Aggressioni a soccorritori. Rocca (Cri): “Emergenza sociale. Sì a videocamere ma è urgente azione educativa”
Dal 15 gennaio saranno attive le prime telecamere sulle ambulanze in servizio nel territorio di Napoli e nei presidi ospedalieri verranno realizzati sistemi di videosorveglianza collegati con le centrali delle Forze di polizia, ma l'emergenza aggressioni a medici e soccorritori riguarda tutto il territorio nazionale. Intervista con il presidente della Croce rossa italiana che parla di allarme e di emergenza sociale, denuncia il diffuso clima di violenza, verbale e non, e sostiene che la questione è anzitutto culturale: "Ben vengano videosorveglianza e inasprimento delle pene per gli aggressori, ma serve soprattutto un lavoro di educazione, un’azione culturale di recupero dei nostri valori di convivenza civile"
Il 1° gennaio a Napoli, nel quartiere Barra, un petardo lanciato contro un’ambulanza ha colpito il medico mentre apriva la portiera del mezzo, con il rischio che l’ambulanza potesse saltare in aria per la presenza di ossigeno gassoso e benzina a bordo, ha denunciato l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate. Nei giorni scorsi, sempre nel capoluogo campano, l’aggressione ad una dottoressa del 118 e il sequestro, da parte di un gruppo di minori, di un’ambulanza con operatori sanitari del 118 all’ospedale Loreto Mare per costringerli a soccorrere un amico con una distorsione al ginocchio. Di qui l’allarme di Paolo Monorchio, presidente provinciale della Croce rossa di Napoli, sul rischio che “ci si abitui a questo stato di cose, fatti che non avvengono neppure nei territori di guerra in quanto i mezzi di soccorso ed il personale sono protetti dalle convenzioni internazionali”.
“Dal 15 gennaio – ha intanto annunciato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese – saranno attive le prime telecamere sulle ambulanze in servizio nel territorio di Napoli” e tra le altre misure sulla sicurezza “è prevista la realizzazione da parte dei presidi ospedalieri di sistemi di videosorveglianza collegati con le centrali delle Forze di polizia”. L’emergenza aggressioni a soccorritori e violenze in corsia, soprattutto nei pronto soccorso, riguarda però tutta Italia: nei giorni scorsi a Sassari è stato lanciato un petardo su un’ambulanza che è bruciata; a Milano un soccorritore è stato vittima di violenze da parte di un ubriaco. E se il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, parla di 1.200 aggressioni l’anno denunciate dai medici, un terzo di quelle reali, Nursing up, sindacato degli infermieri, riferisce che un operatore su dieci è vittima di violenza fisica, ma il 4% subisce addirittura minacce con pistola.
Nel frattempo, dopo il via libera del Senato a settembre, è fermo alla Camera il disegno di legge 867 che prevede sanzioni penali più pesanti per chi aggredisce un operatore sanitario. Uno stop che sgomenta il personale impegnato in prima linea e di fronte al quale il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato la possibilità di un decreto legge. Rispetto a quello approvato a Palazzo Madama, il testo finale dovrebbe prevedere, come chiede anche l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate, la procedibilità d’ufficio per chi aggredisce un operatore sanitario nell’esercizio delle sue funzioni che, in pratica, verrebbe così equiparato ad un pubblico ufficiale.
Nel dicembre 2018 la Croce rossa italiana ha lanciato la campagna #NonSonoUnBersaglio ed ha avviato un Osservatorio per raccogliere le denunce dei suoi volontari. “Nel primo anno di attività (2019) abbiamo ricevuto una media di 7 segnalazioni al mese”, dice al Sir il presidente nazionale Francesco Rocca.
Presidente, quali misure di contrasto sarebbero realmente efficaci?
Non si tratta soltanto di reprimere. Sarebbe un errore non interrogarci sul perché di questo crescendo di violenza che non riguarda solo ambulanze, pronto soccorso e guardie mediche, ma colpisce l’intera società. E’ come se saltassero i punti di riferimento che costituiscono la base del tessuto sociale. Ben vengano la videosorveglianza e l’inasprimento delle pene per gli aggressori, ma serve soprattutto un lavoro di educazione, un’azione culturale di recupero dei nostri valori di convivenza civile.
Aggressività e violenza sembrano ormai una costante diffusa a tutti i livelli nella società…
Sì, e l’imbarbarimento del linguaggio cui assistiamo non può non avere conseguenze. Occorre una riflessione sulla responsabilità – a partire da chi ricopre ruoli istituzionali – di impiegare un linguaggio appropriato perché l’attuale può portare chi ha meno strumenti critici a tradurlo in azioni violente. Per questo insisto sulla necessità di recuperare un modo di stare insieme, di fare comunità che si sta smarrendo. Si sta perdendo un collante che fa parte del Dna della nostra tradizione.
Quindi occorre un’azione educativo-culturale?
In quanto Croce Rossa, facciamo un discorso di recupero di valori e di principi. Il nostro emblema – la nostra missione – è di soccorso universale. Siamo riconosciuti a livello internazionale come istituzione che per definizione porta soccorso nei luoghi dei conflitti armati, teatri nei quali ambulanze, ospedali e personale sanitario devono essere protetti. Eppure il mio presidente di Napoli ha detto che questa è una situazione peggiore della guerra. Nella società si sta smarrendo il sapere del vivere civile; prima che questa perdita culturale si consolidi, occorre intervenire a partire dalla scuola dell’obbligo.
In alcuni istituti dove presidi e docenti ci hanno accolto, abbiamo avviato dei programmi attraverso incontri di formazione alle manovre salvavita. Un modo per agganciare i ragazzi, soprattutto perché li facciamo con istruttori e trainer molto giovani per instaurare un rapporto peer to peer; in altri teniamo incontri su temi più complessi come diritto internazionale umanitario, conflitti armati, rispetto e protezione della vita umana, ruolo della Croce rossa e dei soccorritori.
Ma occorre intercettare anche i ragazzi che a scuola non ci vanno più. E’ importante fare rete con parrocchie, associazioni, realtà del terzo settore, centri sociali. Stiamo pensando anche ad una giornata nazionale in cui scendere nelle piazze delle città con i nostri comitati locali per incontrare la gente e farci conoscere.
Questo per quanto riguarda la prevenzione. Sul fronte contrasto?
Sono d’accordo con l’installazione di videocamere a bordo delle ambulanze e bodycam sulle tute degli operatori. Sono assolutamente contrario al teaser suggerito da qualcuno. La Croce rossa non lo adotterà mai. Ben venga la rapida approvazione del provvedimento sull’inasprimento delle pene, ma ribadisco che queste costituiscono misure di contorno rispetto al nocciolo della questione che è anzitutto educativo-culturale.
Abbiamo un patrimonio genetico di rispetto della vita e di chi la soccorre che va recuperato, custodito e rilanciato.
Nel frattempo, dopo il via libera del Senato a settembre, è fermo alla Camera il disegno di legge 867 che prevede sanzioni penali più pesanti per chi aggredisce un operatore sanitario. Uno stop che sgomenta il personale impegnato in prima linea e di fronte al quale il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato la possibilità di un decreto legge. Rispetto a quello approvato a Palazzo Madama, il testo finale dovrebbe prevedere, come chiede anche l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate, la procedibilità d’ufficio per chi aggredisce un operatore sanitario nell’esercizio delle sue funzioni che, in pratica, verrebbe così equiparato ad un pubblico ufficiale.