Betlemme, Messa di Mezzanotte. Card. Pizzaballa: “Cristo rinasca nel cuore dei governanti e dei responsabili delle nazioni”
Alla Messa di Mezzanotte, celebrata in una Betlemme priva di luci e pellegrini a causa della guerra, il patriarca latino, card. Pizzaballa, ha ricordato palestinesi e israeliani colpiti da questa guerra, ha invitato a moltiplicare i gesti di pace e di perdono, e a pregare affinché "Cristo rinasca nel cuore dei governanti e dei responsabili delle nazioni". Il patriarca ha concelebrato con il card. Konrad Krajewski, elemosiniere di Papa Francesco, con mons. Adolfo Tito Yllana, nunzio apostolico in Israele e in Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina. Tra i celebranti anche padre Gabriel Romanelli, parroco latino di Gaza.
“Siamo tutti presi, da troppi giorni, dalla dolorosa, triste sensazione che non ci sia posto, quest’anno, per quella gioia e quella pace che in questa notte santa, proprio a pochi metri da qui, gli angeli annunciarono ai pastori di Betlemme”.
Così il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa ha dato voce al “sentimento profondo” con il quale la comunità cristiana di Terra Santa sta vivendo questo Natale. Da una Betlemme senza luminarie, priva dell’albero di Natale e vuota di pellegrini, il patriarca latino ha riletto il passo del Vangelo di Luca proclamato poco prima, “perché non c’era posto per loro”, agganciandolo alla cronaca di questi giorni, alla guerra a Gaza: “In questo momento non possiamo non pensare a tutti quelli che in questa guerra sono rimasti senza nulla, sfollati, soli, colpiti nei loro affetti più cari, paralizzati dal loro dolore”.
“Il mio pensiero va a tutti, senza distinzione, palestinesi e israeliani, a tutti quelli colpiti da questa guerra, a quanti sono nel lutto e nel pianto e attendono un segno di vicinanza e di calore”.
Il pensiero del porporato, in particolare, è andato a Gaza e ai suoi due milioni di abitanti, “la cui sofferenza non cessa di gridare al mondo intero. Non sembra esserci posto per loro non solo fisicamente, ma nemmeno nella mente di coloro che decidono le sorti dei popoli”. “È la situazione in cui da troppo tempo vive il popolo palestinese – ha sottolineato Pizzaballa – che pur vivendo nella propria terra, si sente dire continuamente: ‘non c’è posto per loro’, e attende da decenni che la comunità internazionale trovi soluzioni per porre fine all’occupazione, sotto la quale è costretta a vivere, e alle sue conseguenze. Mi sembra che oggi ciascuno sia chiuso nel suo dolore. Odio, rancore e spirito di vendetta occupano tutto lo spazio del cuore, e non lasciano posto alla presenza dell’altro. Eppure, l’altro ci è necessario. Perché il Natale è proprio questo, è Dio che si fa umanamente presente, e che apre il nostro cuore ad un nuovo modo di guardare il mondo”.
Dov’è il Natale? Lecito, per il patriarca latino, chiedersi “dove è il Natale quest’anno? Quale è oggi il luogo del Natale?” La risposta: “Luogo del Natale è innanzitutto Dio. Il Natale di Cristo avviene in principio nel Cuore misericordioso del Padre. Nelle attuali circostanze, noi, la Chiesa tutta, deve tornare a Dio se vuole ritrovare la gioia vera del Natale. Prima e oltre ogni spiegazione sociale e politica, la violenza e la sopraffazione dell’altro trovano la loro ultima radice nell’aver dimenticato Dio, contraffatto il Suo Volto, usato in modo strumentale e falso il rapporto religioso con Lui, come in questa nostra Terra Santa avviene troppo spesso.
Non può chiamare Dio ‘Padre’ chi non sa chiamare ‘fratello’ il suo simile”.
Anche il ‘sì’ di Maria e di Giuseppe è però “il luogo del Natale. La loro obbedienza e fedeltà è la casa in cui il Figlio è venuto ad abitare. Dovunque qualcuno è disponibile a mettere la propria vita a servizio della Pace che viene dall’Alto e non soltanto a badare ai propri interessi, lì nasce e rinasce il Figlio”.
Moltiplicare i gesti di pace. “Se vogliamo che sia Natale, anche in tempo di guerra, occorre che tutti moltiplichiamo i gesti di fraternità, di pace, di accoglienza, di perdono, di riconciliazione”. A partire, ha affermato Pizzaballa, “da me e da chi, come me, ha responsabilità di guida e di orientamento sociale, politico e religioso, a creare una ‘mentalità del sì’ contro la “strategia del no’. Dire sì al bene, sì alla pace, sì al dialogo, sì all’altro non deve essere solo retorica ma impegno responsabile, disposto a fare spazio, non a occuparlo, a trovare un posto per l’altro e non a negarlo. Non sarà diversamente per la Giustizia e la Pace: non ci sarà giustizia, non verrà la pace senza lo spazio aperto dal nostro ‘sì’ disponibile e generoso”. Per il patriarca, poi,
“non sarebbe Natale senza i Pastori, i primi a trovare il Bambino. Gente sveglia, abituati all’essenziale, capaci di azione, disponibili al nuovo, senza troppi calcoli o ragionamenti e perciò pronti al Natale”.
“In un tempo segnato da rassegnazione, odio, rabbia, depressione, abbiamo bisogno di cristiani così perché ci sia ancora posto per il Natale! Noi siamo qui e intendiamo continuare a essere i pastori del Natale”.
L’appello. Chiudendo la sua omelia Pizzaballa si è rivolto a tutte le Chiese nel mondo: “fatevi latori presso i vostri popoli e i loro governanti del ‘si’ a Dio, del desiderio di bene per questi nostri popoli, per la cessazione delle ostilità, perché tutti possano ritrovare davvero casa e pace. Prego che
Cristo rinasca nel cuore dei governanti e dei responsabili delle nazioni,
perché si adoperino sul serio per fermare questa guerra, ma soprattutto perché riprendano le fila di un dialogo che porti finalmente a trovare soluzioni giuste, dignitose e definitive per i nostri popoli. La tragedia di questo momento, infatti, ci dice che non è più tempo per tattiche di corto respiro, di rimandi ad un futuro teorico, ma che
è tempo di dire, qui e ora, una parola di verità, chiara, definitiva, che risolva alla radice il conflitto in corso,
ne rimuova le cause profonde e apra nuovi orizzonti di serenità e di giustizia per tutti, per la Terra Santa ma anche per tutta la nostra regione, segnata anch’essa da questo conflitto. Le parole come occupazione e sicurezza e le tante altre parole simili che da troppo tempo dominano i nostri rispettivi discorsi, devono essere rafforzate da fiducia e rispetto, perché questo è ciò che vogliamo che sia il futuro per questa terra e solo questo garantirà stabilità e pace vere. Rinasca allora Cristo in questa terra, Sua e nostra, e riparta da qui il cammino del Vangelo della pace per tutto il mondo!”