 Paesi per 2,6 miliardi di euro. Una piccola goccia che rischia di rimanere sempre più isolata in un mare crescente di bisogni, ma che continua a cercare costantemente di dare vita a processi che valorizzino le capacità di tutti e, in un’ottica di sussidiarietà, incoraggino forme di sviluppo locale.
Per promuovere quel multilateralismo “dal basso” che Papa Francesco auspica nella Laudate Deum, grazie al quale “le istanze che emergono dal basso in tutto il mondo, dove persone impegnate dei Paesi più diversi si aiutano e si accompagnano a vicenda, possono riuscire a fare pressione sui fattori di potere”. Proprio da questa crisi può nascere allora un’opportunità: riaffermare il senso autentico della cooperazione, che significa attivare relazioni, fare rete, raggiungere e coinvolgere sempre più persone, riflettere e cercare insieme nuove strade. In altri termini, promuovere una cultura dell’incontro e della solidarietà e fare advocacy per superare ingiustizie e tutelare diritti.
Ferruccio Ferrante