Alitalia plana verso la nazionalizzazione
Dopo anni di rinvii, gare e prestiti ponte, la decisione è ormai presa: Alitalia è di nuovo in mani pubbliche.
Ricomincerà da una new-Co con un pugno di aerei, quella che fu la compagnia di bandiera nazionale. Ambizioni ridimensionate e poche buone idee nel momento peggiore per il trasporto aereo.
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Ci mancava solo il coronavirus nella complicata vertenza Alitalia. Dopo la lunga stagione dei prestiti ponte, dei tentativi ai limiti della goffaggine per venderla, ora la parola dordine rimasta sul tavolo è una sola: nazionalizzazione.
Si ricomincerà, è il caso di dirlo, da una nuova Alitalia con appena 25-30 aerei dagli attuali 110, una proprietà completamente pubblica ed un consiglio a cui saranno ammessi dei rappresentanti dei lavoratori.
Tagliati fuori, almeno dai proclami, i soggetti privati che in passato avevano dimostrato un interesse per la compagnia così come non è chiara la strategia industriale della nuova compagnia.
Anche Donald Trump vuole sostenere le compagnie aeree
Il coronavirus, si diceva in principio, ha messo a terra le principali compagnie aeree internazionali prostrandone i bilanci e la tenuta aziendale.
«Salveremo le compagnie aeree — ha dichiarato il presidente Donald Trump solo pochi giorni fa — non è colpa loro».
L’amministrazione Trump ha stimato in 50 miliardi di dollari gli aiuti necessari per fronteggiare la crisi del trasporto aereo immaginando che, superata la pandemia, il mercato torni a normalizzarsi.
La situazione Alitalia non è così scontata: una vera strategia non esisteva neppure prima della nazionalizzazione e persino il numero degli aeromobili nazionalizzati sembra sia stato parametrico unicamente su quelli attualmente operanti in accordo con la Protezione civile e la Farnesina.
«Il problema — ha spiegato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, qui ripreso dall’Agi — è per quale idea di Alitalia e per quale progetto industriale, che io ancora non ho chiaro. Sulla vicenda ci sono tante responsabilità e tanti ritardi nei vari governi che si sono succeduti, di destra e di sinistra. Il problema non e' tanto mettere soldi pubblici ma metterli per fare in modo che non produca perdite e per salvaguardare l'occupazione».
Di sicuro, in tutta l’operazione di nazionalizzazione, c’è solo una cosa: la cassa integrazione per i dipendenti. Sono già poco meno di 4 mila i lavoratori in cigs fino a fine ottobre, a cui presto potrebbero aggiungersene altri 2 mila dovuti agli effetti della serrata di queste settimane.