Agricoltura sempre più ambita. L’agroalimentare può offrire un milione di posti di lavoro green nei prossimi 10 anni
Il cambio di condizioni economiche pare spingere verso una sempre maggiore attenzione verso le imprese e i lavori dell’agroalimentare.
Agricoltura amata e ambita, anche dal punto di vista dell’occupazione. Altro che fabbrica (miraggio ormai infranto da tempo), mentre molti ormai aborrono pure il lavoro d’ufficio. Il sogno lavorativo di fasce sempre più ampie di popolazione, pare essere avere qualche ettaro (meglio se molti ettari) di buona terra, dove darsi alla produzione agroalimentare, magari biologica o comunque attenta a tutti i risvolti ambientali. Moda, per certi versi, oppure evidente cambio di paradigma lavorativo, l’attenzione ritrovata per il lavoro dei campi è in ogni caso un fenomeno ormai consolidato, che va capito e valutato attentamente.
Coldiretti – sulla base di un sondaggio diffuso in occasione della prima festa dell’educazione alimentare -, dice che più di un italiano su tre (35%) sogna un figlio agricoltore. E’ ormai certa, poi, l’attenzione sempre più alta dei giovani verso la creazione di imprese agricole. Quanto emerge è una sorta di comparto fatto d’imprese che recuperano aspetti bucolici e ambientalisti dell’agroalimentare uniti all’operatività aziendale fatta di bilanci attenti e di conti che devono comunque tornare. Non è così un settore idilliaco quello che si delinea, ma un comparto per molti diverso dalla precedente agricoltura così come dall’immagine “da mulino bianco” che può circolare ancora in alcuni immaginati collettivi.
Ma perché accade tutto questo? Alla base vi sono certamente le difficoltà economiche (e quindi sociali) accentuate dalla pandemia; ma quanto sta accadendo ha sicuramente un’origine più lontana nel tempo, nella crisi, per esempio, del modello della fabbrica manifatturiera classica, così come di un certo tipo di finanza. Quasi un anno e mezzo di emergenza Covid ha poi evidenziato tutta la strategicità del cibo.
Corsa all’agricoltura, dunque. Che si esplicita già in alcune situazioni oggettivamente osservabili. Oggi circa 55mila imprese agricole italiane sono condotte da giovani con un’età inferiore ai 35 anni (+14% rispetto a cinque anni fa). Si tratta di una presenza che – sostiene la Coldiretti – ha di fatto rivoluzionato il lavoro in campagna dove il 70% delle imprese giovani opera in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili. Al di là degli aspetti più originali, le aziende di questo tipo sono più efficienti e meglio gestite di quelle tradizionali. Senza dimenticare l’impegno a difesa della biodiversità con il 25% degli agricoltori “custodi” che hanno salvato 418 prodotti e razze animali dal rischio di estinzione.
La prospettiva delineata da tutto ciò è, almeno stando ai coltivatori diretti, piuttosto chiara. “L’agroalimentare può offrire un milione di posti di lavoro green nei prossimi 10 anni con una decisa svolta dell’agricoltura verso la rivoluzione verde, la formazione tecnica, l’innovazione, la transizione ecologica e il digitale”, dice ogni volta che ne ha l’occasione il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che poi non manca però di sottolineare quello che serve per accelerare in questa direzione: “Strumenti mirati per i giovani agricoltori nel Recovery plan”. Perché proprio “l’emergenza Covid ha fatto affiorare sia il tema del necessario rafforzamento della sovranità alimentare del nostro Paese, sia l’esigenza di una progetto lungimirante e pragmatico per un modello di sviluppo sostenibile, a partire dal cibo”.