Una dimensione relazionale. In famiglia non si vive per se stessi, ma si vive per e con gli altri
La dimensione relazionale della famiglia la rende una istituzione intermedia insostituibile fra individuo e società.
La famiglia è un’istituzione intermedia tra l’individuo e la società, e niente può supplirla totalmente. Essa stessa si fonda soprattutto su una profonda relazione interpersonale tra il marito e la moglie, sostenuta dall’affetto e dalla mutua comprensione. Per ciò riceve l’abbondante aiuto di Dio nel sacramento del matrimonio che comporta una vera vocazione alla santità. Possano i figli sperimentare più i momenti di armonia e di affetto dei genitori che non quelli di discordia o indifferenza, perché l’amore tra il padre e la madre offre ai figli una grande sicurezza ed insegna loro la bellezza dell’amore fedele e duraturo.
Benedetto XVI, Discorso durante il V^ Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia, 8 luglio 2006
Il Quinto Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia, verteva sul tema della trasmissione della fede nella famiglia.
A questo proposito il Papa ha evidente la volontà di riprendere il dettato conciliare e del suo predecessore e chiama la famiglia “chiesa e santuario della vita”. È chiaro come da questa definizione derivi il ribadimento che è proprio nella famiglia che si radica quella consuetudine, diremmo quasi, quell’allenamento alla preghiera che la rende una dimensione dialogica costante nel rapporto con il Signore. Ma quello che in questo discorso Benedetto XVI vuole anche mettere fortemente in evidenza è la dimensione relazionale della famiglia che la rende – come dice – una istituzione intermedia insostituibile fra individuo e società. Questa verità antropologica trova le sue ricadute sia sul piano ecclesiale, sia su quello sociale. La “profonda relazione interpersonale” fra i genitori è la brace che alimenta la vita di preghiera dei cristiani, ma anche la vita sociale di tutte le famiglie anche quelle non credenti e così il rapporto con i figli si nutre del rapporto dei genitori fra loro e beneficia di tutte le occasioni in cui si manifestano atti di reciprocità e di dedizione oblativa. In sostanza la famiglia si caratterizza non solo come il luogo della relazione per eccellenza, ma anche il luogo della gratuità. I rapporti non sono, o meglio non dovrebbero essere rapporti di forza, ma ispirati ad una dimensione di amore, per quanto sempre perfettibile.
Dove se non in famiglia si può essere accolti nelle proprie fragilità? Dove si può trovare il sicuro approdo di fronte ad un fallimento? Dove il rigenerante abbraccio del perdono? Tutto questo può avvenire perché in famiglia non si vive per se stessi, ma si vive per e con gli altri. Quel sì che viene pronunciato il giorno delle nozze, quel consenso che viene scambiato in ambito istituzionale sono entrambe volontà che convergono verso una direzione che è quella dell’ essere per dell’essere in relazione. Questo è ciò che umanizza il cammino dell’uomo e della donna, a fronte di un pensiero dominante che tenderebbe a riconoscere in modo assolutistico il valore dell’individuo. Che questa sia la preoccupazione precipua del Pontefice lo si desume anche dalle parole da lui espresse nell’omelia tenuta il giorno successivo, sempre a Valencia, in occasione delle stesse giornate dell’incontro mondiale delle famiglie: “Nella cultura attuale si esalta molto spesso la libertà dell’individuo inteso come soggetto autonomo, come se egli si facesse da solo e bastasse a sé stesso, al di fuori della sua relazione con gli altri come anche della sua responsabilità nei confronti degli altri. Si cerca di organizzare la vita sociale solo a partire da desideri soggettivi e mutevoli, senza riferimento alcuno ad una verità oggettiva previa come sono la dignità di ogni essere umano e i suoi doveri e diritti inalienabili al cui servizio deve mettersi ogni gruppo sociale”. Questo è il pericolo a cui tutte le famiglie, nessuna esclusa, sono esposte, ma questa è la tendenza che si può e si deve contrastare. All’interno del nucleo famigliare non sono più solo individuo maschio o individuo femmina, sono piuttosto marito o moglie, padre o madre, ovvero sempre in relazione all’altro e pensato per l’altro. Se questo è valido per tutte le famiglie del mondo, trova nelle famiglie cristiane un fondamento nella dimensione relazionale dell’amore fra il Padre, il Figlio e lo Spirito ed è proprio quest’ultimo che possiamo accogliere come grazia sempre nuovamente elargita ai nostri propositi di unità e convergenza. Siamo un popolo di “salvati” e anche le famiglie possono vivere in questa certezza quanto più si aprono alla speranza di un Dio che ci vuole fratelli gli uni per gli altri.