Biennale street art: Peeta sorprende l'Arcella tra illusioni e tridimensionalità

In giro per l'Arcella, soprattutto in zona via Tunisi, è possibile ancora vedere qualche suo vecchio murale. Ora Peeta, riconosciuto e apprezzato tra i massimi street artist mondiali, è tornato nel quartiere per realizzare un'opera sulla facciata di un palazzo in via Buonarroti. Il lavoro, che rientra nella Biennale street art, rispecchia ’interazione geometrica delle forme che crea con l’ambiente circostante: chiaroscuri e volumi, sfumature e ombre sono continui inganni tridimensionali agli occhi dello spettatore

Biennale street art: Peeta sorprende l'Arcella tra illusioni e tridimensionalità

Tra Rabat*, Campobasso** e l’Arcella le distanze si riducono osservando l’ultimo lavoro di Peeta. Da un lato la capitale del Marocco e il capoluogo del Molise, solo per citare due delle innumerevoli città in cui l’artista ha sfoggiato tutta la sua potenza comunicativa in giro per il mondo, e dall'altro il quartiere di Padova. E qui, per la Biennale di street art , ritorna – possiamo dire, finalmente! – da artista mondiale e affermato nelle stesse strade in cui si conservano ancora le sue primordiali tracce (ne avevamo parlato in un vecchio “Sguardo d’Arcella” ).  

Un’intera facciata di un palazzo in via Buonarroti, un’opera che si sviluppa in verticale ma che mette a dura prova l’occhio dello spettatore in un continuo gioco d’inganni prospettici. Sì perché l’interazione geometrica delle forme che crea con l’ambiente circostante, quasi ossessione artistica di Peeta, è qui espressa in una delle più chiare dichiarazioni.

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Nato nella provincia di Venezia, Peeta sin dagli anni Novanta è cresciuto come writer attento al 3D, inizialmente focalizzato sullo studio plastico delle singole lettere che compongono il suo nome. Successivamente questa fusione tra lettering puro e stile tridimensionale si è evoluta fino a creare un equilibrio compositivo nel quale luci e ombre, contrasti e sfumature, illudono lo spettatore dandone un’apparente tridimensionalità. Chiaroscuri e volumi, poi, sono mondi esplorati da Peeta attraverso studi dedicati alla scultura che poi ha ripreso e perfezionato attraverso il campo del design e della progettazione.

Tutto questo è visibile e percepibile nell’opera realizzata all’Arcella, un manifesto in cui forme e colori si adattano all’architettura del palazzo: i balconi e le finestre sembrano proiezioni che fuoriescono dalla breccia ovale che sembra celare la vera anima interna dell’edificio stesso. La voglia è di toccare con mano ogni singolo dettaglio, soprattutto le sfere nere magistralmente riprodotte in tutta la loro rotondezza tridimensionale e lucida. E lo spettatore si domanda: «Ma cosa sto realmente guardando? E qual è il concetto stesso di reale o irreale?».

Per l’artista appartenente alla Ead crew di Padova, all’FX crew e alla RWK crew, entrambe di New York, l’anamorfismo incarna l'intento di svelare quanto possa essere ingannabile e ingannevole la percezione umana, attraverso illusioni che partono sempre da una dimensione bidimensionale.

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* Scelto per gusto personale dell'autore dell'articolo - Qui la foto

** Scelto per gusto personale dell'autore dell'articolo - Qui la foto

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